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Dieta ricca di grassi e rischio di cancro al colon-retto: individuato un legame diretto

Che ci sia un’associazione tra i grassi saturi che assumiamo con la dieta e rischio di ammalarsi di tumore del colon-retto lo sappiamo da tanto tempo: ne abbiamo le prove epidemiologiche e osservazionali. Ma di come si passa dalle molecole di grasso alla comparsa della malattia sappiamo meno. Ora uno studio pubblicato su Cell Report fa un po’ di luce sui precisi meccanismi molecolari che collegano i grassi al cancro, aggiungendo un tassello di conoscenza su questa relazione pericolosa.

Il segreto nelle cripte

Le cose, semplificando un po’, vanno così. Quando il cibo percorre l’apparato digerente entra in contatto con le cellule staminali intestinali (o ISC, dall’inglese Intestinal Stem Cell) distribuite lungo tutto il tubo digerente all’interno di strutture chiamate cripte. Le ISC, che sono responsabili del rinnovamento della parete interna dell’intestino, cioè della mucosa, contengono molecole-sensori che rilevano le molecole di grasso e reagiscono alla loro presenza. Le ISC, quindi, si adattano ai grassi con cui vengono in contatto.

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Un brutto programma

Questa molecole-sensore sono i PPAR (un acronimo che sta per Recettori Attivati ??da Proliferatori Perossisomiali). Di PPAR ne esistono diversi e gli scienziati hanno cercato di definire i ruoli che due di loro –  il PPAR alfa e il PPAR delta – giocano nello sviluppo del cancro del colon-retto utilizzando come modello di studio una popolazione di topi di laboratorio sottoposti a una dieta eccessivamente ricca di grassi. Hanno scoperto, così, che i due ??PPAR interagiscono a loro volta con un’altra proteina, Cpt1a, che ha la funzione di importare le molecole di grasso nei mitocondri, cioè nelle centrali dove viene prodotta l’energia necessaria alle cellule – e quindi anche alle ISC – per proliferare, cioè per aumentare di numero. Ora, più le ISC aumentano di numero più aumenta la probabilità che nel loro DNA si accumulino mutazioni. E quando le mutazioni si accumulano aumenta anche il rischio che qualche cellula perda per così dire il controllo di se stessa e dia l’avvio ai processi che portano a un tumore.

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Bloccando il gene che codifica per Cpt1a si può pensare di bloccare la proliferazione incontrollata delle ISC, e quindi di abbattere il rischio di cancro del colon-retto in chi segue una dieta molto ricca di grassi.  “Una delle cose sorprendenti che stiamo scoprendo – ha detto Miyeko D. Mana, ricercatrice al MIT e a all’Università dell’Arizona e prima autrice dello studio – è che gli acidi grassi possono avere un effetto diretto sulle cellule staminali. Ma anche che prendere di mira i PPAR o CPT1a potrebbe proteggere l’intestino dal cancro. Stiamo facendo progressi utilizzando il nostro modello di studio (su animali da laboratorio, ndr.), ma l’obiettivo finale è prevenire o curare il cancro dell’intestino degli esseri umani”.

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Nessuna medicina miracolosa: dobbiamo intervenire sulla dieta

“Sappiamo da una vita che una dieta ricca di grassi si associa al rischio di tumori dell’intestino e anche di altri tipi di cancro. Ora, è vero che questo studio aggiunge un tassello alla conoscenza del metabolismo dei grassi, ma deve essere chiaro che parliamo di animali e che siamo molto lontani dall’applicazione di questi risultati nella clinica”, dice Giordano Beretta, presidente di AIOM, Associazione Italiana di Oncologia Medica: “Non dobbiamo assolutamente aspettarci che un giorno una pillola ci permetterà di mangiare come vogliamo. Potrebbe essere che in futuro si scopra che in alcuni individui il meccanismo metabolico appena individuato si attivi anche in assenza di eccesso di grassi ingeriti. Ecco, in quel caso potrebbe avere un senso intervenire (farmacologicamente, ndr.). Ma deve essere molto chiaro che il punto è la dieta: è su quella che possiamo e dobbiamo agire”.

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