Giada, l’allevatrice che fa le ronde per salvare i suoi puledri: “Non avrei mai pensato di dover combattere i lupi”

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MONTELEONE DI SPOLETO (PERUGIA) – La fatica e il dolore di Giada è tutto in una foto scattata all’alba. Lei è un’allevatrice, ha solo 20 anni e dietro i suoi occhi chiari si cela  una buona dose di determinazione: mostra sul suo smartphone l’immagine di un puledro ormai diventato ossa e brandelli, l’ha scattata nella stalla dove un cavallino appena nato si è trasformato nel pasto notturno per i lupi.

“Non avrei mai pensato di trovarmi a combattere con i lupi”, racconta Giada Petrucci che è nata a Arrone, in provincia di Terni, e che dopo studi nel campo della moda ha scelto di fare l’allevatrice in Valnerina che ha pascoli di erba grassa e crinali scoscesi. Un sogno genuino, un quotidiano di passione e levatacce che impone ronde notturne per il controllo del bestiame e che al sorgere del sole restituisce i segni del passaggio degli animali selvatici. Un’orma nel fango quando va bene. Un capo di bestiame diventato preda nei giorni peggiori.

Tra i lupi e un orso

Siamo a Monteleone di Spoleto, 600 anime, quasi dieci volte tanto i capi di bestiame, un paesino storico. Castello d’altura, piccolo scrigno di mura medievali a mille metri di quota e un intrigo internazionale mai risolto col Metropolitan museum di New York, col quale il borgo si contende la biga etrusca trasportata oltreoceano all’inizio del secolo scorso. Oltre la rocca di pietra una galassia di microallevamenti che devono convivere con la fauna selvatica, protetta alla mmeno peggio da doppiette e tagliole, che sempre più spesso scende a valle per cacciare tra i pascoli.

L’ipotesi degli allevatori – in corso di accertamento da parte delle istituzioni – è la presenza di un branco di 4-5 lupi e un orso che ad aprile ha fatto visita a due apicoltori tra Monteleone e Gavelli, per banchettare col miele di decine di arnie. Un orso, sulla cui presenza indagano i carabinieri forestali. Probabilmente lo stesso che era comparso il mese scorso a Leonessa, nel Reatino, appena oltre il confine con l’Umbria, ripreso da un automobilista mentre correva nel centro abitato in un video che ha fatto il giro del web.

Le ronde

“Vediamo spesso i lupi e non riusciamo a stare tranquilli. L’altra sera costeggiavano il recinto dei cavalli, spesso scavano sotto le reti per cercare di entrare. Attraversano un campo confinante al nostro per avvicinarsi ai recinti del bestiame”, spiega Giada, puntando il dito oltre la finestra della cucina di Villa Cesior una magione del ’600 tra pecore, mucche chianine e cavalli, diventata la sua nuova casa all’inizio della pandemia, quando Giada ha raggiunto Angelo, il fidanzato 27enne figlio dei titolari dell’allevamento, e iniziare così una nuova vita.

“Mi sono sempre piaciuti gli animali, ma non pensavo certo di fare questo nella vita”, racconta la ragazza che ora porta il fieno ai cavalli vestita di un piumino camouflage e stivaletti argento, giusto per non rinnegare gli studi appena conclusi. “Ma non avrei nemmeno immaginato di vedere animali sbranati o il combattimento in pieno giorno tra uno dei nostri cani e due lupi: l’estate scorsa si erano avvicinati al prato mentre riposavo al sole. Una scena surreale”.  Ora Giada si fa accompagnare al recinto dei cavalli per riempire di avena la mangiatoia di Mirto, lo stallone bruno, ormai nessuno va in giro da solo nella tenuta, soprattutto all’imbrunire.

Cani da pastore, recinti e luci fotovoltaiche non bastano ad allontanare i lupi che hanno famo e cercano cibo per sopravvivere. E allora bisogna mettere la sveglia e indossare gli stivali a notte fonda. “All’una e mezza è il turno mio e di Angelo – spiega – mentre a mio suocero tocca alle 4 del mattino. Soprattutto quando le cavalle devono partorire c’è il rischio di ritrovarci ancora una volta un lupo tra il bestiame. È l’unico modo che abbiamo di non vedere vanificato il frutto del nostro lavoro. Vorrei continuare questo mestiere ma così è davvero complicato”.

L’appello alle istituzioni è quello di accelerare l’erogazione degli indennizzi per i capi uccisi e disporre sovvenzioni per la costruzione di recinti anti-lupo, cementati alla base, e reti elettrificate mobili per proteggere le greggi al pascolo. Uno dei pochi rimedi utili in cui gli allevatori ripongono le speranze per mantenere alla larga sia gli animali selvatici che la tentazione di soluzioni fai-da-te come le esche avvelenate che l’anno scorso hanno ucciso un’aquila reale.

La stagione di caccia

L’anno scorso i veterinari della Usl hanno censito 30 attacchi a 45 capi nel triangolo della Valnerina tra Norcia, Cascia e Monteleone. Sono a Monteleone si sono concentrate 30 incursioni e la metà degli animali abbattuti. Nel territorio comunale, nell’anno in corso il bilancio provvisorio è di 3 attacchi, con un puledro e due bovini sbranati. Ma ancora è presto per tirare le somme, la stagione dei lupi che vagano a caccia di bestiame, spiegano alla Usl, è l’estate. 

In numero di molto inferiore ai capi abbattuti sono le richieste di risarcimento: a Monteleone 19 nel 2020, secondo l’osservatorio faunistico della Regione Umbria, che collabora con l’Ispra al primo Piano di monitoraggio del lupo  base di un programma di gestione della situazione sul territorio. “Al conto mancano però gli animali che spariscono e di cui non si trovano nemmeno i resti. E anche tutti i capi per i quali non viene presentata denuncia”, spiega Paolo Peroni, vicesindaco-allevatore di Monteleone.

“Ci sono aziende che lamentano perdite di 3-4 mila euro l’anno per capi di pregio come la capra facciuta della Valnerina. A questi si somma il danno per la mancata produzione di latte e formaggio”, commenta Marisa Angelini, sindaco di Monteleone, dirigente sanitario in aspettativa alla ricerca di un “sistema Appennino” che riesca a tutelare “sia gli allevatori che un animale protetto, che va tutelato, prezioso per l’ecosistema” che per ora è ancora una favola.

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