Fumo, ecco come le sigarette provocano infertilità nei maschi

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Non solo causa di diabete e malattie cardiovascolari, il fumo di sigaretta riduce la fertilità maschile perché fonte di metalli pesanti. E il responsabile principale sarebbe il cadmio. È quanto scoperto dal gruppo del professor Carlo Foresta, direttore dell’Unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Università di Padova, attraverso una tecnica sofisticata, chiamata microscopia elettronica a scansione. Risultati esposti in occasione del Congresso di Medicina della Riproduzione e Ginecologia, previsto il 10 e 11 settembre nella città veneta.

Professore, perché avete valutato l’influenza di questi metalli pesanti?

“Nei fumatori di sigaretta è da tempo riportata in letteratura una produzione di spermatozoi più scadente, in termini di quantità e motilità. Nel liquido seminale sono state trovate fino a 98 sostanze. Non esiste quindi una causa unica, ci sono i derivati del carbonio, della combustione della carta, del benzene. Anche gli effetti dannosi da elevate quantità di cadmio sono noti: non viene eliminato con facilità (alcune forme impiegano fino a 16 anni) e tende ad accumularsi negli organismi a concentrazioni tossiche”.

Come agisce esattamente?

“Segue l’andamento del calcio e, soprattutto, dello zinco. Quest’ultimo entra nelle cellule attraverso canali specifici di membrana, che si trovano a livello prostatico, testicolare e degli elementi deputati alla spermatogenesi. Finché presente, lo spermatozoo rimane in fase quiesciente, cioè meno attivo. L’acquisizione della motilità e della fertilità avvengono con l’eliminazione del metallo. Con una strumentazione particolare abbiamo notato che il cadmio si deposita a livello della coda e della testa dello spermatozoo, bloccando proprio il canale dello zinco. È come un freno, che ostacola motilità e riproduzione cellulare del gamete maschile, con ripercussioni persino sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita”.

In che modo?

In vitro la testa dello spermatozoo viene inserita nell’ovocita per intero, comprensiva di membrana, destabilizzando lo sviluppo dell’embrione. Al contrario della fecondazione naturale, dove è rilasciato solo il codice genetico”.

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Qual è l’impatto?

“Esistono dati importanti, pubblicati da diversi gruppi italiani, che hanno valutato la riduzione della motilità e del numero degli spermatozoi in relazione alla quantità di cadmio presente nel liquido seminale”.

Come si può risolvere il problema?

“Abbiamo capito dove agire. Stiamo studiando lavaggi particolari, ma crediamo sia un aspetto da discutere a livello collettivo, con tutti i biologi della riproduzione. Fondamentale è stata la comprensione del fenomeno e le modalità con cui si determina, non solo la sua osservazione: iniettando lo spermatozoo interno nell’ovocita, si iniettano tutte quelle sostanze che aderiscono alla membrana. I risultati della fecondazione assistita non sono così diversi da quelli di 25 anni fa, nonostante un maggior numero di nozioni, miglioramenti tecnologici, farmacologici e dei mezzi di coltura. Questa scoperta potrebbe contribuire a un cambiamento”.

La ricerca può sensibilizzare gli ambienti lavorativi sulla concentrazione del cadmio?

“Certamente, ma il metallo è presente anche in zone industriali molto inquinate. Un aspetto da non tralasciare”.

Qual è il rischio con i nuovi dispositivi di fumo elettronici?

“Quasi assente, nelle soluzioni di nicotina non c’è proprio. Con il tabacco riscaldato, invece, le quantità di cadmio sono minime”.

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