Dal neonazista Utkin a Chekalov, chi sono le vittime dello schianto del jet di Prigozhin

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Non solo Evgenij Prigozhin ma l’intera struttura di vertice della Wagner potrebbe essere stata cancellata nello schianto del jet privato in volo ieri da Mosca a San Pietroburgo. Una circostanza che, se confermata, sembra precludere alla compagnia militare privata la possibilità di continuare le sue attività in modalità autonoma dal Cremlino, e tanto più di progettare una controvendetta nei confronti di Vladimir Putin, il sospettato numero uno dagli stessi ‘musicisti’ della Wagner oltre che da mezzo mondo.

Il più osannato oggi sui canali vicini al gruppo è il capo militare della compagnia privata, quel Dmitry Utkin ex ufficiale del Gru, il servizio segreto delle forze armate, che a partire dal 2013 ha lavorato con Prigozhin per costituire le sue milizie e le ha battezzate con il suo nome in codice, Wagner appunto. Nato 53 anni fa nella regione degli Urali, cresciuto in Ucraina e trasferitosi da studente a San Pietroburgo, Utkin è ricordato da molti per le sue tendenze politiche di estrema destra e i suoi tatuaggi nazisti. Nonostante si sia mantenuto nell’ombra per tutti questi anni, lasciando a Prigozhin il ruolo di volto pubblico della Wagner, da molto tempo i servizi stranieri si interessano a lui, tanto che è sottoposto a sanzioni degli Usa fin dal 2017 e a quelle europee dal 2021.

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Il sito d’inchiesta Dossier, dell’ex oligarca ora in esilio Mikhail Khodorkovsky, sottolinea che un altro personaggio chiave tra le presunte vittime dello schianto di ieri è Valery Chekalov, molto vicino a Prigozhin fin dai primi anni 2000, tra i manager della sua società Concord (per la quale curava i contratti per la fornitura di cibo all’esercito) e in seguito responsabile “di tutti i progetti civili della Wagner all’estero, comprese esplorazioni geologiche, produzione petrolifera o agricoltura”. Un uomo, insomma, senza il quale difficilmente la creatura di Prigozhin potrebbe continuare ad alimentarsi e sopravvivere.

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Tra i passeggeri sono stati segnalati anche altri membri del gruppo: Yevgeny Makaryan, Alexander Totmin, che avrebbe combattuto in Sudan, Serghei Propustin e Nikolai Matyuseyev.

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Pochi giorni fa Prigozhin aveva postato il suo ultimo video, in cui affermava di essere in Africa e che là i suoi uomini continuavano a svolgere i compiti assegnati. Ma è chiaro che nei due mesi passati dal tentato ammutinamento del 24 giugno Putin e i vertici militari hanno lavorato assiduamente per fare piazza pulita di tutte le complicità, vere o presunte, che il capo della Wagner poteva avere all’interno delle forze armate.

Proprio ieri il cerchio si è chiuso con l’annuncio ufficiale della rimozione da capo delle forze aerospaziali del generale Serghei Surovikin, che secondo diversi media occidentali era sospettato di avere appoggiato la tentata rivolta dei ‘musicisti’.

Anche la presunta mediazione e la promessa del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko di accogliere nel suo Paese i wagneriti ribelli appaiono oggi semplicemente come un modo per consentire al Cremlino di guadagnare tempo e riprendere in mano la situazione. E alla luce di questo non è un caso che, secondo quanto riferisce il servizio bielorusso di Radio Liberty, uno dei due campi della Wagner allestiti in Bielorussia vicino a Osipovichi, nella regione di Mogilev, sia in fase di smantellamento.

L’analista Alexander Kynev, intervistato dalla testata Novye Izvestia, allarga il discorso, ricordando l’arresto il mese scorso di un altro grande critico dell’establishment: l’eroe nazionalista Igor Girgin “Strelkov”. Le autorità, dice, “rafforzano seriamente la loro immagine e il gioco del patriottismo è finito”. Cioè di tutto quel movimento sedicente “patriottico” che contestava Putin chiedendogli di essere più spietato nella campagna d’Ucraina.

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