Giustizia, no alla logica dell’uno vale uno e al sorteggio per selezionare i nuovi magistrati

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ROMA – “Sorteggio”. “Metodo di scelta fondata sulla sorte”, secondo il dizionario Treccani. Quindi, nei fatti, il contrario di una scelta. Poiché a scegliere è solo il caso. Parola, il “sorteggio”,  che da tempo va di moda tra chi pensa di “sanificare” la magistratura dalle correnti. Di moda anche tra illustri giuristi. Divenuto un leit motiv, il “sorteggio”, non appena è esploso il caso Palamara.

All’ex pm era appena giunto un decreto di perquisizione e si diffondevano i dettagli del suo caso, ed ecco che la prima reazione, era il maggio del 2019, fu quella del “sorteggio”. Nel senso di ricorrere “al caso” per eleggere i consiglieri togati del Csm, “colpevoli” di essere figli e protagonisti del correntismo. Quindi da punire. Da sbaragliare. Da affidare, per l’appunto, alla scelta del caso. 

Parola – il “sorteggio” – da bandire dal Csm? Da non pronunciare neppure visto che il rischio concreto è che possa fare capolino nella ormai prossima legge elettorale per rinnovare – nel luglio del 2022 – il Csm? E invece ecco la parola “sorteggio” diventare grande protagonista di una decisione del Csm che, dopo 24 ore, è oggetto di scontro nelle mailing list e nelle chat dei giudici.

Con una figura importante nella magistratura come quella di Armando Spataro – toga in pensione da ex procuratore di Torino, ma colui che ha avuto il coraggio di portare sul banco degli imputati 22 agenti della Cia per il sequestro Abu Omar – che  appena sente la parole “sorteggio” salta sulla sedia e dice: “Il sorteggio, da qualsiasi prospettiva lo si voglia considerare, è una scelta che dimostra auto-disistima ed esprime la rassegnata rinuncia all’esercizio delle proprie competenze. Questo al di là del fatto che possano essere sorteggiati magistrati preparati o, al contrario, non all’altezza del compito”.

Spataro scrive, e lo fanno tanti altri colleghi criticando duramente una decisione del Csm presa giovedì 8 aprile che ha una “colpa”. Contiene, appunto, la parola “sorteggio”. Ma giusto negli stessi minuti ecco chi all’opposto  esalta un passo che – come scrive “Il Giornale” – va nella direzione di riconoscere quello che Luca Palamara ha detto nel libro “Il sistema”, e cioè che anche i magistrati commissari d’esame dei giovani colleghi sono frutto di una lottizzazione correntizia, e a loro volta, scelgono secondo logiche di appartenenza. Per sbaragliare il “sistema” quindi serve il “sorteggio”. 

Ma che è successo al Csm per sollevare questo putiferio? Il “sorteggio” è stato promosso a metodo di scelta. Perché è passata la decisione di cambiare le regole per individuare i magistrati che faranno parte delle commissioni d’esame delle future toghe. Saranno “sorteggiati”. A favore tutti, togati e laici, tranne Carmelo Celentano di Unicost e Antonio D’Amato di Magistratura indipendente.

Il Csm pubblicherà un bando di concorso, arriveranno le domande di chi vuole fare il commissario, saranno esclusi solo coloro che hanno obiettivi ostacoli come un disciplinare in atto, una valutazione di professionalità negativa, oppure già ricoprono un incarico direttivo o semidirettivo, o ancora provengono da un ufficio che ha carenza di colleghi. Ma, a parte queste esclusioni obiettive, sarà il sistema del sorteggio a selezionare i futuri commissari.   

Cosa cambia rispetto a prima? Tantissimo. Perché con il vecchio sistema sarebbe stato il Csm stesso a valutare i titoli di ciascuno e a individuare i più titolati in base alla singola storia professionale. Solo a quel punto, “dopo” la selezione del Csm, scattava il sorteggio tra tutti i selezionati. Quindi il Csm “sceglieva” in prima battuta i colleghi con un curriculum meritorio al punto da poter, a loro volta, scegliere le future toghe. 

Qual è il giudizio di Spataro? Durissimo: “In qualunque modo lo si voglia giustificare, con questo sorteggio si spalanca la strada ad altri sorteggi, a partire da quello dei componenti del Csm, o comunque si asfalta una strada in discesa per chi voglia sostenerlo nonostante la palese incostituzionalità di tale ipotesi”. E ancora: “Non è affatto vero che, togliendosi di dosso doverose responsabilità, la trasparenza ne guadagna: anzi questa giustificazione fa crescere stupore e delusione”.

La pensano in tanti come Spataro. Per esempio molte toghe di Magistratura democratica, come il presidente Riccardo De Vito. Mentre non ha dubbi chi ha sottoscritto la scelta. I togati della sinistra di Area al Csm, e in particolare Giovanni “Ciccio” Zaccaro, il presidente della Terza commissione, proprio quella che selezionava i commissari per il concorso.

Che adesso dice: “La delibera, lungi dal legittimare il sorteggio come forma per selezionare candidati destinati a ruoli per i quali rilevano specifiche attitudini, come quelle direttive o semidirettive, è un gesto di fiducia verso tutti i magistrati perché parte dal presupposto che qualunque magistrato, con la quarta valutazione di professionalità ed immune da criticità, ha le qualità per comporre la commissione di accesso alla magistratura”. 

Una tesi subito contrastata da chi boccia la teoria grillina dell'”uno vale uno”. Per esempio da chi, nelle chat, oppone a Zaccaro un ben diverso ragionamento: “In questo modo i consiglieri del Csm rinunciano alle loro prerogative, non scelgono, bensì lasciano che sia il caso a farlo, seguendo la logica che tutti sanno fare tutto, cioè dell’uno vale uno”. 

Una lite nella famiglia della sinistra delle toghe, visto che al Csm il capogruppo di Area Giuseppe Cascini ha seguito invece un ben diverso ragionamento motivando il suo voto favorevole: “In passato – ha detto Cascini – la composizione della commissione esaminatrice ha favorito amici o colleghi di corrente. Adesso è tempo di seguire un’altra strada”.

La via del “sorteggio” che piace ad Andrea Reale, il primo eletto all’Anm per il gruppo di Articolo Centouno, che ha sempre sostenuto il “sorteggio” anche per eleggere i componenti del Csm ma che adesso, leggendo tutto il provvedimento appena votato dal Consiglio, ha il dubbio che “sia troppo discrezionale il criterio di esclusione di chi viene sottoposto al sistema del sorteggio”. 

Ma la querelle è aperta. Improvvisamente, mentre in via Arenula è al lavoro il gruppo scelto dalla ministra Marta Cartabia per la riforma del Csm, presieduto dal costituzionalista Massimo Luciani, e a un mese dagli emendamenti che dovranno approdare alla Camera per modificare la riforma dell’ex ministro Alfonso Bonafede, ecco il caso al Csm.

Che una toga nelle liste chiosa così: “In questo modo si spalanca la strada al sorteggio anche per il Csm. Se qualunque magistrato, solo in forza del suo lavoro quotidiano, è in grado di fare anche il commissario che selezionerà le future toghe, allora con lo stesso sistema potrà anche diventare in futuro un componente del Csm”. 

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