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Funivia caduta, Tadini si difende: “Non pensavo che potesse succedere, messo il forchettone per velocizzare l’impianto”

“Non pensava nemmeno lontanamente che potesse succedere”. Lo ha spiegato, entrando al Palazzo di Giustizia di Verbania, l’avvocato Marcello Perillo, legale di Gabriele Tadini, il responsabile del servizio della funivia del Mottarone in carcere per la tragedia di domenica in cui sono morte 14 persone. Tadini, assieme al gestore dell’impianto Luigi Nerini e al direttore di esercizio Enrico Perocchio, è accusato di essere il responsabile dell’inserimento del “forchettone” che ha disattivato i freni della cabina, impedendo che si fermasse lungo il cavo di sostegno quando quello di trazione si è spezzato per cause ancora da stabilire.

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La Procura di Verbania, chiedendo il carcere per Tadini, ha contestato tutte e tre le esigenze cautelari, ossia il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. Lo ha precisato lo stesso avvocato Perillo. E’ probabile che queste stesse esigenze cautelari siano state contestate anche agli altri due fermati.

Marcello Perillo, avvocato di Michele Tadini (ansa)

“Che lui sapesse delle conseguenze così gravi ho qualche dubbio”, ha aggiunto il legale confermando comunque che il suo assistito ha ammesso “la questione del forchettone: c’erano stati dei problemi tecnici e si stava cercando di intervenire in svariati modi, ma da lì al disastro e alla rottura della fune è tutto da vedere”. Tadini, spiega l’avvocato, “si è reso conto: ha la consapevolezza di avere vittime sulla coscienza e sta cercando di superarla con la fede. E’ molto provato e distrutto, tornerò a incontrarlo nel pomeriggio. Lui si è sempre rifugiato nella fede e mi ha detto ‘Sono nelle mani di Dio per tutto’ “.

L’avvocato Perillo ha precisato di avere l’intenzione di “recuperare delle persone”, ossia dei consulenti, che possano fare chiarezza sulla eventuale correlazione tra le “anomalie del sistema frenante” e la rottura del cavo traente. Per il difensore un aspetto da valutare è capire “su quali delle due funi insistessero questi freni”.

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L’avvocato ha precisato di non aver ancora letto gli atti, né il verbale di due giorni fa, nè la richiesta di custodia dei pm ed è entrato in tribunale proprio per recuperare questi atti. “Non lo assistevo io – ha chiarito Perillo – quando ha maturato quella scelta. Questa vicenda è un dramma per entrambi, per le vittime e per lui. Io vedrò di fare il mio lavoro, dovrò fare i conti con la sua scelta processuale, che ovviamente dipenderà anche da ciò che ha già dichiarato”.

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Perillo ha aggiunto che durante il colloquio in carcere “non siamo entrati sulle motivazioni” dell’atto, ossia della decisione ammessa da Tadini di disattivare il sistema frenante con i ‘forchettoni’.  “Non abbiamo parlato nemmeno del coinvolgimento di altri”, ha specificato dicendo ancora che c’è “da approfondire la questione del perché sia stato messo il forchettone, anche se lui mi ha spiegato rapidamente che è stato messo per velocizzare” il movimento della cabina. Tadini, ha proseguito il legale, “sono 38 anni che lavora in questo ambiente, è una persona professionale e preparata, con lui approfondirò le motivazioni”. Il riferimento è appunto alla decisione di inserire i ‘forchettoni’.



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