Da quello saudita a quello sovranista, il Rinascimento evocato dai due Mattei

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Un Matteo parla di “rinascimento saudita”. Un altro Matteo parla di “nuovo rinascimento europeo”, e “sovranista”. “C’è un islamismo alle porte”, da arginare, dice quest’ultimo. Ma, aggiungiamo noi,  c’è anche Leonardo da Vinci in televisione di cui discutere e tutta questa variegata macedonia fantastorica, con l’inconfondibile dolciastro delle reminiscenze scolastiche più trite mescolate ai luoghi comuni più infondati, dona una nuova interpretazione all’odiosamato acronimo Dad. Didattica sì, e a Distanza, ma di anni e decenni.

Deve essere perché la pandemia richiama pestilenze che un immaginario appunto remotamente liceale assegna specialmente al Medioevo. Ora come allora si uscirà dai tempi supposti “bui”, si esploreranno Americhe, si dipingeranno Gioconde e sarà tre volte Natale. Per il momento siamo però a Pasqua, la festività che con un azzeccato anagramma un enigmista di quelli di una volta definì “rinascita cristiana”.           

Proprio un figurato (ma sostanzioso) “rinascere” è peraltro un problema personale sia per Matteo sia per Matteo e qui si vede come i loro rispettivi Rinascimenti siano fattispecie assai diverse.

Quello salviniano è uno svolgimento temporale. L’immaginario tradizionale leghista era tutto medievale, cavalieri, spadoni, Alberto da Giussano, Pontida. Da quale parte del Carroccio troveremmo un sovranista europeo e cosa questi penserebbe del Barbarossa è meglio non chiedere. Da ciò l’esigenza di voltare pagina e passare dal Medioevo al Rinascimento.

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Il caso renziano si svolge non nel tempo ma nello spazio, non nella storia ma nella geografia. In quanto cittadino e sindaco di Firenze, volenteroso rabdomante di affreschi leonardeschi nascosti, documentarista municipale, Renzi può accampare qualche consuetudine, o perlomeno contiguità, con la materia. Per lui il Rinascimento è un brand e in quanto brand è globalizzabile e anzi globalizzando: immaginarlo saudita non è più strano di fare un galà di moda a Palazzo Vecchio o a Ponte Vecchio un raduno di auto d’epoca.

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Nel comune afflato e inclinazione a una certa entusiasta megalomania Matteo e Matteo coinvolgono nazioni, culture, continenti. Il loro messaggio reale ha però carattere intimo, avendo entrambi qualche grattacapo per il delicato riposizionamento dei loro rispettivi brand politici personali. Non si consiglia loro di evocare apparizioni storiche, sempre rischiosette. Si facciano bastare la canzone che due ex Pooh hanno scritto proprio per la pandemia e che ogni Matteo potrebbe con speranza cantare all’altro: “Rinascerò, rinascerai”.

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