De Micheli: “Anch’io da ministra ho sofferto il maschilismo. Ma ora il partito cambia davvero”

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ROMA – “Io da ministra ho sofferto per il maschilismo, anche nel mio partito. Ma avere come capigruppo due donne, sia alla Camera che al Senato, incide sulle incrostazioni maschiliste del Pd”. Paola De Micheli, ex ministra dem delle Infrastrutture, è una emiliana di Piacenza, abituata alla franchezza. Amica storica di Marianna Madia, lettiana della prima ora, di una cosa è convinta: “Nel Pd di Letta molte cose stanno già cambiando”.

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De Micheli, altro che sorellanza: la sfida tra Madia e Serracchiani per la guida del gruppo alla Camera, è stata una zuffa, non crede?
“No, nessuno parlerebbe di zuffa se a contendersi la presidenza del gruppo fossero stati due uomini. Letta ha dato una scossa salutare, che ha raggiunto un risultato concreto: per la prima volta alla Camera c’è una capogruppo dem donna, mentre al Senato c’era stata Anna Finocchiaro, prima di Simona Malpezzi. Così si incide davvero sulle incrostazioni nel Pd. Ha vinto la Serracchiani e ora va ricomposta l’unità e il senso di comunità per affrontare le sfide”.

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Lei per chi ha votato?
“Il voto è segreto. Ma sono molto contenta che ci sia stato questo passaggio”.

È vero che si è sottratta alla gara per la guida dei deputati?
“Non mi sono mai candidata”.

Ha avuto più difficoltà a fare la ministra nel governo giallo-rosso, il Conte 2, perché donna?
“Non l’ho mai nascosto: ho sofferto il maschilismo, nel senso che alle donne non si perdona l’autonomia e il decisionismo. Molti uomini vedono anche nelle istituzioni le donne come ancelle. Si è detto che le mie decisioni erano deboli, immaginando una fragilità che io davvero non ho. Sono stata criticata per avere portato figure femminili ai vertici. Il ministero delle Infrastrutture è uno dei più importanti assegnati a donne del centrosinistra e condiziona la vita economica del Paese. È stato importante tenere la schiena dritta”.

L’ha pagata?
“La libertà ha un prezzo. Conosco il prezzo e resto libera”.

camera

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Ci vorrebbero più candidate sindaco del Pd? E Madia potrebbe presentarsi per il Campidoglio?
“Sì, il Pd è ricco di donne da proporre come sindaco. Non credo però che le donne non facciano battaglie con secondi fini e non mi risulta che Madia abbia intenzione di presentarsi per il Campidoglio”.

Letta riuscirà a stringere i bulloni al Pd? Lei cosa gli ha consigliato?
“Non gli do consigli, esprimo opinioni. I circoli, i militanti già riconoscono la grande determinazione di Letta. Ha iniziato a lavorare con il cacciavite. Deve affrontare la selezione di una classe dirigente all’altezza dei problemi reali della vita delle persone”.

C’è qualcosa di cui si pente della sua esperienza di ministra? Fu accusata di essere stata troppo generosa con Autostrade dopo la tragedia del Morandi.
“Abbiamo portato Aspi sugli obiettivi del Ministero: sull’accordo economico, il dimezzamento dei rincari delle tariffe, gli investimenti e le manutenzioni vere. La bussola è stata la difesa dell’interesse pubblico. Mi pento di essermi fidata di alcune delle Regioni che pur avendo soldi per il trasporto locale, hanno detto di essere in grado di organizzarsi per le norme anti-Covid e non l’hanno fatto. E mi pento di non aver valorizzato le decisioni prese. Mentre sono orgogliosa del progetto di Nuova Alitalia che il governo Draghi porta avanti con impressionante determinazione, dei 37 miliardi di cantieri sbloccati e 43 miliardi di gare nel 2020 che hanno aumentato l’occupazione, in un momento drammatico”.

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È tempo di una donna segretaria del Pd?
“Penso che i tempi siano maturi e che accadrà tanto prima quanto più ci saranno donne in ruoli apicali, così che sia più semplice dimostrare il consenso che sono in grado di raccogliere”.

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