De Novellis (Ref): “Rischiamo un milione di posti in meno. Servono aiuti mirati”

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ROMA – “Se vogliamo accelerare l’uscita dalla recessione, bisogna puntare tutto su politiche molto specifiche e mirate perché questa è una crisi settoriale”. Fedele De Novellis, economista e direttore di Congiuntura Ref, scrive nel suo ultimo rapporto che c’è una “bomba ad orologeria” pronta a scoppiare.

Parla dei posti che rischiano di saltare quest’anno?
“Ho fatto un semplice calcolo. La crisi ha bruciato nel 2020 il 2% dell’occupazione pari a circa 450 mila occupati. Ma le ore lavorate sono cadute molto di più, del 7,5%. Se gli occupati fossero scesi quanto le ore, avremmo perso 1 milione e 750 mila posti. Vi è quindi una differenza, pari a 1 milione e 300 mila, che sinora sono stati salvati dalla diminuzione delle ore lavorate pro-capite, grazie agli ammortizzatori sociali”.

I suoi calcoli confermano altre stime che indicano in 1 milione i posti a rischio. Come se ne esce?
“Fino al primo luglio non succederà molto, per effetto dell’estensione di tre mesi del blocco dei licenziamenti. Poi le grandi imprese potranno ristrutturare. Le piccole invece saranno coperte fino ad ottobre. Per uscirne non resta che diversificare gli aiuti”.

Cosa intende?
“La crisi in atto è molto settoriale. C’è una divaricazione tra i settori in sofferenza che dipende soprattutto dalle restrizioni. Non c’è dubbio che i servizi soffrono più della manifattura, di per sé già a livello pre-crisi ad eccezione di alcune filiere – come tessile, abbigliamento, pelletteria, cosmetica, calzature – ancora da sostenere. Per fare un esempio, se l’occupazione crolla nei ristoranti e negli hotel e io costruisco un ponte, non sto aiutando ristoranti e hotel”. 

Basta con gli aiuti a pioggia?
“Quando l’economia ripartirà – speriamo già in estate, ma questo dipende solo dall’esito della campagna vaccinale mondiale – occorreranno politiche mirate per creare posti laddove il sistema è andato in crisi, per chi è rimasto indietro. Non è una missione impossibile, perché il settore dei servizi ha un’intensità di capitale inferiore all’industria e le competenze non si deteriorano. Non è insomma come spegnere e poi far ripartire un’acciaieria”.

Come sarà la ripresa? Riuscirà ad assorbire la nuova disoccupazione?
“Fin qui la ripresa si è concentrata in alcuni settori. Con la riapertura i consumi si sposteranno: meno arredamento, più aria aperta. Il reddito delle famiglie italiane non è caduto molto: i consumi sono crollati perché i risparmi sono saliti dell’ordine dei 100 miliardi. Scommetto che molti vorranno spenderli per comprare un’auto e tornare a viaggiare o una casa, magari fuori dai centri abitati. Bisognerà anche capire quale sarà il mondo post-Covid, quale trasformazione urbana lascerà, come cambieranno i ritmi di vita dopo un uso così intenso dello smart working. Ma è indubbio che ci sarà una rotazione della domanda, questa volta tutto a favore dei servizi”.

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