Fast Animals and Slow Kids al Concertone: “Tornare sul palco e sentire il rumore dei tecnici quasi uno shock. Ma abbiamo imparato a non fare programmi”

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Cinque album alle spalle (l’ultimo dei quali, il bellissimo Animali notturni, è senza dubbio uno dei migliori italiani usciti negli anni 2000), una lunghissima serie di concerti in tutta Italia, anni di esperienza e di attività senza sosta, hanno reso i Fast Animals and Slow Kids una band matura, capace di sperimentare così come di far divertire chi ascolta, libera dalle costrizioni dei generi e sempre pronta a cercare nuovi stimoli.

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E in questo caso, quello del Concertone del Primo Maggio nel quale presenteranno il loro nuovo singolo, lo stimolo li ha portati a immaginare una collaborazione inedita, quella con Willie Peyote, con il quale hanno da poco pubblicarlo Cosa ci direbbe. “E una bella collaborazione, nata proprio dell’amicizia con Willie nel concerto del Primo Maggio dove ci siamo conosciuti”, dice il cantante Aimone Romizi, “è stata la prima persona a cui abbiamo pensato quando abbiamo scritto questo brano. Sentivamo che al pezzo serviva un’altra voce che spiegasse il senso del pezzo e lo rendesse meno criptico. Noi siamo astrattismo puro, invece Willie è riuscito in poche parole a spiegare perfettamente tutto il significato della canzone”.

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Non vi bastavate più come band?
“No, al contrario, ci bastiamo moltissimo, siamo una band, viviamo come una band, pensiamo come una band. Ma, dopo tanta strada, sentivamo di avere bisogno di confrontarci con qualcuno diverso da noi e pensavamo di avere le spalle abbastanza larghe per poterlo fare. Singolare è, semmai, che noi ci siamo aperti nel momento di maggior chiusura mondiale”

Questa esibizione al Concertone con un nuovo singolo, è un segno di buona speranza per il futuro…
“Si, la speranza che abbiamo da più di un anno è quella di andare a suonare. Ma se c’è una cosa che ci ha insegnato questa pandemia è non fare programmi. Se si potrà tornare in concerto riprenderemo subito, sennò aspetteremo ancora, accetteremo quello che ci si presenterà davanti, la quotidianità, e continueremo a fare quello che serve perché le cose migliorino il più rapidamente possibile”.

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Come avete preso lo stop e la chiusura, come un momento di sofferenza o di tranquillità creativa?
“All’inizio l’abbiamo presa come un bene, avere tempo e modo di fare altro, poi alla lunga è inevitabile che diventi un male, sotto tanti punti di vista. Musicalmente la distanza, per assurdo che possa sembrare, ha inaugurato per noi nuovo tipo di creatività, più condivisa”.

Com’è stato tornare sul palco per il Primo Maggio dopo tanto ‘silenzio’?
“Già soltanto le prove sono state scioccanti, eravamo abituate a farle davanti a 40000 persone e adesso, invece abbiamo visto una platea vuota. Ma l’emozione di tornare sul palco è stata enorme: mentre parlavamo c’era la musica sotto, e i rumori dei tecnici che lavoravano, qualcosa che non sentivamo da troppo tempo e che invece in tour ti accade sempre, è stato scioccante. Ma è stato anche bellissimo vedere tutti lavorare di nuovo insieme, erano tutti carichi, con tanta voglia di ricominciare. E molto amore per tutti”.

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Avete preparato altre canzoni nuove, state lavorando a un nuovo album?
“Abbiamo scritto e preparato tanta roba in questi mesi, che vorremmo mettere all’interno di un nuovo disco. Che sarà il proseguimento del nostro discorso, quello che abbiamo portato avanti negli album precedenti. Musicalmente sarà più vicino ad Animali notturni, proseguiremo su quella strada, arricchendola di molti elementi nuovi. Abbiamo avuto tempo per lavorare in maniera diversa e, non c’è niente da fare, se hai tempo le cose vengono meglio, puoi aggiungere, cambiare, correggere. La velocità alla quale eravamo abituati a lavorare non ci permetteva di fare alcune cose, pensare di più agli arrangiamenti, lavorare i testi facendo attenzione alle singole parole. E’ un insegnamento che dobbiamo riuscire a portare con noi nel futuro”.

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Quindi state pensando a un album, non a fare dei singoli come vorrebbe il mercato…
“Noi siamo una band che ragiona alla vecchia maniera, ci piace fare i dischi e suonare dal vivo. Poi, con un passo di birre ogni tanto, possiamo andare avanti. Facciamo album quando è il momento giusto di farli. Ora è tutto più complicato, perché fare uscire un disco senza suonare dal vivo per noi è strano, ci sembra di ‘sprecare’ la musica, è come avere buttato un’occasione. Facciamo i dischi per suonarli dal vivo e suoniamo per fare i dischi che ci permettono di fare i concerti…questo blocco totale quindi un po’ ci ammazza. Continueremo a lavorare al disco e lo tireremo fuori quando sapremo che c’è un tour, per poter dimostrare che quello che stiamo suonando è la nostra stronza vita”.

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