Francia, rischio stop all’elettricità verso l’Italia. Quanto pesa e cosa significa

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MILANO – La Francia minaccia concretamente di tagliare la fornitura elettrica all’Italia nel corso dei prossimi due anni, a causa delle difficoltà interne legate all’inoperatività di circa la metà dei suoi reattori nucleari che sono impegnati in manutenzione. Parigi ha lanciato una campagna di “sobrietà” e, dopo la Torre Eiffel, stasera spegnerà in anticipo la Piramide al Museo del Louvre e la Reggia di Versailles. Ma nel caso del dispacciamento di elettricità si va ben oltre i simboli.

Quanta energia serve all’Italia e come si produce

E’ un problema non da poco, se si guarda al “peso specifico” di Parigi nel quadro dei fornitori di elettricità dell’Italia. Innanzitutto i dati generali del nostro sistema. Se prendiamto la relazione del Mite di luglio “La situazione energetica nazionale nel 2021”, leggiamo che l’Italia ha avuto bisogno di 317,6 TWh per mettersi in moto, il 5,5% in più dell’anno 2020 caratterizzato come noto dai lockdown e solo poco sotto i livelli pre-pandemia (-0,6% rispetto al 2019).

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Come procuriamo l’energia elettrica di cui abbiamo bisogno? Nel 2021 il fabbisogno di energia elettrica è stato soddisfatto per l’86,5% dalla produzione nazionale che, al netto dell’energia assorbita per servizi ausiliari e per pompaggi, è stata pari a 274,8 TWh (+2,2% rispetto al 2020) – dice la relazione – e per il restante 13,5% dalle importazioni nette dall’estero, per un ammontare di 42,8 TWh, in crescita del 32,9% rispetto all’anno precedente. Un boom, questo della dipendenza dai Paesi confinanti, dovuto da un mix di aumento dell’importazioni del 17,0% (che dai 39,8 TWh sono passate a 46,6 TWh nel 2021) e di diminuzione del 50,3% delle esportazioni (che dai 7,6 TWh del 2020 scendono a 3,8 TWh nel 2021).

Il ruolo del gas

Come fa vedere la tabella, nella produzione nazionale la voce maggiore è ampiamente il termoelettrico non rinnovabile che, con una crescita del 5,2% rispetto al 2020, è arrivato a rappresentare circa il 59,7% del totale dell’energia prodotta, con il 6,1% da impianti alimentati con combustibili solidi, il 3,8% con prodotti petroliferi ed altri combustibili e il 49,9% da impianti alimentati con gas naturale; “la produzione di questi ultimi rappresenta, da oltre 10 anni, la quota più consistente del parco termoelettrico, favorita nel tempo anche dalla sostituzione di vecchi cicli convenzionali ad olio combustibile con i nuovi cicli combinati a gas naturale”, si ricorda.

Tra le rinnovabili, è sceso l’idroeletrico per il calo delle precipitazioni, e ha contribuito alla produzione totale per il 15,7%. Boom di incremento invece per l’eolico (+10,8%, passata da 18,8 TWh del 2020 a 20,8 TWh nel 2021); questa e la fonte fotovoltaica hanno raggiunto insieme la copertura del 16,1% della produzione lorda; il restante 8,5% è stato ottenuto da geotermico e bioenergie, in calo del 2,1% e del 6,9% rispettivamente.

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Il peso della Francia tra i fornitori

Se questo è il quadro nei nostri confini, cosa accade fuori? Il dato di partenza è che siamo i maggiori importatori di elettricità in Europa. L’anno scorso, abbiamo visto, abbiamo importato quasi 43 terawattora di elettricità. E la Francia è il secondo nostro fornitore, dopo la Svizzera (attraverso la quale, per altro, transita anche la stessa elettricità prodotta dall’Esagono).

Secondo i dati Eurostat (relativi questa volta al 2020), il quadro è il seguente:

Riportato al totale del fabbisogno nazionale annuo, quel che prendiamo dalla Francia equivale grossomodo al 4-5%. Nel solo primo semestre del 2022, per usare dati più recenti, abbiamo importato dalla Francia 6,7 Twh e siamo dunque in linea con i livelli osservati da Eurostat.

Il mix da rivedere

Come svelato da Repubblica, ora questo equilibrio è a rischio perché Edf, il colosso energetico francese che è stato appena nazionalizzato, avrebbe avvisato i gestori della rete italiana della possibilità di bloccare il dispacciamento verso questa sponda delle Alpi nel 2023 e 2024, per privilegiare le esigenze interne.

Il Mite per ora ha fatto sapere che “il problema era già noto da mesi, e benché sia un’eventualità che non è detto si realizzi, i tecnici del ministero sono al lavoro su tutti gli scenari”.

Da parte nostra, il gruppo tra esponenti del Mite e di Terna, gestore della rete di alta tensione italiana, che si occupa di monitorare la situazione potrebbe dover mettere mano ai piani di risparmio dei consumi elettrici e a una ulteriore diversificazione delle importazioni di gas per trovare le risorse energetiche necessarie ad affrontare l’eventuale taglio francese. Il timore è piuttosto che, in una rete interconnessa come quella europea, non siano anche gli altri nostri fornitori ad adottare misure simili.

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