Giovannini e Bastioli: gli alfieri della sostenibilità, sociale ed economica

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ROMA – Sostenibilità è la nuova parola d’ordine del futuro governo Draghi. Al punto che verrà istituto un apposito ministero della Transizione ecologica che dovrà occuparsi delle ricadute delle scelte economiche sull’ambiente ma anche sulla società. E per dirigerlo si fanno i nomi di due personalità di primo piano, di due “addetti ai lavori” che di sostenibilità si occupano da anni.

Il primo, Enrico Giovanini, perché l’ha teorizzata, insegnata all’Università e se ne è occupato in decine di enti internazionali. La seconda Catia Bastioli, perché l’ha messa in pratica nell’azienda che dirige – il gruppo Novamont – e che è all’avanguardia dei materiali bio-chimici

Sono i due nomi indicati come possibili ministro della Transizione ecologica, dicastero destinato – secondo le indiscrezioni – a diventare uno dei cardini per la gestione italiana dei fondi del Next Generation Ue e che saranno il cuore dell’attività del governo in via di formazione.

Ma chi sono i due possibili candidati? Enrico Giovannini viene dato come il favorito per la carica. Non fosse altro perché Palazzo Chigi l’ha già frequentato da ministro del Lavoro durante il governo presieduto da Enrico Letta. Una lunga carriera universitaria alla spalle, Giovannini è ora docente di Statistica a Tor Vergata a Roma. La statistica è il centro della sua attività, come ha dimostrato nel sei anni alla guida di Istat (dal 2009 al 2013), quando ha cambiato volto all’istituto, dandogli una nuova spinta e portandolo al centro del dibattito socio-politico.

Proprio a partire dai temi di una società in cui si sono accentuate le differenze di reddito, in cui l’ascensore sociale ha smesso di funzionare e dove lo sviluppo delle attività economiche se non guidate da criteri legati alla qualità della vita finiscono per incrementare disagi e diseguaglianze.

Non per nulla, Giovannini è co-fondatore e portavoce dell’Asvis, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile, una rete di 270 associazioni che ha come scopo la diffusione e il sostegno all’Agenda dello sviluppo sostenibile, 17 obiettivi interconnessi definiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Di cosa si stratta? Secondo l’Agenda “fli obiettivi mirano ad affrontare un’ampia gamma di questioni relative allo sviluppo economico e sociale che includono fame e povertà, diritto alla salute e all’istruzione, l’accesso all’acqua e all’energia, il lavoro, la crescita economica inclusiva e sostenibile, il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente, i modelli di produzione e consumo, l’uguaglianza di genere”.

L’alternativa a Giovannini potrebbe essere Catia Bastioli: in comune hanno l’anno di nascita (il 1957), ma il profilo è completamente diverso. O meglio: anche Bastioli si è sempre occupata di sostenibilità ma all’interno dei processi industriali. Chimica di formazione, ha fatto parte del centro studi Montedison per poi approdare a Novamont, azienda che ha trasformato e traghettato da centro di ricerca a industria di riferimento per tutto il settore delle bioplastiche e dei prodotti da fonte rinnovabile con un basso impatto ambientale. Il prodotto più noto è Mater-Bi, utilizzato per sacchetti destinati agli alimenti, ma con cui si producono anche posate, piatti, bicchieri, teli da usare in agricoltura. Tutti prodotti completamente biodegradabili.

Bastioli, qualche anno fa, era stata al centro delle polemiche sollevate dai Cinquestelle che avevano messe in relazione la sua nomina alla presideza del gruppo Terna da parte del governo Renzi con legge che ha imposto la tassa sui sacchetti di plastica per alimenti. Un modo – era l’accusa – per favorire i prodotti delle aziende di bioplastiche, tra cui appunto Novamont.

Polemica poi rientrata quando anche gli esponenti del movimento si sono resi conto delle attività, nel corso della sua carriera, di Bastioli e di come ha sempre guidato l’azienda, nota perché ha sempre reinvestito in ricerca i suoi utili. Motivo che ne fa una candidata ideale per il ministero della Transizione ecologica.

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