Fedriga: “Torniamo ai 4 colori Se i ristoranti sono pericolosi deve essere uno studio a dirlo”

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TRIESTE – Allentare il rigore e accelerare sui vaccini. Il governatore del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, lo ripete da giorni. Convinto che alternare il rosso e l’arancione a oltranza, in tutto il Paese, non avrà più senso, dove l’incidenza dei contagi inizierà a calare.

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Presidente, zona gialla bandita per tutto aprile: la previsione non piace alla Lega. Neppure a lei?
«No, che non va bene. Noi proponiamo di tornare ai quattro colori nel rispetto dei parametri che ogni territorio presenterà. Se tra qualche settimana ci saranno le condizioni per il giallo, non vedo perché non farlo. Lo ha detto lo stesso ministro Speranza: la colorazione ha funzionato bene».
Ma ci sono paletti che sbarrano la promozione, come l’incidenza settimanale.
«Ed è appunto il parametro, quello dei 250 casi ogni 100 mila abitanti, che chiediamo di eliminare. Perché il risultato è che invece di premiare, finisce per penalizzare chi fa più tamponi».
In che senso?
«In Fvg il virus circola ancora molto ma riusciamo a rilevarlo perché facciamo moltissimi tamponi. L’obiettivo è trovare e isolare i positivi. Ma questo non deve ritorcersi contro il territorio. È chiaro che se riducessimo lo screening, crollerebbe anche l’incidenza».
Oggi incontrerà il premier Draghi. Cosa porterà al tavolo del confronto?
«Ho pronte tre proposte. Oltre al ripristino dei quattro colori e alla cancellazione del parametro dell’incidenza, insisterò affinché si metta mano a uno studio serio sui rischi reali che l’apertura delle varie attività economiche comporta. Non si può pensare di chiudere tutto a prescindere e pretendere che il Paese sopravviva comunque. È passato un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria ed è ora che qualcuno spieghi quanto l’apertura di un teatro, piuttosto che di una piscina o di un ristorante, aumenti la diffusione del virus».
Quanto è preoccupato?
«Moltissimo. Bisogna cominciare a dare speranza alla gente. Capisco i pericoli in una palestra con cento persone, non l’allenamento singolo con un personal trainer. Bisogna capire dove la riapertura risulta ininfluente».
Anche perché, intanto, i ristori non bastano neppure a pagare le bollette.
«Confido nel decreto di aprile e nelle maggiori prospettive che, con lo scostamento a disposizione, potrà dare».
L’unica cosa certa, in attesa del nuovo decreto, riguarda la scuola. È d’accordo con il ritorno in classe fino alla prima media anche in zona rossa?
«Sì, perché come Regione abbiamo sempre cercato di tutelare le lezioni in presenza dei più piccoli, soprattutto per ridurre i disagi alle famiglie».
La campagna vaccinale ha avuto ritardi all’inizio. Esistono reali possibilità di canali alternativi di approvvigionamento?
«Non credo. Noi abbiamo sempre tenuto la porta aperta a più vaccini possibile. Ma con Draghi la politica è cambiata in Italia e in Europa. E questo è un segnale positivo. Il problema vero è il personale: a dicembre ci era stato promesso che sarebbe stato nazionale, e invece, purtroppo, abbiamo dovuto impiegare quasi esclusivamente quello regionale».
Risultato?
«Lavorato il doppio, con lo stesso numero di persone: dal tracciamento, ai tamponi e ai vaccini».

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