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E se il trasporto pubblico fosse gratis come scuola e sanità? Chi ci sta provando e con quali risultati

Immaginate di vivere in una città e di poter uscire di casa per recarvi a fare acquisti, al ristorante, al cinema o al lavoro, potendo usare qualsiasi mezzo pubblico senza dover comprare un biglietto. Immaginate di avere a disposizione una rete di autobus, tram e metropolitane, così capillare ed efficiente da arrivare ovunque e sempre gratuita. Immaginate in poche parole di poter fare a meno della vostra auto con tutto quel che ne consegue, iniziando dal risparmiare migliaia di euro l’anno fra manutenzione e carburante.
 

Sembra una follia sulla carta, ma lo sembrano tutte le innovazioni finché qualcuno non le mette in pratica. Trattare il trasporto come un servizio pari alla sanità o all’istruzione potrebbe avere benefici immediati, tangibili: riduzione dell’inquinamento e del traffico; meno malattie delle vie respiratorie; meno incidenti, più equità sociale.
 

Lo pensano a Tallinn in Estonia, in Lussemburgo e di recente anche a Genova, la prima grande città italiana dove hanno avuto l’idea di rendere il trasporto pubblico gratuito, almeno in parte, per spingere quanti più cittadini possibile a rinunciare alla vettura privata. Perché se è vero che il trasporto è la fonte di inquinamento principale in Italia – secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) precede la produzione di energia, i consumi residenziali e l’industria – per migliorare la situazione bisognerebbe in primo luogo garantire di poter andare dove si vuole e quando si vuole senza necessariamente usare una vettura privata. 

Il sondaggio

Under 30 pronti a scegliere il trasporto pubblico al posto dell’auto

“Il trasporto pubblico viene da una lunga stagione di declino, lo si sceglie se si è costretti più che per scelta”, racconta Enrico Musso, professore di economia dei trasporti all’Università di Genova e consulente della giunta comunale. “Ora le cose stanno cambiando anche in virtù di una sensibilità ambientale molto più forte rispetto al passato. Inoltre è evidente che l’elettrificazione dei veicoli, una strada ancora piena di ostacoli, da sola non basta. Se si resta all’uso attuale dell’auto privata, poco importa se elettrica, non risolviamo il problema del traffico. Bisogna quindi cambiare attitudine, modo di pensare”.
 

Nel dramma, la pandemia ha insegnato che molti degli spostamenti che segnavano le nostre giornate sono inutili. Una quota consistente di lavoratori italiani, otto milioni di persone, può svolgere i propri compiti anche da casa. Questo è un calcolo che facemmo alcuni mesi fa: se solo i tre milioni di dipendenti pubblici si recassero in ufficio a giorni alterni, in un anno si risparmierebbero due miliardi e 400 milioni di chilometri oltre a parecchi soldi che rimarrebbero nelle tasche degli impiegati. Fra pedaggi, manutenzione del veicolo, la spesa a testa è di 330 euro per un totale complessivo di un miliardo e 100 milioni di euro. Senza dimenticare le 330mila tonnellate di CO2 emesse. Un trasporto pubblico capillare e accessibile, assieme alla micro-mobilità fatta di biciclette, monopattini e auto in sharing, aiuterebbe a cogliere questa occasione ridimensionando il ruolo così ingombrante che l’automobile privata ha avuto dal dopoguerra ad oggi. 

Riciclo

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I benefici di un trasporto pubblico gratuito, tutti ancora da quantificare caso per caso, secondo alcuni studi compiuti fra gli altri anche dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sarebbero di uno a tre. In pratica per ogni euro speso se ne guadagnerebbero tre grazie al risparmio dei privati, che non dovrebbero più usare così tanto il proprio mezzo, alla minore congestione delle strade e ai tempi di percorrenza ridotti. Ci sarebbero inoltre un impatto ambientale e sulla salute più basso, meno incidenti sulle strade, valorizzazione della città e conseguente crescita del prezzo degli immobili. Sono questi alcuni dei motivi che hanno spinto a febbraio il piccolo stato di Lussemburgo a passare al sistema “tariffa zero”. Il primo Stato in assoluto ad adottare una simile politica. Da ottobre 2022 anche Malta farà la stessa cosa.

I primi risultati dell’esperimento di Genova

“Meglio chiarire subito una cosa: il prezzo del biglietto copre un terzo del costo del trasporto pubblico in Italia, il resto è già pagato dallo Stato e quindi dai contribuenti”, ci spiega al telefono Marco Beltrami, presidente dell’Azienda Mobilità e Trasporti (Amt), compagnia pubblica fondata nel capoluogo ligure nel 1895. “Ora però a Genova è nata la volontà da parte dell’amministrazione di rendere la città più attrattiva e a misura d’uomo, offrendo un servizio diverso capace di aiutare non solo a ridurre il traffico ma anche a stimolare gli spostamenti in fasce orarie diverse rispetto a quelle di punta”.
 

