Dopo un infarto serve il vaccino antinfluenzale

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L’arrivo in ospedale, prima possibile. Le cure del caso. E poi, appena la situazione si è stabilizzata, il vaccino per proteggersi dall’influenza. Dopo un infarto, o comunque una malattia delle arterie coronariche ad alto rischio che ha richiesto il ricovero, il vaccino contro l’influenza appare in grado di limitare il rischio di decesso in chi ha avuto un attacco cardiaco o una grave compromissione della circolazione del cuore. A pochi giorni dal via della campagna di vaccinazione per la più classica delle infezioni di stagione, con la proposta di immunizzare chi si trova in ospedale per problemi cardiaci senza attendere troppo, è una ricerca presentata al congresso della Società Europea di Cardiologia, lo studio Iami (Influenza Vaccination and Myocardial Infarction), sviluppato proprio per valutare se la vaccinazione antinfluenzale migliori gli esiti dopo infarto miocardico o intervento coronarico percutaneo in pazienti ad alto rischio con malattia coronarica

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Lo studio è stato condotto in 30 ospedali in otto paesi (Svezia, Danimarca, Norvegia, Lettonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Bangladesh e Australia) per quattro stagioni influenzali da ottobre 2016 a febbraio 2020, quindi in epoca pre-Covid. Il ricercatore principale è Ole Fröbert dell’Università di Örebro, in Svezia.

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La ricerca ha preso in esame oltre 2570 persone, di età media di 60 anni: in oltre quattro casi su cinque si trattava di uomini. I soggetti considerati sono stati suddivisi in due gruppi, in modo casuale: nel primo è stato somministrato il vaccino dopo una procedura sulle arterie coronariche, come il posizionamento dello stent, o dopo un infarto, entro tre giorni dal ricovero, nel secondo un semplice placebo. Poi si è andati a controllare i decessi per tutte le cause, infarto miocardico o trombosi dello stent a un anno dal ricovero.

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A dodici mesi il decesso si è avuto nel 5,3% dei soggetti vaccinati, contro il 7,2% nelle persone che non avevano ricevuto il vaccino. In particolare, poi, il decesso per qualsiasi causa è risultato più che raddoppiato nei non vaccinati mentre non si sono rivelate differenze significative per le morti legate direttamente ad infarto. Il tutto, va detto, senza particolari differenze per gli effetti collaterali pur se in caso di vaccinazione sono stati più frequenti piccoli disturbi locali nell’area in cui si è effettuata l’iniezione. Secondo Fröbert “lo studio IAMI ha rilevato che nei pazienti con infarto miocardico o malattia coronarica ad alto rischio, la vaccinazione antinfluenzale precoce ha comportato un minor rischio di morte per tutte le cause, infarto miocardico o trombosi dello stent a 12 mesi rispetto al placebo.”

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Conseguenza diretta in termini sanitari? Si potrebbe anche pensare ad inserire la vaccinazione per l’influenza nelle strategie di cura per la persona che ha superato un infarto. Non per nulla da tempo la stessa Società Europea di Cardiologia ha inserito la vaccinazione nelle misure con livello di protezione 1, come i farmaci per abbassare il colesterolo, per il rischio “cuore” legato all’infezione virale.In effetti, ci sono già diversi studi che dimostrano come l’attacco del virus influenzale possa risultare particolarmente nocivo per il cuore, specialmente in chi ha già problemi circolatori seri. L’ipotesi più accreditata per spiegare il rapporto correla l’infezione da virus dell’influenza con l’infiammazione che induce nell’organismo. L’infiammazione, fondamentale per l’organismo che deve reagire al virus, infatti induce una serie di fenomeni che in qualche modo si rivelano nocivi per il cuore: prima di tutto la tachicardia, visto che la febbre fa aumentare la frequenza del battito, e quindi lo stress cui viene esposta la parete del cuore. Ma contano anche la possibile carenza di ossigeno, il rilascio di citochine (sostanze che inducono proprio l’infiammazione) l’eccessiva risposta del sistema nervoso simpatico ed il conseguente “stress” che si riflette anche sulla muscolatura delle arterie.

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Il risultato finale è semplice: se esiste una placca lungo un’arteria coronarica questa può diventare più “instabile” e rompersi. Le sostanze che la compongono, come grassi o materiali che si liberano e quanto avviene per rimarginare la “ferita” sulla parete arteriosa possono portare ad una trombosi, con occlusione del vaso stesso e comparsa dell’ischemia. Come se non bastasse, a volte il virus dell’influenza trova spazio anche in “territori” dove invece non dovrebbe replicarsi, fuori dall’apparato respiratorio. Quando ciò accade si può verificare una miocardite, ovvero un’infiammazione del miocardio con conseguente possibile insorgenza di scompenso e aritmie anche gravi.

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