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Gomorra, il gran finale. Genny e Ciro: “Se potessimo tornare indietro ecco cosa ci diremmo”

Tutto è compiuto. La lotta sanguinosa fa Ciro Di Marzio (Marco D’Amore) e Genny Savastano (Salvatore Esposito) si è conclusa, così come alla quinta stagione si è conclusa la serie Sky che, anche quest’anno, è stata inserita dal New York Times tra i migliori prodotti internazionali del 2021. Ma prima di arrivare all’epilogo, le strade fra i due protagonisti, dal lontano 2014, anno della messa in onda della prima stagione, si sono separate e incrociate più volte in un rapporto di simbiosi strettissimo. E anche i due personaggi sono cambiati. E molto.

Genny, tra la prima e la seconda stagione, da ragazzone viziato e impaurito è diventato una belva feroce, “grazie” alla madre che lo ha spedito nella giungla dell’Honduras, dalla quale è tornato con una cicatrice sul viso e cresta alla moicana. Ha sepolto suo padre, fatto guerre, stretto alleanze. Ha cercato di farsi una famiglia, ha ucciso (o almeno così credeva) il suo amico Ciro, ha cercato di rifarsi una reputazione ed è finito a ripercorrere le orme del padre costretto alla latitanza.

E poi Ciro, ‘L’immortale’. Un personaggio complesso, frutto della sovrapposizione di più figure di malavitosi raccontati da Roberto Saviano, che da soldato fedele di don Pietro Savastano (basti citare la celebre frase “Bevilo! Tutto! Famme capi’ se me pozz’ fida’ e te!”), diventa l’infame che tradisce il capo. Fino a guidare una vera e propria crociata contro Genny, dopo essere ritornato dal mondo dei morti rompendo quel legame che li ha uniti in maniera (quasi) indissolubile.

E se…?

“Con i se e con i ma la storia non si fa”, recita un proverbio. Ma le fiction sì. E allora Marco D’Amore e Salvatore Esposito hanno provato a immaginare come sarebbero stati Ciro e Genny in un contesto diverso e che tipo di rapporto avrebbero avuto. Oppure, riavvolgendo il nastro delle loro esistenze, cosa avrebbero voluto dirsi, prima che le loro strade si separassero per ricongiungersi di nuovo.

“Sicuramente, potendo tornare indietro, Ciro avrebbe detto ad Attilio, quella notte di non venire, di tornare a casa – dice Marco D’Amore – Così come quando con il famoso ‘sta senz’ penzier’, gli disse ‘andrò io al bar da solo’ e poi successe quello che successe. Sicuramente direbbe a sua moglie che sì, una vita diversa è possibile, che andare via è possibile, che scappare assieme è possibile, che salvare la propria famiglia è possibile, che salvare la propria vita è possibile, che cambiare è possibile”.

“E forse da non bravo papà non avrebbe fatto andare Maria Rita (l’unica figlia di Ciro Di Marzio ndr) a scuola, l’avrebbe tenuta con sé – continua l’attore che nella quarta e quinta stagione di Gomorra è anche regista – Le avrebbe concesso di giocare con le sue bambole in camera, senza andare ad ascoltare le lezioni, senza salire su quella macchina scortata da quel corteo. Non le avrebbe detto ‘fa la brava’ ma forse le avrebbe detto ‘statt’ cu mme'”.

“E sicuramente, se potesse tornare indietro, Ciro chiederebbe a Genny, non di sfruttare il momento che è arrivato, o di diventare padroni insieme, o di comandare il mondo, o di fare la guerra. Ma come era successo in una delle prime puntate della prima stagione, quando ancora c’era un barlume di gioventù nei loro occhi – conclude D’Amore – gli avrebbe detto ‘Genna’ jammece a fa na chiavat, io e te comm a duje frat, comm a duje cumpagn'”.

Salvatore Esposito: “Genny non ha saputo ribellarsi”

“Se dovessi pensare alle cose che Genny non ha mai detto o non ha mai fatto, la prima cosa che mi viene in mente è che non ha saputo ribellarsi – dice Salvatore Esposito parlando del suo personaggio – A quello che essere nato in una famiglia come i Savastano contemplava, al crescere con una mamma che lo guardava sempre in quel modo, con un padre che non lo considerava mai all’altezza della vita criminale, fino ad averlo costretto a diventare quello che tutti conosciamo”.

“Ecco – continua l’attore – spesso io sentivo, anche quando ero in scena, questa ribellione interna da parte di Genny, che avrebbe voluto mandare tutto affanculo e andarsene via, andarsene lontano perché lui non era nato per far parte di quel mondo e questo ha infettato ogni sua singola azione. L’hanno fatto diventare chi, forse, non sarebbe mai stato in un’altra vita. Penso anche ad Azzurra e Pietrino, credo che Genny avrebbe voluto chiedergli scusa per quella vita che li ha costretti a vivere, costantemente sotto pressione, con la tensione continua della  minaccia di morte. Credo che questo sia un fardello che Genny si è portato dentro, sempre”.

“Avrebbe forse voluto chiedere scusa a quelle persone, vittime di quel sistema criminale che l’hanno portato poi a diventare chi è stato. Nonostante tutto, e diversamente da Ciro, Genny non ha scelto di essere quello che poi è diventato – è l’analisi di Esposito – E alla fine di questa quinta stagione quello che vogliamo raccontare è proprio questo: il legame ma anche la grande differenza tra i due. Genny si è trovato in quel mondo e ci si è dovuto adattare. Ciro ci era cresciuto”.

“La mia curiosità era ed è tutt’ora immaginarmi Genny in un’altra vita, in un altro contesto, in un’altra situazione. Chissà chi sarebbe diventato – fantastica Salvatore Esposito – Quel Genny che abbiamo visto nei primi sei episodi della prima stagione di Gomorra era una vittima, sì, ma in alcuni aspetti mi faceva tanta simpatia. Le ultime parole, non dette ma che avrebbe tanto voluto dire, sarebbero proprio per Ciro: ‘Immagina cosa saremmo stati io e te, non in questo mondo, fuori da questa situazione. Probabilmente saremmo stati due amici, che vanno a fare le scampagnate la domenica, a pesca insieme o allo stadio. Magari tu facevi il fruttivendolo e io il pizzaiolo – conclude – E invece il veleno ci ha costretti a questa vita…'”.



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