Flash crash, un trader di Citi dietro il crollo improvviso delle Borse. E intanto Alibaba paga caro uno “scambio di persona”

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MILANO – C’è stato un errore di un trader del desk londinese di Citi, una delle maggiori banche d’affari americane, dietro l’improvvisa ondata di vendite che intorno alle 10 di lunedì 2 maggio si è propagata sui listini del Nord Europa e ha momentaneamente travolto anche altre Piazze, Milano compresa. Un “fat finger”, come si dice in questi casi: un dito troppo grasso che è finito per pigiare involontariamente il tasto sbagliato. Un fattore specifico che toglie poco alla riflessione su quanto siano elettrizzati i nervi dei mercati, in questo momento: è come se fosse precipitato un sasso in uno stagno carico di tensione, che ha smosso una serie di onde incontrollate. Difficilmente sarebbe difficile spiegare per quale ragione, a partire dal -8% registrato in pochi istanti dalla Borsa di Stoccolma, anche Milano sia arrivata a sfiorare il -4% salvo poi recuperare durante la seconda parte della seduta. Durante quel frangente, il listino rappresentativo degli scambi europei è arrivato a cedere il 3%, spazzando via qualcosa come 300 miliardi di euro di valore.

La stessa Citi, nella serata di lundì, ha preso una posizione ufficiale con l’agenzia americana Bloomberg: “Lunedì, uno dei nostri trader ha commesso un errore nell’immettere un ordine per una transazione”, la stringata spiegazione. “Nel giro di pochi minuti, abbiamo identificato l’errore e l’abbiamo corretto”, ha assicurato Citi. In precedenza, una portavoce di Euronext Oslo aveva parlato di verifiche di routine in corso sull’andamento degli scambi senza che siano emerse notizie in grado di spiegare l’accaduto. In una nota la società di gestione delle Borse di Svezia, Finlandia e Danimarca, ha attribuito la ragione a “una operazione di vendita da parte di un operatore di mercato”. “Dopo una revisione, Nasdaq non ha individuato ragioni per cancellare gli scambi realizzati durante questo evento”, ha spiegato. Alla fine della giornata, anche Stoccolma era rientrate in linea con gli scambi Ue per chiudere a -1,9%.

Come hanno raccontato a Repubbica alcuni protagonisti delle sale operative, durante la mattinata del “flash crash” (ovvero delle vendite improvvise e apparentemente ingiustificate) si sono diffuse voci su quanto potesse esser accaduto sul fronte ucraino: si è accreditato l’affondamento di due navi russe che avrebbe rappresentato una pericolosa escalation nel conflitto. L’aspetto più inquietante, ha riferito una fonte operativa sui mercati, è che è un po’ come se gli investitori stessero facendo le prove tecniche per uno scenario di guerra ancora peggiore, che potrebbe per esempio contemplare la possibilità che Mosca attacchi la Polonia. Come se fossero tutti all’erta, e in questi casi anche un forte colpo improvviso può far scatenare reazioni incontrollate e (a ben vedere) infondate.

I fenomeni strani sui mercati non si sono esauriti con la vicenda europea di lunedì. Nella notte successiva, è stata Alibaba a diventare protagonista suo malgrado di un crollo improvviso: durante le contrattazioni sulla Borsa di Hong Kong, è arrivata a perdere oltre 9 punti percentuali (bruciati circa 26 miliardi di dollari di capitalizzazione). Il motivo? La televisione di Stato CCTV ha riportato che le autorità di Hangzhou, la città dove si trova il quartier generale del colosso dell’e-commerce cinese, avevano adottato misure restrittive contro un tale “Ma”. Ovviamente il pensiero è corso al co-fondatore di Alibaba Group Holding, Jack Ma, e la notizia di un suo arresto poteva bene abbinarsi con la stretta che da qualche tempo Pechino ha imposto sul settore tech. E’ state necessaria una nota ufficiale della polizia per precisare l’esatta identificazione del cognome e far rientrare le vendite. Resta che la reazione dei mercati “mostra quanto sia debole il sentiment nel settore tecnologico”, ha commentato Willer Chen, analista di Forsyth Barr Asia, con Bloomberg: “Credo che il mercato sia un po’ troppo suscettibile”.

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