Diritto all’oblio, tre arrestati in un blitz di mafia di 30 anni fa chiedono i danni. La Rai ferma il documentario su Rita Atria

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Una retata antimafia di trent’anni fa, tre degli arrestati (uno condannato in via definitiva per assciazione mafiosa, un secondo condannato in priomo grado e assolto in appello, il terzo sempre assolto) che minacciano una richiesta di risarcimento danni di 60.000 euro per le immagini che li ritraggono, e la Rai che (in via precauzionale) decide di sospendere dal palinsesto di Rai Play il documentario della giornalista del Tg1 Giovanna Cucè dedicato alla storia di Rita Atria, la giovanissima collaboratrice di giustizia che, una settimana dopo la strage di via d’Amelio, sconvolta dalla morte del giudice Paolo Borsellino con cui aveva deciso di parlare, si tolse la vita gettandosi dal balcone dell’appartamento di Roma dove viveva sotto protezione.

E’ una vicenda che racchiude in sè tutte le problematiche della regolamentazione del diritto all’oblio quella denunciata dall’associazione antimafia Rita Atria che chiede alla Rai di ripubblicare il documentario “non solo perché si tratta di un reportage di rara professionalità e soprattutto uno strumento con un elevato contenuto didattico, ma anche perché dovrebbe essere un dovere, per una televisione pubblica, non fare cadere la vicenda della giovane Rita Atria nel pozzo dell’oblio”.

“Rita Atria, la settima vittima”, il titolo del documentario della durata di 58 minuti realizzato da Giovanna Cucè e già andato in onda a luglio scorso. Il film ricostruisce la faida tra due famiglie mafiose di Partanna (i cui erano accusati di far parte i tre arrestati che adesso minacciano querele e richieste di risarcimento civile). Rita Atria, allora appena diciassettenne, appartenente ad una di queste famiglie decise di collaborare con il giudice Borsellino affidandosi totalmente a lui. Per questo, dopo la morte del magistrato, sentendosi abbandonata e in preda al terrore di essere localizzata dalla mafia, Rita Atria decise di togliersi la vita. Per le stesse immagini di quella retata, la Rai è già stata condannata. Da qui la decisione dell’azienda di sospendere la pubblicazione del documentario.

Diritto all’oblio o diritto di cronaca, l’interrogativo posto da questa vicenda? “Manifestiamo la nostra preoccupazione per un rischio ancor più ampio – scrive l’associazione Rita Atria – quello di disperdere tutto il lavoro per recuperare documenti, frammenti, testimonianze, per non far ‘sbiadire’ tante altre storie spesso ancora senza giustizia. Storie che, rimettendo pazientemente insieme i pezzi del passato e inserendoli in un quadro coerente, ci discelano i meccanismi sottesi ai fenomeni del nostro presente per non far morire tutti coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare”.

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