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“Francesca uccisa, sembrava un film”: il dolore del marito della dottoressa uccisa in Calabria. Oggi vertice sull’omicidio

SEMINARA (REGGIO CALABRIA) —«È morta subito, non ho potuto fare niente». Forse solo lo shock, il dolore, le ore passate sul ciglio di quella strada diventata trappola, accanto al lenzuolo bianco che copriva il corpo della moglie, la dottoressa Francesca Romeo, sfregiato dai pallettoni che le hanno portato via la vita, hanno in parte sgretolato la corazza di riservatezza che il dottore Antonino Napoli ha sempre indossato. Per quella ferita al braccio, aperta dallo stesso colpo che ha ucciso la moglie, è stato portato a Polistena, nel pronto soccorso in cui per anni ha lavorato. Paziente nelle stanze in cui per anni è stato medico, assistito e supportato da quelli che sono stati suoi colleghi. «Amici no, è sempre stata una persona molto riservata, come lo era la moglie, non avevamo rapporti fuori dal reparto», racconta la dottoressa Francesca Liotta, primario di Rianimazione e direttore sanitario di Polistena. «Quello che è successo angoscia tutti noi». È a lei che ha affidato qualche parola smozzicata: «Non capisco nulla, mi sembra un film». E le ha accennato ai progetti spezzati. «Era contenta Francesca, sarebbe andata in pensione fra poco. E invece vedi cosa succede?», masticava il dottore Napoli, mentre i colleghi lo medicavano, prima che inquirenti e investigatori lo interrogassero.

Di elementi utili non ne ha saputi dare. Dell’agguato in cui la moglie è stata uccisa, dei due colpi — il primo, a palla unica, andato a vuoto, il secondo a pallettoni che ha raggiunto Romeo alla testa — dice di non ricordare nulla. Anche di quell’uomo che deve essersi parato di fronte alla macchina per sparare non ha memoria. A chi più volte sabato lo ha ascoltato ha spiegato di non aver capito nulla di quanto stesse succedendo.
Solo quando ha visto il corpo della moglie riverso accanto a sé, avrebbe realizzato e subito chiamato i soccorsi che, da medico, sapeva già purtroppo inutili. Già oggi potrebbe essere riascoltato. Solo lui — si ragiona in sede investigativa — potrebbe fornire elementi utili. Al momento, non si può far altro che procedere a 360 gradi, cercando in telefoni e device, fra le liste dei pazienti e le cartelle cliniche di entrambi una traccia che permetta di capire in che contesto l’omicidio sia maturato. Un delitto anomalo.
Perché la dottoressa era persona specchiata, ma è stata uccisa in un agguato da boss. Perché in zona non si spara da tempo — il sangue fa rumore — ma quel delitto, dice la dinamica, è stato programmato e studiato prima di essere eseguito. Armi e modalità dicono ‘ndrangheta, ma non sono necessariamente una firma.

Possibile però che qualcuno spari senza permesso? Oggi a Palmi, il procuratore capo Emanuele Crescenti e gli investigatori della Squadra mobile faranno il punto e verrà formalmente disposta l’autopsia. Cuore antico e quasi spopolato di Seminara, 250 abitanti a stento, niente scuole e l’oratorio a fare da baricentro, Sant’Anna è sgomenta e muta. Nelle strade quasi vuote, nessuno ha voglia di commentare. «Brutta storia», mastica qualcuno prima di andare via. Oggi alle 19 si accenderanno le fiaccole. «Insieme alla parrocchia ricorderemo la dottoressa e tutte le donne vittime di violenza », dice il sindaco Giovanni Piccolo. Il dottore lui lo ha incontrato. «È come se gli avessero portato via un pezzo di sé», dice. Con la moglie stavano insieme da 35 anni, insieme spesso lavoravano — lui la accompagnava per evitarle di fare da sola quella strada tutta curve — una vita quasi in simbiosi. Adesso spezzata e vuota. Come la casa della coppia, silenziosa dietro un cancello chiuso



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