Proviamo a raccontare a David LaChapelle che lui è l’artista perfetto per Napoli, che le sue opere sembrano ispirate alle atmosfere della città, ai colori saturi e brillanti del panorama, alla luce tagliente del golfo, perfino alla moda folle, esagerata, libera dai cliché che noti per le strade, a Mergellina come al Vomero, o nei vicoli dei quartieri spagnoli. Tutto è eccessivo e giusto a Napoli. A ogni angolo, una sorpresa, un cambio di ritmo, un dettaglio fuori posto. Un artificio. Come nelle sue immagini, tableaux vivants pieni di energia, disperati di vita e desiderio.
Travis Scott: Tears (Foto di David Lachapelle)
Lui ride e, dallo studio di Los Angeles dove è impegnato in uno dei suoi famosi scatti, gli esce quella voce che colpisce al cuore, roca e seducente, infantile e morbida mentre ripete “città-stato”, una nuova parola italiana imparata oggi. Sì, Napoli è una città-stato, gli diciamo, si autogoverna, ha leggi non scritte tutte sue e sceglie in libertà a chi appartenere. Per questo, dall’8 dicembre, una quarantina delle sue opere, alcune inedite, entreranno nel cuore di Napoli e ne diventeranno un pezzo: con la mostra site specific, studiata per lo spazio espositivo della Cappella Palatina a Castel Nuovo (o Maschio Angioino) intitolata semplicemente David LaChapelle.
Fantasie
Un ritratto di Miley Cyrus. (Foto di David Lachapelle)
A cura di ONO arte e Contemporanea, non poteva chiamarsi altrimenti, perché l’oggetto è il fotografo con il suo mondo, il suo archivio, la sua carriera dal 1980 a oggi. E anche la sua malinconia, forse, dietro a quelle immagini surreali e fantastiche, le ferite di L’armonia perduta ma anche Napolitan graffiti, due dei libri che il grande scrittore Raffaele La Capria ha dedicato alla sua città, fatta di bellezza e graffio, la città che non ha mai smesso di inventare se stessa, nel bene e nel male. Pensavamo di dirgli che lui è Napoli. E ci accorgiamo che anche Napoli è un po’ David LaChapelle.
Dua Lipa: I See in Blue (Foto di David Lachapelle)
Il percorso nella Cappella Palatina è un progetto pensato appositamente per la città e per il Maschio Angioino, in dialogo tra il suo lavoro e lo spazio della mostra. Qual è il suo rapporto con Napoli?
“Non conosco bene la città, ci sono stato solo una notte, a vent’anni, ma l’ho davvero adorata, una notte pazza. Sono solo felice di esporre le mie immagini in questo luogo speciale, e poi il Castello è perfetto, ho visto arte fantastica, sculture che mi hanno commosso, poi il fatto che fosse una cattedrale… È una grande emozione essere presente in questa città”.
Kanye West. (Foto di David Lachapelle)
Ha scelto immagini particolari per questo spazio?
“È passato tanto tempo da quando ho cominciato. Avevo 18 anni e ora ne ho quasi 58 – ma continuo a lavorare sui temi che mi interessavano allora. Volevamo proporre, d’accordo con i curatori, alcuni progetti dei primi periodi, cercando di arrivare al pubblico di oggi. Nella mia carriera ho lavorato con molte persone famose, artisti, cantanti, musicisti. Ma il lavoro più importante, per me, è stato quello su Dio e la fede. L’ho iniziato quando ero un ragazzino ed è ancora in progress, non ho ancora smesso. È interessante perché è secolare e contemporaneamente sacro, due concetti che vivono insieme, ma è necessario trovare un riflesso dell’uno nell’altro, avere sia luce sia ombra, il vuoto e la pienezza, e trovare un equilibrio tra la vita e lo spirito. Avevo molta fede, l’ho persa un po’ negli anni. Ma ora sono ritornato e ricomincio, è come un cerchio. Questa mostra vuole rappresentare quel cerchio. Abbiamo fatto modelli in scala dello spazio a Napoli per scegliere le opere e la sequenza, è stato come comporre una poesia o una bella canzone. Il potenziale che senti con la musica riesci a visualizzarlo facendo risaltare le persone nelle immagini, perché oggi siamo in un periodo molto buio, un nuovo medioevo, molte mie fotografie ne rappresentano una parte. Anche per questo ho deciso di non togliere dalla mostra a Napoli il ritratto di Travis Scott (rapper al centro della bufera dopo la performance all’Asroworld Festival di Houston, lo scorso 5 novembre, in cui dieci persone hanno perso la vita nella calca umana e centinaia sono rimaste ferite, ndr). Anche quello che è successo in Texas fa parte parte della storia di questo mondo e deve restare lì, per aprire uno spiraglio di luce”.