La sperimentazione è partita il primo dicembre e si concluderà il 31 marzo. Riguarda gli impianti verticali e la metropolitana, ma quest’ultima solo in certe fasce orarie. Dunque ascensori, funicolari e cremagliera sono gratuiti tutti i giorni della settimana senza limiti di orario, mentre la metropolitana lo è dalle 10 alle 16 e dalle 20 alle 22.
 

“L’obiettivo è capire se così facendo attireremo nuovi passeggeri persuadendo le persone a lasciare a casa l’auto o la moto e a muoversi evitando i picchi del mattino o del tardo pomeriggio – prosegue Beltrami – abbassando da un lato le emissioni di CO2, per ridurre dall’altro gli ingorghi, i tempi di percorrenza e cambiare gli orari della città stessa. Fermo restando il piano d Amt di passare completamente ai mezzi elettrici su tutta la rete entro il 2026, questa sperimentazione quindi è una scelta strategica da parte del comune, che ha una logica ben precisa”.
 

Nel primo mese di sperimentazione nella metropolitana genovese, specie nelle fasce orarie gratuite, i passeggeri sono aumentati di oltre il 15%. Lo stesso è accaduto anche su ascensori e funicolari. Bisognerà però aspettare gennaio e febbraio, senza l’effetto del Natale, per capire come stanno andando davvero le cose. Dai biglietti la Amt ottiene 66 milioni di euro e ne spende il 10% per la struttura di vendita e per i controlli a bordo. La sperimentazione di questi quattro mesi, che non comprende tutte le linee, costerà alla fine 600 mila euro circa di mancati incassi. Se divenisse un sistema valido su tutta la rete per tutto l’anno, bisognerebbe coprire quei 66 milioni in altro modo e la prima cosa che viene in mente è una tassa regionale, sperando che l’indotto e i benefici siano molto maggiori e soprattutto ben evidenti alla cittadinanza.

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La città che potremmo avere con metà delle auto in circolazione

La grande convinzione collettiva legata all’era dell’automobile è che non ci siano alternative e che l’occupazione delle strade da parte delle auto in sosta sia il paesaggio normale della nostra quotidianità”, commenta Elena Granata, professoressa di urbanistica al Politecnico di Milano che ha recentemente pubblicato il saggio dal titolo Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo. “Da quasi un secolo ci siamo abituati ad una spazialità che non è per noi ma è dedicata alle auto. Questa centralità dello spazio occupato dalle automobili è identica sia con i modelli a benzina sia con quelli elettrici. Cambia la tecnologia e certamente cambia l’impatto sull’ambiente, ma non si modifica l’immaginario urbano. Cominciamo invece ad immaginare cosa accadrebbe se riducessimo della metà le automobili. Potremmo ad esempio recuperare spazi di qualità tra le case, liberati per la vita delle persone”.

La mossa del Lussemburgo

In Lussemburgo il trasporto pubblico gratuito era nel programma di tutti i maggiori partiti alle elezioni del 2018 e dal primo marzo 2020 è diventato una realtà: consentito l’uso di tutti i mezzi nell’intero Paese senza alcuna restrizione o distinzione. Resta a pagamento solo l’accesso alla prima classe dei treni.
 

Il progetto è presentato come una misura sociale: più soldi nei portafogli dei cittadini che hanno reddito basso, relativamente parlando trattandosi dello Stato che in fatto di prodotto interno lordo (pil) pro-capite non è secondo a nessuno, e conseguente redistribuzione delle risorse dato che il sistema è finanziato in proporzione dai contribuenti con maggiore capacità di spesa.
 

Il tutto fa parte di una strategia più ampia, chiamata Modu 2.0 e messa a punto nel 2017, che per il 2025 vuole arrivare a ridurre la congestione nelle ore di punta, aumentare la sicurezza stradale, l’inclusione, la qualità dell’aria, la decarbonizzazione, migliorare la pianificazione territoriale. Il fatturato annuo delle vendite di biglietti in Lussemburgo era di 41 milioni euro l’anno, meno di Genova quindi. Si trattava di circa l’8% dei costi annuali del trasporti pari a 500 milioni di euro.

