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Governo e sostegno alle famiglie, Bonetti: “Chi ha meriti tra Pd e Iv sull’assegno unico? Meglio pensare che ora la responsabilità è di tutti”

“L’assegno unico è un risultato storico perché finalmente facciamo un primo passo per cambiare le politiche familiari in Italia, rimettendo al centro le nuove generazioni, le donne, il sostegno alla genitorialità e la parità di genere”. È molto contenta, Elena Bonetti: il Senato sta per licenziare una delle leggi a cui ha lavorato per oltre un anno e mezzo a cavallo di due esecutivi. Ma, a parte le polemiche su chi debba prendersene il merito, la ministra di Italia viva sarà soddisfatta solo quando, lei spera entro fine anno, sarà approvato l’intero pacchetto. “Quando Matteo Renzi mi chiamò per entrare al governo”, racconta, “ci siamo chiesti come avremmo potuto aiutare in concreto le donne e gli uomini di questo Paese. E ci siamo detti che occorreva offrire loro la possibilità di fare progetti di vita e di poterli realizzare, grazie a politiche familiari universali e stabili. Da lì è nata l’idea del Family Act che abbiamo portato alla Leopolda, una riforma organica in grado di attivare un processo di prospettiva, non solo una sommatoria di singoli interventi com’è stato fin qui. È il contributo riformista di Italia Viva alle politiche familiari.   

Ci arriviamo ministra, intanto partiamo dall’assegno unico: Iv e Pd da giorni battibeccano per contendersene la paternità (o, nel suo caso, la maternità). Vogliamo fare un po’ di chiarezza?

“Penso che più che discuterne la paternità o la maternità, si tratta ora di non perdere di vista l’enorme valenza politica di questa misura, il perché l’abbiamo voluta, che cos’è e di assumercene tutti, questo sì, la responsabilità”.

Ci spieghi allora cos’è e perché l’avete voluto.

“L’assegno unico e universale è il primo pezzo di una riforma profonda e innovativa a servizio delle famiglie, che diventa legge dello Stato. Tutti i nuclei avranno una somma mensile a disposizione di ogni figlio, la cui quantificazione è commisurata al reddito e cresce dal terzo figlio in poi, a prescindere che i genitori siano lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti. Ma questa, ripeto, è solo la prima delle misure del Family act: alla fine del percorso avremo una visione complessiva delle politiche familiari su educazione, natalità, sostegno alla genitorialità, lavoro femminile e autonomia dei giovani: con un approccio integrato e non come misure spot e disarticolate”.

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Ma quella sull’assegno unico non è una legge di iniziativa parlamentare presentata dal Pd nel 2014, poi reiterata all’inizio di questa legislatura, che lei ha solo portato a termine?

“L’assegno unico è il frutto di una convergenza ampia di proposte e di posizioni politiche diverse, che si sono integrate nella riforma complessiva del Family Act e nella visione che propone, per esempio l’universalità. Qui il tema non è chi ha messo il proprio pezzetto. Non a caso si tratta di una legge approvata alla Camera da tutto l’arco parlamentare: abbiamo avuto 452 voti favorevoli. È l’esempio di una politica che sa unirsi laddove c’è una misura che serve al Paese, al di là del posizionamento dei singoli partiti. Come ho detto intervenendo in Aula: questa è una riforma per tutti e quindi deve essere di tutti”.

È sicura che basti dare un obolo alle famiglie per uscire dall’inverno demografico che ha colpito l’Italia?

“Certo che no. Ed è il motivo per cui l’assegno sta dentro al Family Act, agganciato ad altre misure altrettanto rilevanti. Se infatti pensassimo di risolvere il problema della denatalità solo con l’assegno sbaglieremmo di nuovo strategia. Una risposta è sì l’assegno, ma insieme al sostegno alle spese educative, al lavoro femminile e all’investimento nei giovani. Uno degli elementi chiave della denatalità nel nostro Paese è la correlazione evidente tra la libertà delle donne di poter progettare la propria vita e il pieno accesso al mondo del lavoro, anche integrandolo con l’esperienza della maternità”.

