Dieci soccorsi per la Open Arms, Mediterraneo assediato da barche di migranti

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Solo dal ponte della Open Arms, e senza bisogno di binocolo, si contano tredici barche piene di migranti. Quei gusci di metallo che i trafficanti mettono in mare dalla Tunisia e che rischiano di rovesciarsi nel giro di pochi minuti. Barche, dunque, che vanno soccorse appena individuate, senza perdere tempo.

Anche per questo, ormai da molte settimane,  il centro di ricerca e soccorso della Guardia costiera di Roma sa di non avere scelta: è costretta a chiedere alle Ong di effettuare quei soccorsi multipli che il decreto Cutro, approvato dal governo subito dopo il naufragio del caicco sulle coste calabresi, vieta obbligando le navi umanitarie a raggiungere il porto di sbarco assegnato dal Viminale dopo il primo salvataggio anche se con poche decine di migranti a bordo.

Così è successo la scorsa notte alla spagnola Open Arms che, nelle ultime ore, è stata chiamata dalla Guardia costiera ad effettuare ben dieci operazioni.            

“Il mare è pieno di imbarcazioni in difficoltà, le autorità italiane coordinano i soccorsi. Il nostro rimorchiatore, diretto verso il porto di Civitavecchia con 24 persone a bordo, è stato allertato dalle autorità italiane e si è ritrovato letteralmente circondato da una decina di barche in ferro, precarie e in pericolo”.

In poche ore, da 24 i migranti a bordo della Open Arms sono diventati 264 e ancora altre imbarcazioni attorno stanno chiedendo aiuto.

“E’ evidente – dicono dalla Open Arms – che la Guardia costiera da sola non riesce a raggiungere le migliaia di persone che sono in questo momento in mare, in una situazione di grave pericolo, avendo problemi di risorse e anche di rifornimento.” 

Per questo la Ong spagnola ritiene che sia necessario che il Viminale torni ad assegnare porti vicini “in modo che sia possibile raggiungere in fretta la zona Sar e scongiurare possibili tragedie”.

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