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Quando Tallin decise di cambiare strada

Se il Lussemburgo è il primo Stato, e Malta sarà il secondo, fra le grandi città Tallinn in Estonia è dal 2013 che offre ai 420mila residenti la possibilità di spostarsi come vogliono e quando vogliono acquistando la “carta verde” da 2 euro. La tessera dà accesso a 70 linee di autobus, quattro di tram e cinque di filobus. Con un risultato apprezzabile che però non può certo passare per una rivoluzione: la riduzione del traffico è stata di 14 punti percentuali.
 

Bisogna però guardare allo stato delle cose prima del 2013. Secondo un’analisi realizzata del Royal Institute of Technology di Stoccolma alla vigilia dell’introduzione della “tariffa zero” a Tallin, la quota dei tragitti con i mezzi pubblici nella capitale estone era diminuita drasticamente nel corso dei vent’anni precedenti. Nel 2012 erano il 40%, seguiti dallo spostarsi a piedi (30%) e dall’auto privata (26%). In quello stesso lasso di tempo il tasso di motorizzazione era più che raddoppiato arrivando a 425 auto per mille residenti. La tendenza era chiara e l’amministrazione comunale decise di cambiare rotta prima che fosse troppo tardi. La scelta è stata sottoposta alla cittadinanza attraverso un referendum popolare passando con oltre il 75% di voti favorevoli a fronte però di una partecipazione di appena il 20% degli elettori.

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Non è solo un problema di gratuità del biglietto

In precedenza, c’erano stati altri due casi rilevanti, il primo dei quali è il progetto pilota del 1978 nella contea di Mercer, New Jersey, negli Stati Uniti. Escludendo le ore di punta, vennero aboliti i biglietti per 13 linee. Ciò comportò un aumento medio del 20% del numero di passeggeri che nelle fasce non di punta superò il più 50%. Curioso che i due terzi di questa crescita arrivarono dopo che il progetto pilota si era concluso. Furono soprattutto le generazioni più giovani a scoprire di poter fare a meno dell’automobile e a mantenere questa abitudine anche a fine sperimentazione.
 

Ma il caso più noto, anche perché su scala ampia, è quello del 1996 di Hasselt, cittadina belga da 70mila abitanti. Il sistema di trasporto pubblico, relativamente piccolo, non solo divenne gratuito per tutti, anche ai non residenti, ma fu in primo luogo potenziato: le dimensioni della flotta aumentò di cinque volte. L’utenza crebbe così di ben dieci volte con il 37% dei viaggi compiuti da utenti che prima usavano i propri mezzi.

A guardare il caso belga vien da dire che pagare o meno il biglietto è solo un pezzo del puzzle. Il vero punto è la capillarità del trasporto pubblico e la sua efficienza. Si lascia a casa la propria vettura quando è più facile e veloce usare tram, bus o metro. Questo è vero per città come Tokyo, Londra o Parigi, che hanno tutte una rete della metropolitana particolarmente estesa, ma lo è anche per Gerusalemme, dove i tram hanno vissuto una nuova primavera quando sono state adottate alcune misure capaci di ridurre i tempi di percorrenza.

I tram di Gerusalemme tornati di moda grazie all’intelligenza artificiale 

I convogli della linea rossa, poco meno di 14 chilometri e 23 stazioni, da capolinea a capolinea a partire da aprile del 2021 impiegano il 47% di tempo in meno rispetto al passato. Mezz’ora invece di un’ora. Assieme alla linea gialla e a quella verde, la Jerusalem Light Rail ha visto così crescere i passeggeri di quattro volte e ha potuto allo stesso tempo ridurre il numero di tram perché ne servono meno procedendo molto più spediti. Il miracolo è stato rivendicato dalla compagnia Axilion, che ha messo in collegamento il sistema di semafori con la visione e l’intelligenza artificiale (Ai) delle videocamere Azure Kinect di Microsoft montate su tram e semafori. E il risultato è notevole, considerando che non è stato necessario alcun intervento pesante sulle infrastrutture.
 

“Le videocamere sono fornite di gps, connesse alla rete dati e installate su tutti i mezzi della linea”, spiegò a suo tempo Oran Dror, 50 anni, cofondatore di Axilion. “Le camere analizzano il flusso di macchine e di pedoni sincronizzando tutto il sistema di semafori così che i mezzi pubblici abbiano sempre il verde ma senza intasare le aree circostanti”.
 

Per ogni linea servono circa cento apparecchi che costano 350 dollari l’uno, oltre a quelli montati sui 273 semafori della città per dare la priorità al traffico ferroviario leggero, più la spesa per la gestione e per il servizio cloud di Microsoft. L’esborso complessivo per una sola linea è di quattro milioni di dollari, con un risparmio di 600 milioni nei primi tre anni. Questo perché ci sarebbe una decrescita del 28% dell’energia necessaria per far funzionare i tram, essendoci meno frenate e ripartenze, 100mila tonnellate di CO2 non emesse in un anno e passeggeri quadruplicati.
 

