Giulio, Fernando e Gianluca, operai morti di lavoro a Chieti: insieme fino all’ultimo

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Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Una Spoon River che racconta le vite di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di tre lavoratori al giorno non fa ritorno a casa e “Morire di lavoro” vuole essere un memento ininterrotto rivolto a istituzioni e politica fino a quando avrà termine questo “crimine di pace”.

Smaltimento e recupero bombe e polvere da sparo. La guerra è tornata nell’immaginario occidentale dopo quasi un secolo di illusione. Ma in realtà non se n’era mai andata, era lì acquattata pronta a resuscitare i nostri peggiori incubi, e intanto si allenava nei conflitti minori nei tanti terzi mondi. Smaltimento e recupero bombe: la missione della ditta di Casalbordino, Chieti, dove hanno perso la vita tre operai per l’esplosione di una granata. Giulio, Fernando e Gianluca, caduti nella trincea delle morti sul lavoro, un’altra guerra “minore” che si combatte con soltanto vinti. Nessun vincitore. “La morte l’ha inseguito”, hanno detto i cari di Giulio Romano, 56 anni, nato e cresciuto nel paese dell’azienda, un passato da orafo, una compagna e una figlia, Lorenza: perché tre anni fa, quando sempre lì c’era stato un altro incidente con due operai deceduti, Giulio era appena uscito dallo stabilimento. Fernando Di Nella, 62 anni, originario di Paglieta, sempre nella provincia di Chieti, viveva a Lanciano con la moglie Giuliana e le figlie Monia e Sara. Operaio caporeparto, stava per andare in pensione. Gianluca De Santis, ‘Scheggia’ per gli amici, 44 anni di Palato (Campobasso), lascia la moglie Debora e due figli bambini: il più piccolo, tre anni, aveva chiesto e ottenuto che il papà si prendesse un giorno di permesso dal lavoro per accompagnarlo al primo giorno di scuola. Doveva essere all’indomani della tragedia.

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