Governo Draghi, il totoministri: per i partiti fuori i leader e dentro i numeri due. Ecco i ministeri “tecnici”

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Roma – Il ministero dell’Economia. Gli Interni. La Giustizia. E ovviamente il sottosegretario alla Presidenza e il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Ecco la “quota Draghi”. Un cuscinetto di sicurezza che il premier incaricato, anche confrontandosi con il Quirinale, potrebbe riservare a figure tecniche. Non per brama di controllo, ma per sottrarre alcune caselle e i dossier più scottanti all’inevitabile tensione politica di una maggioranza così larga.

Ministeri politici, ma senza leader

Sui nomi nulla è ancora deciso. Anzi, mentre i partiti si agitano immaginando spartizioni correntizie col bilancino, l’ex banchiere centrale sembra concentrato soprattutto sul programma. Solo dopo verranno le ambizioni dei singoli. La novità della “domenica di decantazione”, comunque, è che tra le segreterie si fa largo la voglia di ministri politici. Una tentazione che riguarda soprattutto il Nazareno. Pesa, in questo senso, la necessità degli alleati del Movimento di piazzare alcuni big al governo, per non esplodere.
Ministri politici, dunque. Ma difficilmente i leader. Nicola Zingaretti, a dire il vero, è tentato da questa opzione, ma come sostenere la convivenza con Matteo Salvini in cdm? E così, inizia a farsi spazio l’opzione di un governo dei “numeri due”. Figure meno ingombranti dei segretari. Capaci di sedare le risse politiche.

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La Lega insiste su Giorgetti allo Sviluppo

Per la Lega resiste il nome di Giancarlo Giorgetti. Un’opzione è affidargli il ministero dello Sviluppo, ma questo a patto di lasciare l’altro ministero di spesa – cioè l’Economia – al Pd. Roberto Gualtieri spera ancora nella riconferma, ma potrebbe pagare alcune divisioni interne ai dem. E siccome per quel ruolo sembra farsi largo il direttore generale di Bankitalia Daniele Franco – in alternativa gira addirittura voce di un interim del premier per via XX settembre – allora il Mise potrebbe finire al Nazareno, lasciando le Infrastrutture al numero due di Salvini.

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Venti ministri o ventiquattro

Sia chiaro, l’incastro è ancora complessissimo. Ad esempio, circolano due schemi di gioco: il primo prevede venti ministri, il secondo ventiquattro. Nel primo caso, i politici in squadra sarebbero dodici: tre per il Movimento, due per Pd, Lega e Forza Italia, uno a Italia Viva, Leu e centristi. Nel secondo, addirittura quattordici: tre per Movimento, Pd e Lega, due per Forza Italia, uno per Italia Viva, Leu e centristi.

Per il Pd in pole Orlando, Franceschini e Guerini

Ogni partito, poi, ha i suoi problemi. Il Pd, ad esempio, chiede quattro posti sapendo di poterne ottenere al massimo tre. Nel caso, sarebbero in pole Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Quest’ultimo, anche per il peso nei gruppi, difficilmente potrebbe restare fuori, al massimo ricevere la delega ai Servizi. Se invece la Difesa finisse in mano a un tecnico, gira il nome di Claudio Graziano, presidente del comitato militare Ue.

Agli Esteri Di Maio o Conte, Cartabia alla Giustizia

Ma il vero nodo è quello degli Esteri. Ci punta ovviamente Luigi Di Maio, che assieme a Stefano Patuanelli ha buone chance di far parte della squadra. Resta il problema, gigantesco, di Giuseppe Conte: la casella naturale sarebbe la Farnesina. Ma è l’ambizione, come detto, di Di Maio. Tra i 5S c’è chi spinge per dirottarlo in un ruolo meno “ingombrante” alla guida del partito. L’alternativa è la Giustizia, dove però sembra solida Marta Cartabia. E anche agli Interni sembra possibile la conferma di Luciana Lamorgese.

Le caselle meno pesanti

Anche le caselle meno “pesanti” sono ancora da riempire. Per lo Sport gira tra gli altri il nome di Andrea Abodi, presidente dell’istituto per il Credito sportivo, con rapporti trasversali che vanno da Fratelli d’Italia fino a Giorgetti e al Pd. Mentre Antonio Tajani potrebbero diventare ministro per gli Affari europei. Tra gli azzurri, circola anche il nome di Mara Carfagna. Matteo Renzi, invece, dovrà scegliere tra due fedelissimi: Teresa Bellanova o Ettore Rosato. Se Leu entrerà in maggioranza, verrà confermato Roberto Speranza. E anche i centristi sperano in un posto, magari per Carlo Calenda o Benedetto Della Vedova.

Resta un paradosso: quanto più i partiti rilanciano sui ministeri, tanto più per Draghi diventa faticoso trovare un equilibrio solido. Ci proverà. Ma se gli appetiti dovessero diventare insaziabili, potrebbe scegliere i nomi senza troppo badare al bilancino. Starà ai partiti, poi, dire sì o no al suo “dream team”.

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