Governo, la spallata di Draghi ai partiti: “Dopo Palazzo Chigi un lavoro me lo trovo da solo”

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ROMA – È un messaggio talmente duro da far traballare i partiti. Una spallata per divincolarsi dall’abbraccio mortale delle segreterie. “Io federatore del centro politico nel 2023? Lo escludo”. Mario Draghi si ferma, quasi sfida la sala stampa con un sibilo: “Vorrei aggiungere un’altra cosa. Ho visto che tanti politici mi candidano a tanti posti in giro per il mondo, mostrando una sollecitudine straordinaria – sostiene, in un passaggio denso di ironia tagliente – Io li ringrazio molto, anzi moltissimo, ma vorrei rassicurarli: se dopo questa esperienza decidessi di lavorare, probabilmente un lavoro me lo trovo anche da solo…”.

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Il senso politico è chiaro, durissimo: il governo medierà, ma alla fine deciderà (già la prossima settimana, per dire, il premier imporrà il decreto sui balneari, nonostante la Lega). E ancora: nessun leader pensi di potermi tenere ostaggio, nessun partito immagini che sarò io a inseguire loro – semmai il contrario – il mio orizzonte è il 2023 e non presterò volto e nome a chi vuole raccogliere consenso con il mio “brand”. È una svolta. Che nega una possibile “montizzazione”. Un approccio assai distante da quello tenuto quando sperava di scalare il Colle e si definiva “nonno al servizio delle istituzioni”. Gli ricordano quella formula, lui sorride e picchia ancora più duro: “Ho già risposto, lo escludo! Chiuso. Vorrei esser chiaro!”.

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Nessuno, ovviamente, può prevedere se davvero tra uno o due anni il premier resterà fuori dai giochi, tante sono le variabili in campo: un eventuale governo frutto di un pareggio elettorale, una ricomposizione del quadro politico se fosse varata la proporzionale, nuovi incarichi europei, la prospettiva di lungo termine del Quirinale. Ma il messaggio di oggi è questo: il governo si occupa dei prossimi quattordici mesi. Innanzitutto senza rimpasti, “perché la squadra è efficiente e va avanti”. E con un’agenda che non può tenere conto dei malumori dei partiti, che in Parlamento sgambettano sempre più apertamente Palazzo Chigi: “Il dovere del governo è proseguire e affrontare sfide importanti per gli italiani”.

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Quali? Il caro-bollette, l’inflazione, la pandemia e il Pnrr. Proprio per i fondi europei girerà l’Italia. Parlerà ai cittadini, di fatto scavalcando i partiti. Affiancando però le visite ad altre missioni di stampo diverso, nazionali e internazionali. E così mercoledì sarà in Abruzzo, nel laboratorio di ricerca del Gran Sasso, proprio mentre riprende il dibattito sull’energia, le nuove fonti e anche il nucleare. E ancora, c’è la voglia di un nuovo protagonismo internazionale. In Europa c’è da cambiare il Patto di stabilità e conta di farlo al fianco di Emmanuel Macron. E dunque, non è confermato – ma è una possibilità – che mercoledì prossimo voli a sorpresa in Francia per partecipare assieme al Presidente francese a un incontro sulla strategia spaziale europea.

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Resta la battaglia quotidiana, per dribblare gli assalti delle forze di maggioranza. La riforma della giustizia, in questo senso, è simbolica. Draghi riesce a divincolarsi dalla palude imponendo che il testo venga approvato senza nuovi rinvii. Decisiva è la gestione del rapporto con i partiti, che porta avanti fino all’ultimo e con successo il capo di gabinetto Antonio Funiciello. Ma resta la fatica. A poche ore dalla riunione dell’esecutivo, manca solo il via libera di Forza Italia. E stavolta è tutt’altro che scontato: la giustizia è per il partito di Berlusconi una “ragione di vita”.

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Le anticipazioni filtrate conducono lo stato maggiore azzurro sull’Aventino, su una posizione più rigida – per una volta – di quella della Lega. Antonio Tajani, il vicepresidente, convoca al mattino un summit con gli esponenti di governo: “Se non abbiamo il testo non andiamo neppure in cdm”. Arriva una prima bozza, contiene alcune richieste forziste: un giro di vite più forte sulle porte girevoli fra politica e magistratura, il parere dell’avvocatura sulla valutazione dei pm. Ma sono aperture, quelle di Draghi, ritenute insufficienti: Forza Italia chiede la separazione delle funzioni e il sorteggio “temperato” come criterio di elezione del csm. Il consiglio dei ministri slitta di ora in ora.

C’è pure Silvio Berlusconi, in collegamento, e non intende fare sconti al premier. Valuta fino all’ultimo la possibilità di far disertare la riunione di governo, persino il voto contrario alla riforma. La situazione si sblocca con un documento che viene trasmesso a Chigi e fatto mettere a verbale: c’è l’impegno a non apporre la fiducia al provvedimento. Ed è una posizione, questa, concordata con la Lega. Il cdm può cominciare e partorire infine un voto unanime. “Oggi è stata una grande giornata, per Draghi, per il governo e per la politica”, dice Renato Brunetta. In attesa che si esprimano le Camere.

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