Def, nella bozza Pil a 3,1% e deficit confermato al 5,6%. Spazio per 4-5 miliardi per nuovi sostegni

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Il governo Draghi si prepara a licenziare il suo secondo Documento di economia e finanza con il clima economico internazionale sconvolto prima dalla corsa delle materie prime e poi dalla guerra in Ucraina che ha accelerato la galoppata dei prezzi, in particolare dell’energia, e alla tragedia umanitaria ha aggiunto il carico d’incertezza che sta frenando la ripresa post-Covid. Inevitabile, per l’esecutivo, prenderne atto ma ci sono comunque spazi per i nuovi sostegni, invocati a gran voce dai partiti che non celano ormai il pressing per un nuovo scostamento di bilancio.

La riduzione delle stime di crescita

Secondo le indiscrezioni della vigilia, corroborate dai recenti rapporti di previsione emessi da Confindustria (1,9% di crescita quest’anno), Prometeia (2,2%) o Ref ricerche (2%), la crescita prevista dal governo sarebbe dovuta scendere sotto il 3%. Secondo una bozza citata dall’Ansa prima di Cabina di regia e Consiglio dei ministri, però, il numero programmatico fissato sarebbe al 3,1% (dal precedente 4,7%), mentre il deficit sarebbe confermato al 5,6% a fronte di un indebitamento tendenziale che sale al 5,1%, rispetto al 4,4 di settembre. Quindi ci sarebbero 0,5 punti, quasi 9 miliardi di euro, di “tesoretto” dato dalla differenza tra i due, ma le risorse per il prossimo decreto sostegni dovrebbero esser limitate a 4-5 miliardi, anche perché almeno 5 miliardi sono stati di fatto già prelevati dai fondi Mef per intervenire sulle bollette.

Il dettaglio dei nuovi sostegni

Il nuovo decreto con gli aiuti all’economia, da finalizzare ad aprile avrà un impatto sul Pil di 0,2 punti nel 2022 e 0,1 nel 2023 e per prima cosa ripristinerà i 4,5 miliardi usati nel dl bollette, si dettaglia nei documenti-pre Cdm. Si indicano anche altri “quattro ordini di interventi” a cui destinare i restanti “5 miliardi”: contenimento dei prezzi di carburanti ed energia, aumento dei fondi per “coprire l’incremento dei prezzi delle opere pubbliche”; aumento dei fonti “per le garanzie sul credito”, altre misure “per assistere i profughi ucraini e per alleviare l’impatto economico del conflitto sulle aziende italiane”.

Ancora nella bozza si legge che se la Russia bloccasse l’export di gas e petrolio da adesso a fine 2023, i prezzi energetici salirebbero con un impatto sul Pil di 0,8 punti percentuali nel 2022 e 1,1 punti nel 2023. E l’occupazione calerebbe di 0,6 punti quest’anno e 0,7 nel 2023.

“La proiezione di finanza pubblica a legislazione vigente non comprende le cosiddette politiche invariate, che coprono una serie di spese cui si potrebbe dover dar corso nei prossimi anni in considerazione di impegni internazionali o fattori legislativi, dal rifinanziamento di missioni internazionali al finanziamento di futuri rinnovi contrattuali nella Pa”, si legge nella bozza in cui si precisa che “allo scopo di coprire adeguatamente tali esigenze, si opererà “una revisione della spesa corrente che produca risparmi crescenti nel tempo senza pregiudicare” i “servizi pubblici” e le “politiche sociali”.

La battaglia dei partiti per le risorse

Proprio sulla necessità di mettere in campo più ristori, dopo Pasqua, si sono scatenati i partiti. “Questo Def farà emergere dei numeri che ci daranno la possibilità di avere delle risorse da mettere nei posti dove ancora c’è bisogno. C’è ancora un caro prezzi di materie prime, un caro bollette e un caro benzina, per quanto si sta calmierando un pò, c’è un problema di enti territoriali che fanno fatica a gestire tutto questo, ci sono settori che soffrono ancora come agricoltura, autotrasporto e ovviamente le famiglie. Queste sono le priorità e proseguiremo velocemente su questo tipo di interventi”, ha detto ancora stamattina la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, parlando del varo del Def a Radio Cusano Campus. Ieri, però, anche dal responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, è arrivata una inattesa apertura alla possibilità di uno scostamento di bilancio per trovare nuove risorse: “Ci sarà un margine, dovrebbe esserci”, ha detto parlando dei numeri del Def. “Riteniamo che lo scostamento non può e non deve essere un tabù: se necessario deve essere deciso”, ha aggiunto.

I Dem si sono quindi accodati alle richieste avanzate a più riprese da Lega e M5S di fare extradeficit per ridurre in modo deciso l’impatto del conflitto in Ucraina su famiglie e imprese, mentre Fi e Iv predicano più cautela. Della necessità di sostenere “le fasce deboli” e le imprese energivore ma anche di altri settori, “come la ceramica”, si è invece fatta portavoce Maria Cecilia Guerra.

Landini: “Governo prima decide, poi ci convoca”

Anche Maurizio Landini, leader della Cgil, con una battuta ha in un certo senso censurato l’agenda del governo, che oggi riunisce prima la cabina di regia alle 15.30 e poi si è dato appuntamento in Cdm alle 17, mentre domani è previsto l’incontro con i sindacati: “Oggi decidono e a noi ci incontrano domani. Una cosa simpatica”, ha detto Landini. Comunque, ha assicurato, “ascolteremo cosa ci dirà il Governo, ma diremo anche noi cosa serve fare, anche se non è detto che ci ascoltino” affermando che il sindacato deve e vuole “essere in grado di dare continuità alle proprie iniziative”.

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