Britney Spears. (Foto di David Lachapelle)
In mostra si potranno vedere alcune foto che non ha mai pubblicato, come negativi dipinti a mano degli anni ’80. Quante immagini inedite ha nel suo archivio?
“Ah, tantissime! Un giorno mi sono svegliato realizzando la grande potenzialità di materiale che avevo ancora in archivio ma mai utilizzato. E così ho scelto le fotografie che mi sembravano più fresche e rilevanti. Sono frutti maturati nel tempo che ora voglio condividere”.
In alcuni lavori si è ispirato al Rinascimento, come in Deluge (2007), un diluvio biblico ambientato a Las Vegas che rende contemporanea la Cappella Sistina di Michelangelo. Gli artisti hanno da sempre bisogno di grandi mecenati. Qual è il suo rapporto con la committenza?
“Prima c’erano i Medici, oggi abbiamo Amazon. Se mi commissionano un lavoro, uso i soldi per mantenere la mia arte libera. Mi autofinanzio con ciò che produco per le corporation o le grandi aziende, così non devo per forza produrre qualcosa per il mercato dell’arte, di cui non faccio veramente parte. E posso dedicarmi ad altro. Il mio lavoro su Dio? Non vende, ma questo va bene, perché è rivolto ai giovani o a chi è giovane nel cuore, non per chi cerca un investimento. È per le persone semplici, senza un pensiero critico, come me che avevo disperatamente bisogno della bellezza, della musica dei Beatles e di Stevie Wonder. Senza la musica non sarei qui, ne sono sicuro”.
Celebrity show
Kim Kardashian. La personale di LaChapelle è al Maschio Angioino, Cappella Palatina di Napoli dall’8 dicembre 2021 fino al 6 marzo 2022. (Foto di David Lachapelle)
Ha parlato di musica: e la letteratura invece? Cosa ha letto durante il lockdown che l’ha aiutata?
“Ho letto la Bibbia, per la prima volta in vita mia. Ho scoperto tanto: ogni volta che la riapro è viva, mi sembra sempre nuova. Per capirla a fondo uso una guida: si intitola Jesus Calling, è un libro di Sarah Young che spiega tutti i passaggi con chiarezza. Sono un lettore autodidatta e della Bibbia ne ho sentito parlare in tanti modi sbagliati negli anni ’80, quindi trovare Dio da solo per me è stata la risposta, mi ha dato tanta gioia e tanta forza. Abbiamo attraversato un periodo buio e solitario, tutti abbiamo sentito la pesantezza dell’isolamento nel restare intrappolati in casa. Molte volte mi sono sentito disperato, ma ho avuto la forza di andare avanti, è stato un miracolo. I grandi del Rinascimento mi hanno portato a Dio. L’arte, la natura, la musica. In Let it be dei Beatles penso ci sia la stessa spiritualità che trovo entrando in una chiesa. Ed è davvero incredibile”.
Sommerso
After The Deluge, parte di un lavoro ispirato al Diluvio Universale. (Foto di David Lachapelle)
Nell’arte contemporanea trova la stessa spiritualità?
“Di certo trovo che alcuni artisti di oggi abbiano realizzato opere davvero toccanti. Per esempio Nan Goldin: nel suo The Ballad of Sexual Dependency ci vedo il racconto di un pezzo della mia vita, di quando vivevo nell’East Village, a New York. In quell’opera ci sono i miei amici, ci sono io da ragazzo. È come una ballata, una canzone triste e struggente. Ma ogni tanto hai solo bisogno di piangere. E la contemplazione della bellezza ti aiuta a farlo”.