Dimagrire in pochi giorni: la ricetta di Sorrentino

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Ma come? Anche voi di Salute, solitamente così rigorosi, promettete i famosi “7 chili in 7 giorni”? No. Noi di Salute, proponendo questo libro di Nicola Sorrentino in vendita col nostro giornale, vogliamo proprio andare in direzione contraria. Vogliamo dire, ancora una volta, che non c’è il bianco o nero quando si parla di salute. Che ci sono sfumature, storie personali, genomi, condizioni differenti. E che la migliore terapia possibile è quella personalizzata, alla luce dei dati rigorosi e inoppugnabili della medicina scientifica. Quindi che anche il mantra, da noi sempre riconosciuto, dei migliori nutrizionisti: “Bisogna dimagrire lentamente, con una dieta equilibrata e con l’esercizio fisico” è soggetto a dei distinguo.

Certo non dubitiamo che sia la regola, e l’autore di questo libro, ne ha scritti altri, e molti, per diffondere la sua ricetta, la dieta Sorrentino, una mediterranea molto equilibrata e personalizzata. Ma, come scrive lui stesso nella prefazione, sono spesso le persone a chiedere una soluzione rapida, e un buon medico deve sempre sforzarsi di avere un pensiero laterale che gli permetta di dare una risposta ai bisogni dei suoi pazienti. Che sia quello molto sovrappeso che deve fare un intervento chirurgico e l’anestesista gli impone di perdere 10 chili sennò rischia grosso. Che sia quella signora vanitosa che vuole indossare un abito rosa per il matrimonio del figlio perché sa che quella foto resterà negli anni, anche quando lei non ci sarà più. O quel nonno appesantito dal lockdown chiamato a gestire il nipotino al mare, ovvero a corrergli dietro sulla spiaggia e in acqua senza sosta.

Quanti ve ne vengono in mente di casi come questi? Quanti ne avete visti, voi personalmente? Il sovrappeso non è una condizione univoca; significa 5 chili in più, come 15, o anche 25: possiamo pensare di gestirli obbligatoriamente allo stesso modo? Significa una persona giovane che può imparare a fare tanto esercizio fisico e quindi a non ingrassare più, o una meno giovane che non potrà mai allungare la falcata. Significa i chili portati da una gravidanza un po’ troppo rilassata che se li spazziamo via e ci stiamo attente non tornano, o quelli che sono lì da una vita, frutto di anni di diete e di yo-yo che devono essere affrontati per forza in maniera lenta ed equilibrata.

Ognuno di noi ha una storia sua propria con la propria bilancia e il proprio frigorifero. Per dimagrire bisogna tenerne conto. Ma, soprattutto, bisogna avere soluzioni che vadano dritte al risultato pensando alla salute di chi le fa. E in questo sta la sapienza del medico nutrizionista: trovare la formula giusta che non metta a rischio nulla, che metta, invece, al sicuro cuore, ossa, pelle, reni, microbiota… Ma che sia compatibile con la voglia di dimagrire, con i tic della/del paziente, col suo stile di vita. Un altro grande nutrizionista, scomparso di recente, Pietro Migliaccio, faceva ai suoi pazienti una prima domanda: “Lei, a cosa non può rinunciare?”. Poi girava il regime giornaliero attorno a quell’irrinunciabile oggetto del desiderio. Noi abbiamo conosciuto chi gli ha detto “il gelato”, chi “cappuccino e cornetto”, chi “il vino”. La cosa suscitava dapprima una certa perplessità, ma funzionava. E lo stesso Sorrentino avvolge i suoi pazienti in nuvole di cioccolata, noci, pasta…

Perché, per quanto il corpo ne abbia un bisogno improcrastinabile, è col cervello che si dimagrisce. Chi ha preso peso, non è un asceta. Apprezza, e forse indulge un po’ troppo, nei piaceri della tavola. Ma questa è la sua natura, pensare di farla/farlo dimagrire con il bastone non funziona. Bisogna assecondare la sua indole. Allo stesso modo, se la motivazione per buttare giù qualche chilo è qualcosa che si vuole fare nel giro di poco tempo, per quanto i rigoristi possano pensare che non è una motivazione forte e duratura, è pur sempre un buon perché. Magari può anche servire da detonatore a cominciare un percorso più equilibrato. Comunque sia, è un bisogno virtuoso. E un medico nutrizionista deve farsi la punta al cervello per rispondere a quel bisogno mettendo al sicuro la salute del suo paziente.

Anche perché, come sottolinea Sorrentino: “Se non gli offro io una soluzione salubre e sicura, va a cercarsela su Internet o da qualche professionista delle scorciatoie”. Pensiamo solo a quanti danni hanno fatto le diete iperproteiche baldanzosamente intraprese da persone con il cuore e i vasi un po’ scassati e finite con un infarto o con qualche altra malattia cardiovascolare.

E allora, ecco la nostra idea di una medicina utile e personalizzata. Che, quando ragionevole nella scala di priorità e possibile dal punto di vista scientifico, trova risposte adattabili alla vita di ognuno di noi. Certo, non sempre si può. Non si può di fronte a una malattia che mette in pericolo la vita, dal cancro alle cardiopatie alle malattie neurologiche, o che ci fa rischiare disabilità serie, dalle patologie autoimmuni a quelle delle ossa, per dire delle condizioni più diffuse. E, certo non si può davanti a una malattia infettiva, pensiamo a Covid ma non solo. Sono tutti questi casi in cui la medicina scientifica ha elaborato risposte rigorose, per molti versi possiamo dire “standardizzate”, perché testate su milioni di persone e dimostrate efficaci alla luce della biostatistica. Vaccini, farmaci, terapie radiologiche, interventi chirurgici: sappiamo che la medicina scientifica offre soluzioni certe (nei limiti della conoscenza acquisita); e queste soluzioni non sono adattabili alle nostre inclinazioni personali. Eppure, anche in casi così seri, lo spazio per la singolarità delle nostre vite resta. Ed è quello che si gioca nel rapporto di fiducia col medico che deve il più possibile adattare la terapia, per quanto pesante e standardizzata, con la nostra storia sanitaria e il nostro genoma, ma anche con le nostre paure e le nostre aspettative. E si gioca nella capacità delle istituzioni di facilitarci l’accesso alle cure, sul piano economico, su quello della disponibilità dei servizi, dell’adeguamento ai tempi e agli spazi della nostra vita.

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