Proiezioni tutte da confermare e non è affatto detto che accadrà. La Axilion, sbarcata in borsa a fine 2020, dopo una fiammata iniziale del 2.000% ha cominciato a perdere terreno arrivando ad un vero e proprio crollo quando si è saputo che i progetti di espansione ad Aspen negli Stati Uniti e a Rheims in Francia erano stati bloccati. Resta però un dato, al di là delle sorti della startup israeliana: il quadruplicare dei passeggeri quando il trasporto pubblico diventa efficiente e più veloce. Quando in pratica si arriva prima e si arriva ovunque, come insegna anche il boom di passeggeri ad Hasselt in Belgio una volta che la rete è stata potenziata oltre che resa gratuita.
 

“Non c’è un rapporto diretto fra il pagare il biglietto e l’efficienza di un servizio“, aggiunge Marco Beltrami, presidente dell’Amt di Genova. “Se quel costo arriva in altro modo un trasporto pubblico affidabile è comunque possibile. E quando non lo è, il problema non sempre è riconducibile al prezzo più o meno basso del biglietto”.

Lo spettro dell’inefficienza

In Italia le città nelle quali si usa di più in trasporto pubblico sono Milano, Genova, Torino, Napoli, Venezia e Roma. Prima della pandemia i cittadini che lo usavano arrivavano al massimo al 38%, è il caso di Milano, per scendere sotto il 5% a Catania, almeno secondo il rapporto MobilitAria 2018 redatto dal Kyoto Club e dal Cnr-Iia (Istituto sull’inquinamento atmosferico). Nell’edizione del 2020, fotografando la situazione dell’anno precedente, la mobilità in Italia era per il 62,6% su mezzi privati, per il 12,2% su mezzi pubblici e per il 25,1 attraverso modi e sistemi non motorizzati, dalla bicicletta all’andare a piedi.
 

Lo spazio per crescere il trasporto pubblico lo avrebbe, se non fosse che la pandemia ne ha ridotto molto l’utilizzo per paura dei contagi facendo tornare ingorghi e traffico per l’uso massiccio delle vetture e il richiamo in ufficio, del tutto insensato, dei dipendenti pubblici e di una parte di quelli del privato. Proprio quando avremmo invece potuto sfruttare il cambiamento delle abitudini imposte dalla pandemia per puntare ad un modo completamente diverso e molto più sostenibile di guardare alle città e al trasporto.
 

La realtà è che non esiste un’unica soluzione“, sottolinea Musso. “Bisogna per forza introdurne diverse e su tre fronti:
 

In tutto ciò, il trasporto pubblico può giocare un ruolo importante, anche in sinergia con la micro-mobilità, ma perché si riesca a cambiare le abitudini delle persone, agli incentivi come l’eliminazione del biglietto bisogna anche aggiungere tragitti più veloci, una rete ramificata e mezzi confortevoli.

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L’impossibile possibile

In fondo negli ultime due anni le nostre città sono già cambiate molto, in maniera che nessuno credeva possibile prima“, conclude Elena Granata. “Con la pandemia bar e ristoranti hanno occupato marciapiedi e strade per ospitare tavolini e spazi di ristoro. Qualcuno si è lamentato che si è ridotto lo spazio per le auto? No. L’emergenza ha fatto prevalere un altro uso della strada e ha fatto riscoprire a tanti il piacere di mangiare all’aperto. In Inghilterra il programma Playing Out coinvolge più di 500 vie: consente alle famiglie di giocare in strada, prenotando la chiusura temporanea al traffico di piccole arterie. A Pontevedra in Spagna l’amministrazione ha chiuso il centro urbano alle auto investendo in spazi pubblici, verdi e sicuri per il gioco dei bambini. Da noi lo spazio dedicato alle auto in sosta potrebbe consentire programmi di piantumazione mirati alla mitigazione del surriscaldamento urbano. Non è un tema solo di moda. L’aumento delle temperature sta spingendo molte amministrazioni a depavimentare (togliendo asfalto che crea calore) e riforestando ampie zone urbane. Così a Parigi, così a Bogotà. Perché non possiamo farlo anche noi?“.
 

Insomma, c’è ancora molto da fare e il trasporto pubblico gratuito è solo una delle mosse possibili. Ma c’è una buona notizia: ci si può mettere all’opera su soluzioni del genere già da domani, senza aspettare di avere colonnine per la ricarica sotto tutte le case. 



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