Fuksas: “Odio gli stellati e amo le trattorie. Ma purtroppo stanno morendo”

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“Architetto, ma lei quando esce dalla sua Nuvola, cosa mangia, il Cibo degli Angeli?”. Massimiliano Fuksas, seduto sotto tre schermi sui quali girano immagini e schemi dei suoi ultimi progetti, ride: “Dottor Barendson, diamoci del tu, ché ci conosciamo da almeno quarant’anni!”. 

Va bene, ma la domanda rimane la stessa. Tu lavori in tutto il mondo, e sei un formidabile viaggiatore, oltre che un archi-star, hai disegnato e realizzato l’ultima grande opera contemporanea e scenografica dell’Urbe, il nuovo Centro Congressi dell’Eur.

“La verità è che mangiare a Roma è sempre più difficile, perché io amo la trattoria, e la trattoria appartiene a un genere purtroppo in via di estinzione, mentre odio gli stellati – tranne un paio dove vado a Parigi – perché da noi fanno solo dei grandi intruglioni, nei quali non sono capaci di far sentire la materia prima!”. 

Ma come, un cosmopolita come te che fa l’apologia della Sora Lella.

“Attorno a noi tutto il mondo è cambiato, ma in Italia si mangia peggio di prima. Vedi che cosa curiosa. Pensa quanto abbiamo dovuto faticare, la nostra generazione, per contribuire a portare il nostro amato Paese fuori dal provincialismo più gretto. I nostri genitori al massimo parlavano il francese. Noi con l’inglese abbiamo girato il mondo, loro leggevano cose folli e inutili, mentre noi – grazie alla Pivano – conoscevamo, sognavamo e viaggiavamo l’America On the Road con Kerouac e i suoi Vagabondi del Dharma. Scoprivamo l’Oriente e lo Zen. Altro che Pitigrilli e Papini. E mentre noi crescevamo combattendo contro una classe dirigente in gran parte conservatrice e becera, a Roma che succedeva? Succedeva che gli unici veri eredi delle nostre tavole migliori sparivano. Si è disperso quel patrimonio che si era accumulato con il contributo della cucina ebraica e delle ricette portate dagli umbri (i norcini), gli amatriciani, i toscani (pasticceria e pizza bassa), i napoletani (pensa solo alle paste, al supplì e alla pizza alta)”. 

“Sogno un’Amatriciana non rivisitata”  Pessimista, davvero sconfortante.

“Ma dai Guido, ovunque hanno fatto un upgrade, un salto di qualità, tranne che a Roma dove pure siamo eredi e debitori di tutte le altre mille tradizioni, e le abbiamo bruciate. Pensa al Ghetto, a come era Piperno, pensa a tutte quelle trappole per turisti al Portico d’Ottavia. Che peccato”. 

Non salvi nessuno.

“Voglio una coda alla vaccinara come Cristo comanda! E cercando consolazione, domani andrò da Checchino al Mattatoio. Dici che devo mangiare assolutamente il padellotto? Anche se è troppo, lo dividerò con un amico. Dimenticavo un posto che adoro, il ristorante borghese per eccellenza, il Bolognese, a Piazza del Popolo. Antonello, il maître, sarà lì da quarant’anni, è una sicurezza assoluta”. 

Aurelio De Laurentiis: “Ve lo confesso, non mi piace la pizza napoletana”

Tra mille progetti, hai disegnato le tavole di Armani a New York, a Tokyo e Hong Kong. Perché non a Roma?

“Perché non me lo hanno proposto. E poi ti confesso che i locali che ho visto in città sembrano fatti più dagli arredatori che dagli architetti”.

 Io penso che almeno da Bottura, un posto dal profilo e dalla clientela globale, pieno di pezzi rari di arte contemporanea, dovresti andare.

“Ma lì è impossibile prenotare. Io voglio telefonare e andare a mangiare”. 

Però a Parigi ci vai.

“Vado anche a Dubai e a Shenzen, dove ho studio. Sì, a Parigi in genere vado a mangiare all’Arpège di Rue de Varenne e all’Ambroisie: non se la tirano, chiamo, mi danno un tavolo e mi presento”.

Qualcuno ti accuserà di snobismo.

“Ma come, invoco la vecchia cucina del Testaccio, l’amatriciana non rivisitata, e mi danno dello snob perché dico che va rafforzata l’apertura al mondo? Facciano pure, non temo queste critiche”.

Tu sei fumantino. E’ vero che una sera del marzo 2010, alla Nuova Fiorentina, hai tirato una formaggiera in testa a Guido Bertolaso, all’epoca esponente di punta di Forza Italia?

Sorride sotto i baffi (che non ha): “La Destra aveva appena vinto le elezioni regionali e noi eravamo un po’ nervosi. Entra Bertolaso e qualcuno al mio tavolo comincia a protestare contro questo signore: ‘ma guarda se dobbiamo stare seduti vicino ai ladri’. Anche con forza, alzando la voce. Alcuni avventori, generone fascista romano, si avvicinano per difendere Bertolaso e diventano minacciosi, quando d’un tratto qualcuno dal mio tavolo gli rovescia in testa la tovaglia e tutto quello che ci stava sopra. Poi volano piatti e bicchieri. La formaggiera? No, non c’era. E Bertolaso? Bertolaso si nascose sotto il tavolo”. 

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