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Governo Draghi, Sinistra italiana a un passo dalla rottura

Giusto due settimane fa c’era stato il secondo congresso nazionale di Sinistra Italiana (tutto online) che aveva rieletto segretario Nicola Fratoianni. Già domani però è convocata una assemblea nazionale del partito – il quale fa parte di LeU, assieme ad Art.1-Mdp – che si preannuncia drammatica e di rottura. L’orientamento generale è quello di una non fiducia al governo Draghi, bisogna capire se votando no o astenendosi; solo che dentro Si c’è chi sta pensando invece a dare il via libera. Un caso è quella di Loredana De Petris, che è anche capogruppo di LeU al Senato (la riconferma di Roberto Speranza a ministro della Salute testimonia la bontà di un impegno straordinario e costante nella lotta alla diffusione del Covid19 e nella tutela del bene fondamentale della sanità pubblica”, ha twittato ieri sera); ed è indeciso sul da farsi anche Erasmo Palazzotto, deputato.

LeU a rischio spaccatura sul sostegno a Draghi, Speranza preme per il Sì

Fratoianni da par suo dice che “discuteremo. E assieme decideremo come comportarci. Anche in Parlamento. Dopo, come è giusto, dirò fino in fondo cosa penso”. Ma per Sinistra Italiana sostenere un governo con Forza Italia e Lega, guidato da un banchiere, è davvero troppo. Su questa posizione ci sono anche Nichi Vendola e Luciana Castellina, che assieme a Fabio Mussi sono un po’ i nomi tutelari della formazione nata come proseguimento di Sel. Posizionamento simile per Peppe De Cristofaro, sottosegretario all’Istruzione dello scorso governo. Il problema poi non è solo il perimetro di governo, ma anche il fatto che se anche Si sostenesse Draghi il monopolio dell’opposizione resterebbe in mano alla destra dei Fratelli d’Italia.

Dentro LeU, come detto, c’è Art.1-Mdp che con la nomina del proprio segretario Speranza alla Salute si è tolta ogni dubbio. Sostegno pieno, idem per Stefano Fassina. In generale nel gruppo restano delle indecisioni, come Francesco Laforgia e Luca Pastorino. E i no delle ex 5 Stelle Elena Fattori e Paola Nugnes. Quel che appare chiaro è che il mai decollato esperimento di LeU, di fatto rimasto solo un cartello elettorale, si sta sfaldando anche a livello parlamentare. Su una cosa comunque tutti i protagonisti restano concordi: il fronte con Pd e M5s deve restare in piedi, meglio ancora se il futuro candidato premier sarà ancora Giuseppe Conte. Un presidente del Consiglio “caduto sotto i colpi di una manovra politica – ragiona Fratoianni – che aveva un obiettivo molto chiaro: impedire che a gestire i fondi del Recovery plan fosse il suo governo e quella strana maggioranza, instabile, forse incerta, ma in ogni caso non disposta a far pagare il costo della crisi sempre agli stessi”.



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