Fiducia al governo, cosa succede oggi. Draghi punta al record di consensi in Senato. Scendono i no grillini

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Oggi l’aula del Senato vota la fiducia al governo presieduto da Mario Draghi.

La giornata

Alle 10 il premier pronuncerà in aula il suo discorso programmatico. Poi seguiranno quasi sette ore di dibattito parlamentare, intervallate da varie sanificazioni. Dalle 20.30 cominceranno le dichiarazioni di voto dei gruppi mentre la votazione vera e propria comincerà solo a partire dalle 22.

Draghi punta al record di consensi

Passo dopo passo Mario Draghi cerca di portare a casa un altro risultato: la fiducia di Camera e Senato al governo che ha giurato sabato scorso nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E vista l’ampiezza della maggioranza dei gruppi parlamentari che hanno annunciato il sì, il via libera non è minimamente in discussione. Nonostante si voti il 17 febbraio. La partita, allora, sembra giocarsi solo intorno ad un quesito: riuscirà l’ex presidente della Bce a infrangere il record di consensi in un voto di fiducia parlamentare? Naturalmente quello di Draghi non è il primo governo che sarebbe sostenuto da una maggioranza ampia.

I precedenti: Ciampi e Monti

E allora si va a cercare negli annali. I primi governi di Alcide De Gasperi, per esempio. C’erano dentro tutti i partiti antifascisti, ma la fiducia la votava l’Assemblea costituente composta da 552 membri e quindi non si possono fare raffronti. Passano gli anni e si arriva ai governi della solidarietà nazionale. Ma in termini numerici si reggevano sull’astensione del Pci che non aveva ministri.

Si arriva al governo di Carlo Azeglio Ciampi. L’esecutivo nasce la mattina del 29 aprile 1993. Ci sono dentro quasi tutti, compresi il Pds, l’erede del Pci e i Verdi. Ma il governo non arriva al voto di fiducia. Nel pomeriggio, dopo dieci ore, la Camera nega l’autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi. Pds e Verdi si sfilano. Il governo Ciampi viene integrato e passa grazie dal voto di astensione di Pds e Verdi. Subito dopo arriva il governo di Lamberto Dini. Lo votano però i partiti del centrosinistra e la Lega, mentre il centrodestra si astiene. Rifondazione vota contro.

Alla fine Il record del consenso vero, voto su voto, è detenuto da Mario Monti, in sella dal 16 novembre del 2011 a 28 aprile del 2013. Il professore, fresco di nomina a senatore a vita, si presentò al Senato anche lui il 17 novembre, – gli economisti non sono superstiziosi – e ottenne 281 sì e 25 no al Senato. Alla Camera intascò il consenso di 556 deputati. Contrari appena 61. Un vero governo di unità nazionale. Curiosamente sia a Palazzo Madama che a Montecitorio nessuno, roso dai dubbi, si astenne.

I numeri di Draghi

Oggi Draghi parte dai 19 voti contrari di Fratelli d’Italia e dai 168 voti favorevoli di Pd, Italia Viva, Forza Italia e Lega. A questo vanno aggiunti sicuramente i 10 degli Europeisti, i senatori che erano accorsi in sostegno di Giuseppe Conte, e gli 8 autonomisti. Anzi 7 perché Pierferdinando Casini è a casa con il Covid. E siamo a quota 185.

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In calo il dissenso dei grillini

Mancano però all’appello in 92 grillini iscritti ancora al gruppo M5S del Senato. Con il loro voto Draghi arriverebbe a quota 273, ad un passo dal primato nazionale. Ma qui le cose si complicano e molto. Perché il Movimento Cinque Stelle è una pentola a pressione pronta ad esplodere. Barbara Lezzi dice no e così pure Bianca Laura Granato. Ma dopo la riunione dei gruppi di ieri sera, in cui il capo politico Vito Crimi ha chiarito che chi vota no è fuori dal Movimento, il dissenso sembra essersi contenuto. A conti fatti voti contrari a Palazzo Mamada non dovrebbero essere più di una decina e altrettanti domani alla Camera. Diranno sicuramente no i senatori Elio Lannutti, fustigatore delle banche,  e Matteo Crucioli, impegnato ormai a tempo pieno in una mortale tenzone con Beppe Grillo. Deve scegliere fra il no e l’astensione anche un altro senatore: Emanuele Dessì. Indeciso anche Nicola Morra.

