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Difesa, Delrio: “Folle fare a gara a chi compra più missili. L’Europa decida insieme”

“Da cattolico vivo questo conflitto con grande angoscia, che percepisco anche nelle persone che incontro. E continuare a usare parole di guerra non aiuta a placarla”. Graziano Delrio, ex ministro ed ex capogruppo del Pd, non se l’è sentita di votare a favore dell’aumento delle spese militari, ma guai ad annoverarlo fra i politici né né: né con la Russia né con l’Ucraina. Lui, padre di nove figli e profonde convinzioni religiose, sta “senza dubbio dalla parte del popolo aggredito da Putin, che ha invaso uno Stato sovrano e tenta di imporre con la forza le sue abominevoli ragioni”. Però, aggiunge, “la corsa ad armarsi di più, come stanno facendo i Paesi Ue, non è la risposta. La scelta bellicista non può sostituire la politica e la diplomazia, che adesso devono lavorare per un immediato cessate il fuoco al fine di costruire un percorso di pace duratura”.

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Lei in Aula ha votato a favore dell’invio delle armi a Kiev, ma si è astenuto sull’aumento delle spese militari, non è una contraddizione?
“Io sono un pacifista ma non posso chiedere a un popolo bombardato di arrendersi. Perciò sostenere la resistenza è giusto. Come legittimo è il diritto a difendersi degli ucraini, che ora avranno più potere negoziale che non se fossero stati invasi e vinti in 24 ore. Resto però convinto, e non è una contraddizione, che la direzione da prendere sia fermare la corsa al riarmo, non stimolarla. Se il contesto nel quale ci muoviamo è quello della Difesa comune europea, trovo folle che ogni nazione aumenti le spese militari ciascuna per conto proprio”.

Non rischia di sembrare uno slogan anni ‘70: mettete fiori nei vostri cannoni?
“Non sono i generali che possono determinare gli accordi di pace, ma la politica. Questa guerra nel cuore dell’Europa ha caratteristiche gravissime perché per la prima volta dagli anni ’40 del Novecento c’è stata una violazione di confini da parte di una grande potenza. Non come in Bosnia, dove c’erano comunità l’un contro l’altra armate. Una simile aberrazione la fecero soltanto i nazisti. E dunque alla Ue è richiesto — come è avvenuto con la pandemia — di fare un ulteriore salto di qualità: dotarsi di un’unica politica Estera e di Difesa. Fare a gara a chi compra più missili non è eticamente accettabile”.

Ma allora perché non ha votato contro? Per disciplina di partito?
“Innanzitutto per segnalare che queste decisioni non si prendono con un ordine del giorno, ma hanno bisogno di una discussione seria. Sarebbe sbagliato cedere alla logica bellicista di Putin, dobbiamo fargli capire che l’orizzonte da condividere è la sicurezza per tutti, anche con la riduzione delle spese militari. È la strada indicata da Aldo Moro quando, in piena guerra fredda, propose di avviare un grande dialogo tra Stati, poi sfociato negli accordi di Helsinky. Nel 1975 ci riuscirono, 47 anni dopo tocca all’Europa”.

Non teme di passare anche lei per un né né: né con i russi né con gli ucraini?
“Io sono totalmente dalla parte dell’aggredito, ma saremo tutti più deboli se non troviamo il modo di far parlare la diplomazia per arrivare a un immediato cessate il fuoco. E la pace si fa col nemico, che non significa giustificare Putin, ma costringerlo a trattare. La guerra non è solo sofferenza e dolore per tutti, è sempre un fallimento della politica. E anche, come dice papa Francesco, il fallimento dell’umanità”.

Alcuni suoi colleghi nutrono riserve sull’intervento di Zelensky alle Camere? Le condivide?
“No. I parlamenti rappresentano i popoli ed è giusto ascoltare la voce di una comunità sotto attacco che sta resistendo eroicamente a quella che è una violazione del diritto internazionale senza precedenti, ad opera di un nazionalismo miope e incapace di capire che questa guerra sarà una sconfitta innanzitutto per il popolo russo, indebolirà il Paese e lo allontanerà ancora di più dall’Europa”.

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E se insistesse sulla no fly zone?
“Rischieremmo un conflitto mondiale. Meglio inasprire le sanzioni in modo progressivo, sapendo che colpiranno in modo duro i russi, oltre che noi. Francia e Germania non sono usciti dalla seconda guerra mondiale armandosi di più, ma costruendo istituzioni comuni: è questa la via che ha portato la pace in Europa. Frutto, ce lo insegna la storia, del dialogo e della cooperazione, non della deterrenza”.

È stato prudente chiedere aiuto ai russi durante la pandemia?
“Lo scambio dei popoli nelle difficoltà fa parte della cooperazione. Intollerabile è invece richiamare quell’aiuto per accusarci o minacciare un nostro ministro”.

L’allora premier Conte dovrebbe spiegare, come chiede qualcuno?
“Io credo di no. Eravamo in piena emergenza e ci si è appoggiati a chi poteva dare una mano. Non è il momento della polemica su chi era più amico di Putin, ma di lavorare tutti insieme a costruire un percorso di pace. Guai a dividersi su questo: sarebbe una tragedia nella tragedia”.



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