Europei U19, stasera la finale Italia-Portogallo. Perché la Nazionale maggiore non riesce a sfruttare i buoni risultati giovanili

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L’Italia a due velocità. Esiste una Nazionale – quella “baby”, rappresentata dall’Under 20 e dall’Under 19 – che gioca due finali nel giro di un mese: ai Mondiali in Argentina i ragazzi di Nunziata si sono arresi solo in finale all’Uruguay; domenica sera quelli di Alberto Bollini sfidano il Portogallo per tornare a vincere l’Europeo di categoria. L’ultima volta, nel 2003, sempre contro il Portogallo, tra gli azzurrini in campo c’erano Chiellini, Aquilani e Pazzini. Poi c’è l’Italia dei “grandi”: l’Under 21 – otto su undici titolari in Serie A – non ha superato la fase a gironi degli Europei, mentre la Nazionale maggiore allenata da Mancini, che nel 2022 ha guardato i Mondiali dal divano per la seconda volta di fila, è stata fermata dalla Spagna nella Final four della Nations League.

Nazionale, i grandi vincono meno. Mancano i talenti?

Da Casadei a Desplanches, rispettivamente Pallone e Guanto d’oro ai Mondiali U20, passando per Vignato e Hasa, due dei protagonisti agli Europei U19 in corso a Malta. Sono solo alcuni dei gioiellini che fanno sperare l’Italia del futuro, la dimostrazione di come il nostro Paese non abbia mai smesso di sfornare talenti. Ma questa non è certo una novità: i ragazzi dell’U21, presente e passata, hanno iniziato la loro scalata proprio dalle categorie minori della Nazionale. È il caso di Tonali, Zaniolo, Chiesa e tanti altri che oggi militano stabilmente nella massima serie dei rispettivi campionati. La crisi di risultati dell’Italia non dipende quindi dall’assenza di qualità.

U21, ecco dove si infrange il sogno azzurro

All’Europeo U21 otto degli undici titolari nell’esordio contro la Francia hanno giocato da titolari in Serie A la scorsa stagione. Senza contare i subentrati Parisi, Colombo e Miretti, ma anche Gnonto, che pure è stato titolare, anche se in Premier League. Non si può dire lo stesso delle due finaliste, la Spagna e l’Inghilterra, vincitrice del torneo. Soltanto 3 dei 22 giocatori scesi in campo a Batumi, lo scorso 8 luglio, hanno giocato da protagonisti nella Liga o in Premier League 2022/23. Perché questa differenza? Perché a vent’anni, se vali, all’estero entri a far parte della Nazionale maggiore e i club più importanti credono su di te investendo soldi e creandoti spazio tra i titolari. Ne sono esempi Gavi, Rodri, Bellingham. Da noi no, il passaggio tra i grandi è più macchinoso e spesso il meccanismo si inceppa senza che un meccanico si preoccupi di aggiustarlo. 

La grande differenza è proprio questa. Salva l’eccezione di Baldanzi – titolare ai Mondiali U20 e protagonista con la maglia dell’Empoli – pochi dei ragazzi dell’U19 e dell’U20 hanno maturato un’esperienza costante tra i professionisti, mai nella massima serie. Si tratta di Casadei del Chelsea, che ha giocato in Championship con la maglia del Reading, Prati della Spal, Ambrosino del Napoli e Giovane dell’Atalanta, che in Serie B hanno vestito rispettivamente la maglia del Cittadella e dell’Ascoli. Poi c’è Turicchia, che è sceso in campo in Serie C con la Juventus Next Gen. Il resto dei protagonisti delle Nazionali baby ha giocato al massimo nel Campionato primavera. Per questo, salendo di categoria ma avendo maturato meno esperienza rispetto ai calciatori stranieri, il livello si amplia così tanto da diventare incolmabile. Contro il Portogallo i ragazzi di Bollini hanno l’occasione per dimostrare a Mancini di poter contare su di loro. Fin da subito, però.

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