Dalla dieta all’igiene personale, risparmiamoci le ossessioni

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Una dieta a base di aria. Non è una barzelletta o una provocazione ascetica: i respiriani rappresentano un movimento di cultori di un’alimentazione pranica, dove il cibo non è essenziale e basta il prana, il soffio invisibile che unisce tutti gli essere umani. La comunità  dei respiriani ha il suo guru, Nicolas Pilartz, 49 anni, originario di Coccore, un piccolo paese vicino Fabriano, nelle Marche; la sua pagina Facebook e il suo sito con migliaia di iscritti e seguaci. Per il momento nessuno ci ha rimesso la pelle, e già questa è una buona notizia.
 

Ma a parte la soluzione estrema di vivere d’aria, l’ossessione per il cibo in chiave salutista è alla base di una patologia che alla fine degli anni Novanta, Steven Bratman, medico nutrizionista, classificò come ortoressia. Una mania per diete che, dietro ad apparenti consigli di buonsenso (ridurre, per esempio, l’uso dei grassi), privano le persone del naturale equilibrio del nostro organismo, fondato sulla varietà dell’alimentazione. Non a caso uno dei punti di forza della dieta mediterranea. L’ortoressia è a metà strada tra un disturbo alimentare e una fragilità psichica che mette la vittima nella condizione di avere paura del cibo, considerandolo decisivo per il suo benessere. A rischio in Italia, secondo i calcoli del Ministero della Salute ci sarebbero circa 500 mila uomini e donne. Non proprio una ristretta minoranza.

VIVERE GREEN

Dall’olio ai detersivi: come evitare di avvelenare l’ambiente

Dalle ossessioni per la tavola a quelle per le pulizie. Anche qui siamo in presenza di un disturbo, la rupofobia, che deriva dal greco rùpos, che significa sudiciume, e phòbos, ovvero paura. Un modo irrazionale di affrontare la sporcizia, per esempio dentro le mura di casa, che porta all’isolamento, allo stress, e alla paura dei contatti fisici. Immaginate quanto sia complicata la vita di queste persone in tempi di pandemia, di contagi e di mascherine: gli unici a trarne vantaggio sono i grandi produttori di detersivi, detergenti e spray per profumare gli ambienti. L’ossessione per le pulizie si riduce spesso a continui lavaggi di pavimenti, mobili, divani e sedie. Il risultato, specie durante la primavera, è di abbassare le nostre difese immunitarie ed esporci al rischio di dermatiti allergiche. Tutto per una fobia che di fatto è uno spreco di prodotti onnipresenti nella lista della nostra spesa quotidiana.

NOI E L’AMBIENTE

Con aceto e bicarbonato la pulizia è più naturale

Quanto all’igiene personale, anche in questo caso il fondamentalismo antispreco ha portato alla nascita di un movimento, Unwashed (letteralmente: non lavato), nato in America e sbarcato poi anche in Europa. I suoi militanti professano «l’igiene etica», ovvero lavarsi il meno possibile per non consumare troppa acqua e fare la doccia, per esempio, non più di una volta ogni quindici giorni. Che cosa ci sia di etico nel restare sporchi, specie in un momento nel quale dobbiamo lavarci spesso (e bene) perfino le mani, resta un mistero.

E’ noto invece che il movimento Unwashed ha scaldato il cuore ambientalista di tante star  di Hollywwod, da Brad Pitt a Colin Farell, sempre in prima fila quando c’è l’occasione di auto-promuoversi con l’etichetta del bravo cittadino green. In Italia l’esponente più noto di questo stile di vita è lo scrittore Maurizio Corona che quando racconta la sua scelta, almeno ha il buon gusto di condirla con un pizzico di ironia: “Se esagero, faccio una doccia al mese. Ma vivo solo, quindi non disturbo nessuno e i miei cani mi sopportano…”. Invece gli ossessionati dal fondamentalismo ambientale, a qualsiasi livello, dal cibo all’igiene, di danni ne possono fare parecchi. Il loro atteggiamento è semplicemente uno spreco: di tempo, di soldi e di salute. Ma è ancora di più un modo per rendere grottesca, e di conseguenza perdente, la sacrosanta battaglia per una civiltà con meno sprechi e meno inquinamento.

Nonsprecare.it

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