Global tax, il fronte del No: chi si è opposto alla nuova tassa minima globale

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MILANO –  Tutti d’accordo, o quasi. L’intesa finale sulla tassa minima globale per le imprese raggiunta ieri in sede Ocse ha raggiunto l’adesione di 136 Paesi sui 140 che avevano deciso di fare parte del quadro inclusivo dell’OCSE/G20 sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili (BEPS). Superate le resistenze finali dell’Irlanda, per anni porto sicuro per il fisco di molte multinazionali grazie alla tassazione più bassa, che ha allineato in extremis la propria aliquota per le imprese a quella prevista dalla minimum tax, a non mettere la firma sull’intesa sono stati solo quattro Paesi: Nigeria, Kenya, Pakistan e Sri Lanka.

Via libera Ocse alla tassa globale, le multinazionali pagheranno il 15%. Porterà 150 miliardi di gettito

L’elenco completo dei firmatari dell’intesa sulla global tax

Il fronte del No

Per il fronte del No uno dei temi più controversi era rappresentato dalla richiesta di cancellazione prevista dall’accordo delle attuali web tax in vigore. Un punto considerato dirimente in particolare da Nigeria e Kenya, non intenzionate a rinunciare ai profitti delle proprie tasse locali malgrado fino all’ultimo l’Ocse abbia provato a convincere con le proprie simulazioni che grazie all’accordo il gettito complessivo sarebbe aumentato. L’accordo infatti chiede sì ai Paesi l’eliminazione delle imposte nazionali, ma attraverso un percorso progressivo in contemporanea con l’adozione delle nuove misure.

In Kenya in particolare è prevista una extra tassa dell’1,5% destinata esclusivamente alle grandi multinazionali mentre in Nigeria è prevista già una aliquota più alta (30%) per le imprese con redditi pià alti, rispetto al livello di tassazione standard destinato alle imprese di medie dimensioni (20%). Diverso invece il caso di Cipro. Il Paese è l’unico tra i membri della zona euro a non fare parte del framework BEPS, quindi non ha partecipato ai negoziati sulla nuova tassazione. Attualmente, nel Paese, la corporate tax è fissata al 12,5%.

I punti dell’intesa

L’intesa siglata ieri si compone infatti di due capisaldi. Da un lato la fissazione di un aliquota minima del 15% destinata alla tassazione delle imprese, per scongiurare la fuga delle grandi multinazionali verso dimore fiscali più favorevoli. La seconda, tecnicamente più complessa, punta a spostare la base imponibile delle aziende nei dove operano concretamente, a prescindere dal luogo della loro sede sociale. Nel concreto prevede che le grandi aziende con oltre 20 miliardi dollari di fatturato subiscano una tassazione nei Paesi in cui operano, tra il 20% e il 30% sui profitti, se superiori al 10% dei ricavi.

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