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Si corre alle contromisure. Il presidente della Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia propone la “fiducia a tempo”. La concediamo, ma se non ci sta bene la ritiriamo.

Il variegato Gruppo Misto

Alla fine, però i voti dei grillini dissidenti potrebbero essere compensati da quelli dei senatori che sono iscritti al Gruppo misto: un luogo politico affollatissimo dove sembra di stare nel posto più sismico del mondo. Sono 21. Allora a favore di Draghi voteranno quelli di Azione e +Europa. Cioè Emma Bonino e Matteo Richetti. Un terzo aderente, Gregorio De Falco, è andato con gli europeisti responsabili. Poi ci sono quelli di Leu. La capogruppo del Misto Loredana De Petris, non ha seguito Sinistra Italiana nel no a Draghi. Poi ci sono quelli di Pierluigi Bersani: Vasco Errani, Pietro Grasso, Francesco Laforgia. Le due nuove arrivate dai grillini: Elena Fattori e Paola Nugnes, invece vanno con Nicola Fratoianni e Sinistra italiana e voteranno no. E siamo a 7.

Draghi potrà contare poi sui voti di Cambiamo, cioè i senatori che fanno riferimento al presidente ligure Giovanni Toti. Sono gli iscritti alla componente Idea-Cambiamo: Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Vittorio Berruti.  E i sì diventano 12. Ma saltando un attimo alla Camera si scopre che a Montecitorio la sigla di questa componente è diventata Cambiamo-Pp. Il mistero si svela quando viene alla luce che Gianluca Rospi e Fabiola Bologna erano insieme nella componente Popolo protagonista e adesso si sono trasferiti in Cambiamo.

Poi, nel gruppo totiano sono appena approdati da Forza italia Vincenzo Napoli, Guido Della Frera e Daniela Ruffino. Questa, dice, in fuga dal partito monarchico che è Forza Italia. Insomma, per farla breve, questo gruppo, alla Camera adesso conta 10 deputati, più di Leu e degli altri centristi, e si fa sapere che “difficilmente Draghi non potrà tenerne conto”. Tradotto: forse un sottosegretario ci spetta.

Tornando a Palazzo Madama nel Misto vagano ancora il senatore Lello Ciampolillo, sembra orientato per il sì, e chissà come voteranno, Luigi Di Marzio, Marinella Pa cifico e Tiziana Drago. Poi ci sono Sandro Ruotolo e Sandra Lonardo in Mastella che dovrebbero votare sì. Come Mario Monti. Proprio lui deve contribuire a demolire il suo record. Non si sa se sarà presente, come all’ultima fiducia, la senatrice a vita Liliana Segre. Sicuramente assente Giorgio Napolitano che fa comunque sapere che avrebbe votato sì.

Saranno sicuramente presenti, invece, pronti a dare battaglia, gli ultimi tre del Misto: Gianluigi Paragone, Michele Giarrusso e Carlo Martelli. Usciti, cacciati, espulsi dal M5S, hanno trovato riparo in Ital exit, un partito molto antieuropeista. Voteranno sicuramente no. Per il momento, in attesa di tempi migliori hanno creato una testa di ponte a Salbertrand, un paesino di 630 abitanti dell’alta Val di Susa: il sindaco Roberto Pourpour e la sua giunta comunale sono passati in blocco a ital exit. Il paesino, fra le altre cose è famoso per l’Hotel Dieu, un antico rifugio per i pellegrini che percorrevano la via Franchigena. L’antico ponte fra Roma e l’Europa.

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