Governo Draghi, va in scena lo psicodramma 5S. Di Maio: “Governo politico”

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Il senso dello psicodramma scatenato nel Movimento 5 stelle dal solo nome, Mario Draghi, è tutto nelle parole che a un certo punto della lunga assemblea degli eletti di ieri pronuncia Nicola Morra. Il presidente della commissione Antimafia dice, testualmente, che l’ex governatore della Banca centrale europea “è espressione di poteri finanziari che hanno sottratto diritti sociali a popoli oltre che a Stati, dopo aver permesso che questi Stati si indebitassero”. E quindi: “La chiusura deve essere netta”. Poi però aggiunge che certo “ci sono state alcune evoluzioni, un editoriale per il Financial Times”, e insomma: “Posto che il governo di alto profilo chiesto dal presidente non deve per forza essere tecnico, dobbiamo rimanere in attesa di questa prospettiva che verrà chiarita dallo stesso Draghi”. Tradotto, lo dice lo stesso senatore M5S: “Prima vedere cammello, poi pagare moneta”.

Nelle quasi quattro ore di confronto dei 5 stelle su Zoom il premier incaricato è a tratti Dracula, Belzebù, l’incarnazione dei poteri forti, lo schiavo di Goldman Sachs, la rovina di Antonveneta. E però, quando alle 16:18 Jessica Costanzo chiede: “Scusate, non ho capito cosa faremmo noi se Draghi mettesse nel suo team qualcuno di noi”, nessuno le risponde. Neanche il reggente Vito Crimi, che nella replica si limita a dire: “Andremo all’incontro con Pd e Leu, si sono comportati lealmente: da quest’assemblea esce forte il no a un governo tecnico, ma vedremo le carte prima”. E così, i toni dell’inizio – dobbiamo restare uniti, senza noi non faranno nulla, serve un governo politico, i tecnici sono il male, al voto, al voto – mutano di intervento in intervento fino a diventare una disponibilità. Quasi dimenticando quel Giuseppe Conte premier in nome di cui i 5 stelle erano pronti a immolare tutto, col sostegno di Beppe Grillo garantito da remoto. E con una strada sempre aperta: “Il voto su Rousseau è un’ipotesi da non trascurare”.

Draghi, ecco cos’è il governo del presidente. Le differenze con quelli tecnici, istituzionali e di scopo

Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia uscente, dopo aver ricordato che quelli di Matteo Renzi erano solo “pretesti per farci cadere”, dice che può esserci solo un governo politico con il Movimento. Aggiungendo, almeno lui: “Dobbiamo mantenere compattezza intorno a Conte consapevoli che con lui è iniziato un percorso che non si chiude qui”. Inevitabile che molti non capiscano: “Ma è un no o un’astensione”, chiede Gabriele Lorenzoni. “Mi sentite? Mi sentite?”, interviene Federica Dieni: “Ma adesso l’abbiamo capito che mai dire mai? Avete detto mai con Renzi e vi siete messi a trattare senza consultarci. Ieri notte era “Draghi no” adesso “anche sì, ma politico”. Dovremmo fare un passo indietro tutti”, e per tutti intende i ministri uscenti. Poi certo, ci sono gli irrecuperabili. Per Alessandra Maiorino “Mattarella ha detto “governo che non deve identificarsi con nessuna forza politica”, smettiamo di raccontarci la favoletta, questo è un commissariamento dell’Italia, il frutto di una congiura di palazzo!”. Brividi su Zoom. Dopo di lei, prende la parola Elio Lannutti, che è sempre meglio tralasciare. Per passare subito al presidente dei senatori M5S Ettore Licheri secondo cui probabilmente Draghi “non piace alla gente umile, povera, misurata, silenziosa, quella abituata a essere governata da chiunque”.

C’è la vicepresidente del Senato Paola Taverna, che invita tutti a non ascoltare le sirene che arriveranno, perché convinta che l’ex presidente Bce “agirà per il bene dei conti, non dei cittadini”. La precede con foga Marco Pellegrini: “Se dicessimo sì a un’ipotesi del genere saremmo ricordati come i traditori più schifosi della storia italiana”. La deputata Marta Grande pare quasi aver parlato con qualcuno del Pd, perché usa gli stessi argomenti: “Stiamo presupponendo ora che ci sarà governo tecnico, quando per certi versi tirandoci fuori lasceremmo lo spazio a un governo tecnico”. Sergio Battelli, sembra il bambino nella favola dell’imperatore. “Vi sento dire, “abbiamo già dato con la responsabilità”, ma cosa? Nessuno ci ha puntato la pistola alla testa, abbiamo preso quelle decisioni perché volevamo governare, Ho letto macelleria sociale, smantellamento, tagli, lacrime e sangue, ma se arrivano 200 miliardi di Recovery!”. Chiede, Battelli, di sapere ora, subito, cosa vuol fare Conte: “Stare nel Movimento, una lista, un partito, i cazzi suoi?”. Anche in questo caso, nessuno risponde. Quando Di Maio prende la parola ricorda a tutti che non si tratta solo del governo, ma della sopravvivenza dell’alleanza giallorossa. “Non è che caduto Conte torniamo a dire che dobbiamo rifiutare il Recovery? Siamo cresciuti”. Invita a “lavorare a un governo politico”. il ministro degli Esteri uscente, ma non dice con chi. Da fuori, a ora di cena, Alessandro Di Battista sente il bisogno di scrivere su Facebook: “Non cedete, qualsiasi sostegno a un governo Draghi diventerebbe un no a Conte”. La sua voce però, dentro Zoom, arriva come un’eco lontana.

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