Governo Draghi, Salvini boccia il ritorno di Speranza e Lamorgese. Meloni: “Esecutivo ostaggio della sinistra”

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Il governo di Mario Draghi è nato da pochi minuti e fioccano le reazioni. Quelle di chi è contento e quelle di chi ha da lamentarsi. Di quelli che stanno dentro e di quelli che stanno fuori. E di quelli come Vittorio Sgarbi che si erano presentati alle consultazioni, avevano paragonato l’ex presidente della Bce ad un quadro di Raffaello e ora gridano che il “governo è osceno”.

Salvini: “Speranza e Lamorgese sono un problema”

Matteo Salvini un po’ canta vittoria. “Occuparsi di settori strategici per l’Italia come lo sviluppo economico, il turismo e il ministero per le disabilità é per noi motivo di orgoglio, impegno ed enorme responsabilità”, commenta a caldo. Ma quasi subito comincia a mettere i primi paletti: “Io ascolto tutti – dice a Sky Tg24 – ma l’ultima parola in casa Lega è la mia”, quando gli chiedono delle divergenze con Giancarlo Giorgetti. E fuori dalla sua casa, il leader del Carroccio si occupa di Lamorgese e Speranza. Per criticare la scelta di Draghi di confermarli: “O c’è un cambio di passo, di squadra, di risultati: oppure ci sarà bisogno di aiuto e sostegno da quelle parti”, conclude.

Il M5S: “Soddisfatti”. I dissidenti attaccano: “Quel ministero non esiste”

I commenti sono favorevoli dalla parte del Movimento Cinque Stelle. Anche se il vertice deve fare i conti con i parlamentari che annunciano il  o alla fiducia e la fronda di quelli che sono usciti. “Siamo molto soddisfatti – dice Davide Crippa, capogruppo alla Camera – che  nel nuovo esecutivo, come avevamo chiesto, sarà presente il ministero della Transizione ecologica, alla cui guida è stato chiamato Roberto Cingolani. Conosciamo bene le competenze e la professionalità di Cingolani, siamo fieri che, la scelta per questo ministero da noi fortemente voluto, sia caduta su di lui e siamo certi che saprà fare un buon lavoro. E’ importante ed è un bel segnale che sia stata accolta questa nostra priorità, che è anche una priorità europea”.

Quasi scontata la reazione di Alessandro Di Battista, appena uscito dal Movimento Cinque Stelle in dissenso con la scelta di appoggiare il nuovo esecutivo. “Ne valeva la pena?”, è il lapidario commento di quello che viene indicato il capo dei frondisti grillini. E un’altra ribelle, Barbara Lezzi, si affretta a spiegare: “Il super ministero chiesto da Beppe Grillo non c’è. Il ministero dell’Ambiente non sarà fuso con il ministero dello Sviluppo economico. Eh no, perché il ricco ministero per lo Sviluppo economico sarà affidato alla Lega con Giorgetti. Noi non abbiamo votato per questo sulla piattaforma Rousseau”.

Il Pd incassa un ministro in più. Ma le donne sono in rivolta

Nel Pd prevale una certa soddisfazione. Nicola Zingaretti, ad un certo punto, pensava di portare a casa due ministri. Invece se ne ritrova tre. “Buon lavoro al nuovo Governo Draghi che sosterremo con lealtà e convinzione. Auguri alla sua squadra scelta in piena autonomia dal Presidente”, scrive allora su Facebook il segretario dem. “Ora riprendiamo il cammino con impegno per fermare la pandemia e promuovere investimenti per creare lavoro, rilanciare la scuola, rafforzare  a sanità e le reti sociali”, spiega.

Ma anche Zingaretti dalla soluzione della crisi di governo esce con qualche problema interno: l’assenza di donne dem nel governo. Il problema lo solleva l’ex ministra Valeria Fedeli: “Non riesco a capacitarmi! Neanche una donna del mio partito nell’elenco di ministre e ministri – va detto, di assoluta qualità – letto dal Presidente Draghi”, scrive su Twitter. “Non ti preoccupare, noi siamo contente a casa, mentre cuciniamo e leggiamo il Women New deal”, incalza la deputata Giuditta Pini, rivolgendosi al suo segretario.

Zingaretti cerca di uscire di impaccio, assicurando che si aggiusteranno le cose al momento di nominare i sottosegretari:  “In questi mesi, nel lavoro di ricostruzione del partito – dice –  abbiamo scommesso molto sulla valorizzazione della forza e della risorsa delle donne e, in questi giorni, nella centralità del tema della differenza di genere come cuore del programma per la ricostruzione italiana”. Ma, continua, “nella selezione della componente del Pd nel governo questo nostro impegno non ha trovato rappresentanza. Pur rispettando i criteri di autonomia dei ruoli farò di tutto perché questo si realizzi nel completamento della squadra di governo”.

Giorgia Meloni: esecutivo ostaggio della sinistra

Naturalmente duro e ostile il commento di Giorgia Meloni, arroccata nella sua posizione di opposizione solitaria al governo. “Le grandi aspettative degli italiani sull’ipotesi di un governo dei ‘migliori’ in risposta all’appello del capo dello Stato per fare fronte alla drammatica situazione dell’Italia si infrangono nella fotografia di un esecutivo di compromesso, ostaggio della sinistra, che rispolvera buona parte dei ministri di Giuseppe Conte”,dice la leader di Forza Italia. Mi chiedo – conclude – se i cittadini, gli imprenditori, i lavoratori e tutte le persone in difficoltà si sentano rassicurate dall’immagine che vedono. Sono convinta più che mai che all’Italia serva un’opposizione libera e responsabile”.

I renziani sobri: “Una bella squadra”

Italia  viva, che ha innescato il processo che ha portato alla nascita di questo governo, ora esprime soddisfazione. “L’Italia ora deve ripartire: sanità, economia, lavoro, scuola. Tante le emergenze che attendono risposte”, scrive su Facebook il vicepresidente della Camera Ettore Rosato.  “Una bella squadra di governo all’altezza della sfida  – prosegue il presidente di Italia Viva Rosato -. Buon lavoro a tutte le ministre, ai ministri e al presidente Draghi”.

Forza Italia non festeggia più di tanto e ribolle

Anche Forza Italia mostra ufficialmente la sua grande soddisfazione. Ma i big tacciono e nascondono la spaccatura che si è aperta ai vertici degli azzurri. Perchè nel governo non è entrato Antonio Tajani. E di questo si è lamentato anche Silvio Berlusconi. Ma desta molto malumore il fatto a Palazzo Chigi e dintorni siano tornati volti noti che hanno già frequentato le stanze del potere. E l’ala più vicina alla Lega considera una sconfitta l’approdo al governo di Mara Carfagna che in questi mesi ha fondato un suo movimento ed è stata sempre in procinto di raggiungere Giovanni Toti fuori dal partito. Infine, i tre  ministri sono deputati. E i senatori non l’anno presa bene. Anche vista la resistenza e la tenuta che hanno dimostrato di fronte alla campagna acquisti tentata da Conte.

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