Da Sala a Conte, la paura del Pd per le Opa “ostili”

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Parlano i sondaggi, prima dei leader dem. E raccontano la grande paura in casa Pd di subire uno sgretolamento di consensi così consistente come non si era mai visto. Da quando Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario, il 4 di marzo – esattamente due anni dopo l’acclamazione alle primarie del 2019 – i sondaggi fotografano un partito in caduta: persi circa 3 punti. 

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Zingaretti è stato catalizzatore nel bene e nel male. In attesa di Enrico Letta e della svolta che imprimerà, il Pd deve quindi vedersela con l’incertezza e il timore. A insidiare i Dem c’è certo l’avanzata di Giuseppe Conte, con un M5Stelle rinnovato all’orizzonte. Ma c’è anche la scelta di Beppe Sala. Il sindaco di Milano in un’intervista a Repubblica, ha annunciato: “Aderisco ai Verdi europei”, spiegando che “la questione ambientale riguarda il nostro presente e il futuro dei nostri figli. Come cittadino e come sindaco sono sempre più convinto che il miglioramento delle politiche pubbliche parta dalle strategie di sviluppo delle città”. E ha aggiunto che il Pd sta pagando “la scelta di dare troppo spazio, da troppi anni, alle correnti”.

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È un passaggio delicatissimo per il Pd. Le correnti si stanno convocando alla spicciolata (oggi incontro di Base riformista di Guerini e Lotti),  non solo sulla scelta ormai certa di Letta da eleggere segretario nell’Assemblea dei mille delegati di domenica, ma anche per chiarire come sciogliere i nodi politici che Zingaretti ha messo sul tavolo. Se prima c’era il logoramento dell’ex segretario, ora ci sono semplicemente le questioni da affrontare: pandemia, appoggio al governo Draghi, alleanze con i 5Stelle. 

Nel fermento dem, ieri sera in una riunione web con Andrea Orlando il vice di Zingaretti, ministro del Lavoro e esponente della sinistra del partito, si è discusso proprio dei timori per il Pd. Letta è giudicato una guida sicura, che consentirà un rilancio. Però l’anima più di sinistra del Pd – composta da Orlando appunto, Gianni Cuperlo e Goffredo Bettini – teme a sua volta di scomparire o quasi. Non è poi piaciuta la nascita di un’area Zingaretti, che dovrebbe essere guidata da Nicola Oddati. Malumori e paura. Alessandro Alfieri, coordinatore di Base riformista ed ex segretario dem lombardo, ammette: “Se non c’è un colpo di reni, il rischio di entrare in una spirale di perdita di consensi c’è”. Su Sala e la sua scelta verde: “La scelta di Sala non stupisce, è però un segnale politico che indica l’importanza di investire sul versante della mobilità sostenibile e della cultura green”. E sull’iniziativa politica di Conte, che una ricostruzione del Foglio dà in contatto costante con Romano Prodi? “Il Pd ha anticorpi e energie per reagire a qualsiasi Opa”. 

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Rilancia Andrea Ferrazzi, senatore dem della commissione Ambiente: “Sala coglie la centralità della questione, se il Pd non fa altrettanto commette un grande errore”. 

Però sulla complessità delle sfide che attendono i Dem è Monica Cirinnà, responsabile per i Diritti, a intervenire. Dice: “Le ragioni, tutte politiche, della decisione di Nicola Zingaretti non possono essere ignorate, né dimenticate: devono al contrario essere affrontate con coraggio nel passaggio nuovo che si pare, un passaggio che potrà contare su Enrico Letta, una delle figure più prestigiose che il nostro partito esprime”. E in un ordine del giorno in Assemblea, Cirinnà chiederà di accelerare su diritti e solidarietà.  Un sassolino dalla scarpa contro Matteo Renzi, se lo toglie il governatore della Puglia, Michele Emiliano: “Adesso Renzi si ritroverà con il M5S con a capo Conte e il Pd con a capo Letta. Gli faccio tanti auguri”. 

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