Erri De Luca al Salone del Libro 2023: “La speranza è nei ventenni”

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Erri De Luca ad Arena Robinson presenta Le regole dello Shangai, il suo ultimo libro pubblicato da Feltrinelli. Una conversazione, con Gian Luca Favetto, che racconta la storia poliedrica di un uomo, De Luca, che scrive da sempre, a mano. “Ho cominciato a scrivere perché mi sarebbe piaciuto scappare. Prima ho cominciato a leggere: i libri di mia madre, di mio padre, erano in una stanza silenziosa di una città che non dormiva mai. Napoli è una città che non chiude mai e io invece, per temperamento, volevo chiudere. Forse sarei dovuto nascere in un fiordo norvegese invece che in un vicolo napoletano”. “Il primo libro me lo ha letto mia madre quando avevo la scarlattina – racconta – erano I Tre moschettieri che ho scoperto presto fossero quattro. E in quel momento ho capito che la letteratura e l’aritmetica non vanno tanto d’accordo. Il primo libro che ho letto era un romanzo di Vasco Pratolini: Via dei Magazzini”.

L’esattezza per De Luca è nella parola. “Quella giusta, quella adatta a quel personaggio. Io scrivo da dentro la storia e quando acciuffi la voce devi solo stare ad ascoltarla. Quando scrivo una storia, la storia si muove e io sento che mi scappa da tutte le parti e mi piace che sia più grande della mia capacità di contenerla. Per l’esattezza delle parole, sono utilissime le parole crociate. Io le faccio ogni settimana, il giovedì per me è un appuntamento fisso”.

Erri De Luca si sveglia all’alba e legge l’Antico Testamento in ebraico. “Mi serve un attrito che accenda la mia mente – dice De Luca – ho studiato l’ebraico perché volevo capire com’era questa lingua che aveva scacciato tutte le altre divinità in un Mediterraneo che era pieno di divinità. Sant’Agostino si chiedeva in che lingua ha parlato la divinità: ovviamente non lo sappiamo, ma sappiamo qual è la lingua che l’ha scritta per la prima volta, l’ebraico antico. Ho cominciato a studiarlo in Africa, dove facevo il volontario”.

De Luca si interroga sul presente e ripone tutta la sua fiducia nelle nuove generazioni. “I ragazzi di oggi, quelli che hanno meno di vent’anni, salgono sui tetti e prendono una posizione panoramica sul futuro della specie e della natura: hanno una visione, un’immagine dal futuro. Gli adulti sono troppo invischiati nel presente e non riescono nemmeno a gestirlo. Questi flussi migratori che vengono trattati come emergenza sono la cosa più normale del mondo: questa è incompetenza e impraticabilità delle cose del presente. I ragazzi guardano oltre”.

De Luca, da quando è scoppiata la guerra, ha comprato un furgone e ha fatto dodici viaggi fino all’Ucraina per portare le cose che servono. “Questo noi possiamo fare, il lavoro delle gocce. Ma nel deserto nessuna goccia va sprecata”.

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