Furbetti del cartellino Sanremo: confermate in appello le assoluzioni, anche del “vigile in mutande”

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All’epoca le sue foto avevano fatto il giro d’Italia (e non solo). Poi l’assoluzione in primo grado, altrettanto clamorosa vista l’attenzione mediatica del caso.

Oggi la Corte di Appello di Genova ha di nuovo assolto Alberto Muraglia, il dipendente del Comune di Sanremo noto suo malgrado come “il vigile in mutande”.  Le immagini diffuse dalla Guardia di Finanza, diffuse dopo il blitz dei mitari in Comune il 22 ottobre 2015, lo avevano immortalato timbrare il cartellino non proprio in uniforme da lavoro.

Muraglia era in aula con il suo avvocato Alessandro Moroni e dopo il verdetto, nonostante la mascherina era evidente la sua commozione: “Ci hanno martoriato
in tutte le maniere, addirittura su di me hanno dovuto aprire altri due fascicoli, ma non sono arrabbiato ne ho provato rabbia”.

Insieme a lui oggi sono stati assolti anche gli altri 9 imputati che in primo grado un anno fa a Imperia avevano scelto il rito abbreviato ed erano stati assolti perchè “il fatto non sussiste”.

Ben diverso l’epilogo di chi invece aveva optato per il rito ordinario: 15 condanne, pene dagli otto mesi ai 3 anni e 7 mesi.

Muraglia nella sua attività di riparatore dopo aver lasciato la divisa 

La sciatteria non è un reato o, per dirla con le parole del giudice Paolo Luppi che lo aveva assolto nel gennaio del 2020 in primo grado con rito abbreviato: “la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e ha una sua spiegazione logica”. Il giudice era stato severo anche con l’impianto accusatorio ” “funambolica opera di valutazione dei labili indizi di reato evidenziati”.

Il giudice e i furbetti di Sanremo: “Timbrare in mutande non è un reato, errori nell’indagine”

Quanto ai reati contestati, scriveva il giudice: “Per quanto riguarda invece le timbrature effettuate da colleghi le motivazioni della sentenza spiegano che: “Tutti hanno dimostrato che la timbratura effettuata con il loro badge da colleghi si accompagnava alla loro presenza in ufficio, talvolta con la loro presenza a pochi metri di distanza dal collega ‘timbrante'”.

L’inchiesta sui cosiddetti “furbetti del cartellino”, coordinata dalla Procura di Imperia e condotta dalla Guardia di Finanza, culminò nell’ottobre del 2015 con 35 arresti ai domiciliari e oltre 100 indagati. Accusati a vario titolo di timbrare il cartellino o farselo timbrare e poi andare a fare la spesa, sport o dedicarsi ad attività private. L’udienza preliminare si chiuse, il 20 gennaio del 2020, con 10 assoluzioni in abbreviato, 16 rinvii a giudizio e altrettanti patteggiamenti. 

  Gli effetti dell’operazione Stachanov misero in crisi l’operatività dell’amministrazione comunale che andò avanti per mesi in sofferenza fino a nuove assunzioni. Furono 32 i dipendenti licenziati e 16 rinunciarono a fare ricorso. Tra i condannati in primo grado nel settembre 2021 c’erano anche Mirco Norberti e l’architetto Alessandra Seggi. Il primo, messo comunale, era stato reintegrato nel marzo del 2017 per alcuni vizi di forma nella pratica di licenziamento. Per lui il giudice ha deciso una pena di un anno, 8 mesi e 23 giorni. La seconda era stata reintegrata nel marzo scorso dopo una transazione in sede civile pur rimanendo in piedi la vicenda penale ed è stata condannata a un anno, 9 mesi e 27 giorni. Diversi imputati sono stati assolti per alcune posizioni e condannati per altre, così come riportato nelle nove pagine di dispositivo della sentenza.

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