Europei, le 5 ansie dell’Italia

Pubblicità
Pubblicità

Non è Nazionale se non c’è pepe. L’Italia di tutti, buonista, dell’amicizia, degli abbracci, delle Notti Magiche, del prego vai pure avanti tu, del gioca lui o io fa lo stesso, del titolare o panchina è uguale, del siamo tutti una famiglia, del prima di tutto la squadra, dell’Eden covercianese, della perfezione, l’Italia dell'”Italia chiamò…” insomma, è bellissima ma anche falsamente iconica e facente parte del mondo delle favole. Poco autentica, non parte del calcio bollente di un Europeo.

  Col sano proposito dunque di tirar fuori la Nazionale dalle trappole di “Alice in Wonderland” proviamo a seminar zizzania in azzurro, per tenere l’Italia ancorata al mondo del reale e dunque ben presente a se stessa.

  1. Troppo entusiasmo – C’è realmente troppo entusiasmo, o meglio un trionfalismo fuori luogo. La Nazionale di Mancini ha giocato bene, è stata probabilmente la migliore dell’Europeo, ma riciclare già le “Notti Magiche” di trenta e passa anni fa, dopo appena tre partite, e un girone agevolmente vinto è fuori luogo. È facile abbandonarsi alla felicità dopo il fallimento mondiale di tre anni fa e due anni di oscurità e malattia, ma il calcio ha una sacrosanta, trapattoniana regola di governo: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. La scaramanzia è un regresso dell’uomo pagano e medievale. Ma nel calcio i più evoluti e razionali individui guardano l’Italia con una testa d’aglio sopra il televisore. Come direbbe Jannacci, “ci vuole orecchio”.
  2. Il dualismo Locatelli-Verratti – Se abbiamo davvero una bella Nazionale dovrà esserlo sia che giochi Verratti, sia che giochi Locatelli che ha messo in dubbio il posto da titolare per il ragazzo del Paris Saint German. Per quanto bravi entrambi, per quanto Locatelli sia più dinamico e Verratti più geometrico, per quanto potrebbero persino giocare entrambi e far uscire qualcun altro, non può esistere un’Italia che si faccia consumare dal dubbio “meglio Verratti o Locatelli?”. Comunque lo risolva Mancini, difficilmente andremo avanti o usciremo per esclusivo merito o colpa di questa scelta. Francamente non siamo al punto di Rivera o Mazzola.
  3. Oltre l’Austria – C’è già chi parla di Belgio a Monaco di Baviera, o di altri al posto del Belgio. Addirittura si sono fatti discorsi su biscotti e se non sarebbe stato più agevole arrivare secondi nel girone. Guardare oltre l’Austria non va bene, non si fa. Per i motivi precedenti, perché illude il gruppo, perché gli toglie concentrazione, perché gli fa sottovalutare il prossimo avversario. Perché il calcio, secondo trito ma anche sacrosanto luogo comune, è un passo alla volta. E dunque Alaba e Arnautovic, chisseneimporta ora di De Bruyne e Lukaku. Non è sano. Per chi preferisce, va bene anche un classico: testa bassa e pedalare.
  4. Zero gol subiti – Che Pozzo fosse stato imbattuto per 30 gare consecutive della Nazionale anni ’30 non lo sapeva nessuno. Lo si è saputo quando Mancini ha portato l’Italia di oggi allo stesso traguardo. Ci sono record che hanno senso e addirittura “esistono” solo se sono legati a trionfi e vittorie storiche. Pozzo è passato alla storia per 2 Mondiali e un oro olimpico, non per le 30 partite da imbattuto. Serve dare sostanza ai record. Senza contare che più i record si allungano – come quello degli zero gol subiti (1055′ minuti di imbattibilità) nelle 11 vittorie consecutive – più diventano ossessivi e suscitano ansia. Oddio, abbiamo preso gol e ora che si fa?  Rischiamo di non avere la reazione giusta per un evento che nel calcio è quasi la normalità. Nessuna paura di prendere un gol. A Zeman ad esempio non importerebbe assolutamente nulla.
  5. Addio Roma – Un saluto a Firenze, ai comfort della casa azzurra e dei campi perfetti di Coverciano, un saluto all’ affezionato Olimpico, al primo accaldato pubblico che dopo la pandemia ha incitato la nazionale, addio a Roma, addio all’albergo ai confini di Villa Borghese dove gli azzurri hanno cantato “Notti Magiche” dopo aver battuto il Galles. Addio al Frecciarossa Termini-Campo di Marte, due ore di viaggio in tutto, tragitti in pullman compresi. Addio al trattamento di favore che ci è stato riservato fino ad oggi, mentre altri hanno dovuto fare i globe trotter (vedi le avversarie del nostro girone sbattute tra Baku e Roma, o quelle del gruppo E tra San Pietroburgo e Siviglia). Addio “comfort zone”, si comincia a fare sul serio. 

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *