Festa della Liberazione, quelle svastiche sul 25 aprile

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Quest’anno hanno giocato d’anticipo: le svastiche hanno iniziato a spuntare già da giorni. Le prime, due settimane fa. Svastiche per sfregiare la storia e per marchiare d’infamia il 25 aprile e la sua vigilia. Svastiche come provocazione vandalica ma anche come segno del fanatismo ideologico: una strategia liquida asimmetrica per veicolare “messaggi”, per fare proseliti e attirare nuovi militanti. Svastiche, croci celtiche, scritte razziste che, da due anni con intensità sempre maggiore, come fosse una moda, compaiono su muri e lapidi. O a ricoprire manifesti e a imbrattare bandiere.

Anche quest’anno sulla Festa della Liberazione e i giorni che la precedono cala l’odio cupo dell’ultradestra: mani anonime marchiano con i simboli del Male luoghi e scritte nelle città. Genova, Ferrara, Roma, Gallarate, Genzano sono gli ultimi palcoscenici scelti da vandali o militanti neonazifascisti. Il caso più recente è accaduto l’altra notte a Genova, quartiere Sampierdarena: le bandiere dell’Anpi preparate per il 25 aprile al circolo di via Rolando sono state imbrattate con svastiche scritte a spray. A scoprirle alcuni volantari dell’Anpi che hanno denunciato l’episodio definendolo uno sfregio a Genova, Città Medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza

“Abbiamo già sostituito le bandierine imbrattate con le svastiche ma chiedo che, una volta identificati gli autori del gesto, siano applicate le leggi Scelba e Mancino, che puniscono con rigore questi atti”, dice il presidente di Anpi Liguria, Massimo Bisca. Chi ha messo a segno il blitz – indaga la Digos – ha lasciato “segni” anche su manifesti che ricordano la Liberazione affissi sulle vetrine di alcuni negozi in via Rolando. Un fatto simile in città era già accaduto a Campo Ligure, e lì l’Anpi ha portato una sua rappresentanza per ricordare don Andrea Gallo e il fratello Dino, capo partigiano. “Portiamo insieme ai sindaci di tutta la vallata un mazzo di fiori sulla tomba di Don Gallo”, aggiunge Bisca.

Quest’anno il primo episodio balzato alle cronache è avvenuto il 10 aprile a San Fruttuoso: una svastica e la scritta “Via gli stranieri all’Italia vota Salvini” sono spuntate sull’ingresso laterale della chiesa di Santa Sabina. A scoprirle, il viceparroco. Sulla bacheca dove vengono annunciati gli eventi settimanali. “Sono sconcertato – dice don Andrea Decrescenzo – la svastica non ci concilia con la croce di Cristo, il nostro Vangelo predica tutt’altro ed è lontano dalle politiche e dal messaggio sovranista”. Che i simboli nazisti sui muri si stiano moltiplicando lo spiega anche Luca Mastropeto, presidente della società sportiva della parrocchia. “Le svastiche nel quartiere di San Fruttuoso si sono moltiplicate, un segnale non buono che indica la radicalizzazione di un pensiero”.

Dalla Liguria alla Capitale. Il 13 aprile i volontari del quartiere Monti Tiburtini hanno scoperto, anche qui, svastiche e atti vandalici al parco “Andrea Campagna”, nella sede della Rete Civica Cittadinanza Attiva. Il giorno dopo la triste “sorpresa” è spuntata a Genzano: la porta d’ingresso della sede locale del Pd in via Garibaldi è stata danneggiata con croci celtiche e svastiche. Condanne anche da parte del centrodestra locale, che ha parlato di “azioni barbare e incresciose”.

Poi c’è stata Ferrara.  Da alcuni mesi sui muri della città appaiono svastiche e altri simboli che richiamano a manifestazioni d’odio. L’ultimo caso, tre giorni fa: sul muro di cinta dell’ex caserma Pozzuolo del Friuli, in via Scandiana, è apparsa una vistosa svastica dipinta con la bomboletta spray. Dice il consigliere comunale del Pd Mauro Vignolo: “Ci risiamo. L’identità è un valore costruito nel tempo, e lo abbiamo fatto insieme. Non è un dono naturale, non arriva dall’alto. È un dono sociale, che si conquista, è come gli altri ti vedono. L’identità di tutti noi ferraresi si allontana tantissimo da questa immagine”.

Non c’è stato bisogno di attendere l’intervento del Comune. Alle 14 infatti alcuni residenti della zona, indignati per quel simbolo d’odio disegnato nei pressi di palazzo Schifanoia, hanno impugnato anche loro una bomboletta spray e ricoperto l’immagine della vergogna. “Non potevamo tollerare che i passanti vedessero la svastica – raccontano le tre ragazze e il ragazzo impegnati nell’opera di ripulitura – è un insulto alla città e alla civiltà”. In gennaio, alla vigilia della Giornata della Memoria, le svastiche erano apparse sia sulla sede della sezione del Pd ‘Lio Rizzierì a Porotto, sia sui muri della succursale della scuola ‘Cosmè Turà del Barco. In quel caso, accompagnate da altri simboli altrettanto espliciti: croce celtica e aquile imperiali che richiamano l’iconografia neofascista. Poche settimane più tardi, altre svastiche sui muri delle scuole di Porotto.

Un caso a sé, è quello di Gallarate. Non perché i simboli siano diversi. Ma perché in provincia di Varese in occasione dell’anniversario della nascita di Adolf Hitler sono tristemente consueti, da anni, i simboli che richiamano il Terzo Reich. Martedì 20 aprile in via Raffello Sanzio, vicino al casello autostradale di piazza Francesco Buffoni, è stata scoperta la scritta “20.04.2021: mille anni di Hitler”. Nella zona sono ancora attivi i neonazisti della Comunità militante dei Dodici Raggi. Tra i diversi episodi, concerti nazirock, raduni con anche gruppi provenienti dall’estero, le cronache giudiziarie ricordano l’esibizione, in una birreria di Buguggiate, nel 2007, dei “99 Fosse”: indagò la Digos, perché la serata fu accompagnata da frasi inneggianti al Fuhrer. Processo prescritto.

Alla viglia di questo strano 25 aprile, il secondo nella stagione della pandemia, torna in mente quel che successe, e che raccontammo, l’anno scorso: le svastiche sulle porte di casa di ex deportati e sopravvissuti alla Shoah, in Piemonte; la bandiera della Rsi issata fuori dallo stadio Bentegodi a Verona; le lapidi dedicate ai Martiri del Turchino, a Mele, nella galleria del Turchino – sempre a Genova –  sulla strada provinciale 456, e quella dedicata ai Combattenti partigiani di Ceranesi, furono imbrattate nella notte con tre svastiche. Un oltraggio ai partigiani uccisi nel 1944.

“È un fenomeno che monitoriamo costantemente” – dice il vicequestore Stefano Chirico, dell’Oscad, l’Osservatorio interforze per la sicurezza contro gli atti discriminatori istituito al Viminale nel 2010 – Al Viminale e le digos lo chiamano ‘effetto palla di neve’: “Più diffondi e più rendi visibile un simbolo – che in questo caso è un indicatore di pregiudizio molto significativo – più abitudine e assuefazione crei. Il non-estremista finirà per non scomporsi più di tanto. Mentre l’estremista si sentirà legittimato ad alzare il livello”. Il rischio, ovviamente, è quello dell’escalation. Che in effetti è cosa già in atto. In principio, nel 2019, fu il vergognoso show degli ultrà neofascisti della Lazio in trasferta a Milano per seguire la loro squadra impegnata contro il Milan. Alla vigilia del 25 aprile improvvisarono una parata in corso Buenos Aires, a pochi metri da piazzale Loreto, srotolando uno striscione inneggiante a Benito Mussolini e facendo i saluti romani. Il coronavirus era ancora sconosciuto, lontano dalle nostre vite. Ma un anno dopo, con l’esplosione della pandemia, un altro vergognoso fenomeno finì nelle cronache: i no vax che vanno in giro con una stella gialla cucita addosso, una stella che ricorda quella che indicava gli ebrei durante l’Olocausto. Usata, in questo caso, per polemizzare contro i vaccini, che sarebbero – secondo no vax e no mask – una forma di costrizione dittatoriale usata dallo Stato per controllare le persone. In questi giorni si sono rivisti in giro anche loro.

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