E come si risolve?

“Occorre sanare le diseguaglianze che esistono nel mondo del lavoro e nelle famiglie, rispetto ai carichi di cura e alle carriere femminili. Nel Family Act per esempio si prevede la revisione dei congedi parentali per garantirli a tutti i lavoratori, non solo a quelli dipendenti, e in modo paritario tra donne e uomini. Ci sono poi incentivi per promuovere il lavoro femminile; la decontribuzione del lavoro domestico; la possibilità di rendere meno costoso per le imprese assumere le donne. Oggi una donna e un uomo all’inizio della loro carriera scontano non solo uno stereotipo culturale, ma una donna è potenzialmente un costo maggiore, perché se rimane incinta le imprese devono pagare qualcosa in più. Ebbene quel di più lo deve sostenere lo Stato, perché la maternità deve essere considerata un investimento sociale e perché donne e uomini devono partire davvero alla pari nel lavoro. Sono i dati a dirci che laddove aumenta l’occupazione delle donne, aumenta anche la natalità”.

Sembra una rivoluzione, quanto ci vorrà per metterla in pratica?

“Il Family act ha terminato le audizioni alla Camera, a breve sarà messo ai voti in commissione. Mi auguro che entro la fine dell’anno possa essere approvato per poi poter dar corpo ai decreti attuativi. Spero che si faccia in fretta: si tratta di una riforma che il nostro Paese attende da anni e risponde alla necessità di poter avere strumenti stabili, strutturali, mese dopo mese. La difficoltà oggi di iniziare un percorso familiare, di diventare genitore, è la paura di non poter sostenere questa scelta”

Intanto le risorse stanziate sull’assegno unico non sembrano sufficienti: ce la farete a partire entro il primo luglio o c’è il rischio di un rinvio?

“Il presidente Draghi ha dato un’indicazione chiara: il primo luglio si parte”.

Draghi ha indicato un importo pari a 250 euro al mese per ogni figlio, se disabile anche di più. Ma stando ai calcoli più recenti, alcune famiglie potrebbero prendere molto meno. I 20 miliardi di dotazione saranno aumentati?

“Il Mef sta facendo le quantificazioni precise perché nessuno ci perda. L’assegno è universale ma distribuito sulla base del reddito, è questo il vero cambio di approccio: andrà a tutti i bambini, indipendentemente dal contesto familiare, se cioè i genitori siano partite Iva o lavoratori dipendenti. Oggi non tutti ricevono lo stesso sostegno da parte dello Stato. Eppure, nel dramma che stiamo attraversando, le famiglie hanno pagato un prezzo altissimo alla pandemia, con i figli in Dad, i centri educativi chiusi, senza occasioni di socialità. Perciò io credo che se servirà un ulteriore investimento per sostenerle, specie chi è economicamente più in difficoltà, troveremo le risorse necessarie”.

Pensa che con il Family act avremo un’Italia più giusta, attenta ai bambini e alle donne?

“Assolutamente sì. Diventeremo finalmente un Paese dove le donne e gli uomini potranno realizzare i propri progetti di vita. Che comincerà a guardare avanti, senza avere paura del futuro. E’ la differenza che passa tra politiche di sola assistenza e politiche di investimento”.

Un ultima domanda su Renzi: cosa pensa dei suoi ripetuti viaggi nel Golfo, mentre gli italiani sono bloccati in casa dalla pandemia?

“I viaggi per lavoro o rappresentanza sono possibili dentro un quadro normativo. Direi che non c’è bisogno di aggiungere altro, se non che Matteo Renzi è una persona che mai si sottrae alle spiegazioni e men che meno alla responsabilità delle sue azioni”.

il caso

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Sfugge però chi o cosa debba rappresentare a Dubai o in Barhein…

“Non entro nella sua agenda ma è un senatore della Repubblica, un ex presidente del Consiglio italiano, e come altre figure della sua levatura ha rapporti internazionali che per il nostro Paese è importante mantenere”.



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