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Green pass, ma nei ristoranti i controlli ci sono? Ecco la situazione da Nord a Sud

Dei ristoratori che non chiedono il green pass, se devo essere sincero, penso tutto il male possibile: fosse per me ritirerei loro la licenza per almeno 3 mesi perché non si dovrebbe scherzare sulla salute a cominciare in realtà, da chi in quel ristorante ci lavora e ti permette di fare il tuo business quindi se non rispetti i tuoi collaboratori non mi stupisce che te ne possa fregare dei tuoi clienti”. Per Piero Pompili, l’uomo di sala a 360 gradi del ristorante “Al Cambio” di Bologna, non ci sono giustificazioni. Nella ristorazione non c’è posto per i furbetti del certificato verde, che a breve diventerà sul campo Super green pass, riservato solo a vaccinati e guariti dal Covid-19. Sostituirà quello attuale e dovrà essere scaricato nuovamente.

Piero Pompili (secondo da sinistra) con lo staff del Cambio di Bologna 

Il Gusto ha provato a fare una mappa di indicazioni e considerazioni sul tema del lasciapassare nei luoghi della ristorazione per tentare di seguire un filo rosso, o meglio verde, di una ipotetica statistica fra rispetto e inosservanza delle regole. Ipotetica perché non esistono, almeno per il momento, dati completi e ufficiali su quanti siano, in tutta Italia, i locali in cui si chiede il pass in maniera sistematica e quelli dove invece c’è l’ingresso libero. Sempre, o a volte, magari quando il ristorante è pieno e non si vuol perdere tempo, neanche quei pochi secondi che servono per controllare la carta verde in possesso del cliente attraverso l’applicazione sul cellulare. Ciascuno potrebbe fare la sua personale classifica, ricordando i posti frequentati nelle ultime settimane ed elencando quelli ligi alle regole e quelli con le maglie larghe in cui far accomodare il virus senza nessun ostacolo. Ora che è arrivato il freddo i dehors non sono più gettonati come prima e a volersi sedere all’interno sono in tanti, anche chi il lasciapassare non ce l’ha. Ma ci prova lo stesso a superare l’ostacolo, arrivando a inventare scuse poco credibili come ingordi cellulari che si mangiano improvvisamente il pass che scompare dallo schermo proprio quando ci si trova all’ingresso di un ristorante.

Un uomo (di sala) al comando: Valerio Capriotti e il nuovo Baccano

I CONTROLLORI

Per quanto riguarda i controlli ai controllori, vengono o dovrebbero esser fatti a campione da parte di tutti i pubblici ufficiali, dai Carabinieri alla Polizia, dai vigili urbani alla Guardia di Finanza. Il Viminale ha fatto sapere che potrebbe essere impiegato anche l’esercito.

“Dal 6 agosto prosegue la campagna di controllo da parte dei Carabinieri NAS sul rispetto dell’obbligo del green pass per l’accesso a determinate categorie di attività e servizi – spiega a Il Gusto il maggiore Dario Praturlon del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute -. Anche se le infrazioni riscontrate non sono state moltissime rispetto al numero di attività ispezionate hanno evidenziato la necessità dei controlli. Ad oggi su oltre 12 mila esercizi attenzionati, oltre la metà intorno al 60-70% nel settore della ristorazione, le violazioni sono state 778. Ciò che più ci ha sorpreso è stato il fatto che la maggioranza (428 per tutte le categorie) è stata contestata ai titolari ritenuti responsabili di omessa verifica del green pass“. Le altre 350 sanzioni sono state applicate nei confronti dei clienti e 68 per i dipendenti impegnati in attività lavorative senza il certificato verde. Dagli esiti delle ispezioni risulta che 497 sanzioni (pari al 64% complessivo) sono state rilevate presso strutture di somministrazione di alimenti e bevande, come ristoranti, pizzerie e bar, delle quali 93 hanno riguardato il mancato controllo del green pass da parte degli operatori delle attività.È stata anche verificata la corretta applicazione delle restanti misure di contenimento alla diffusione epidemica, contestando ulteriori 430 violazioni dovute all’inosservanza circa le operazioni di sanificazione, l’uso delle mascherine, le informazioni agli utenti e agli stessi dipendenti sulle norme di comportamento e di distanziamento.

Emessi anche provvedimenti di chiusura temporanea da uno a cinque giorni nei confronti di 25 attività.Tra gli ultimi interventi due, uno al nord, in Emilia Romagna, e uno al sud, in Calabria per una perfetta par conditio: “Sanzionato il titolare di un ristorante di Falerna (Catanzaro) poiché responsabile di aver consentito l’accesso e la consumazione al tavolo interno del locale ad un avventore sebbene privo della necessaria certificazione vaccinale. Accertate presso un ristorante ubicato a Cento (Ferrara) numerose violazioni alle misure di contenimento del Covid-19 da parte del titolare dell’attività di somministrazione quali la mancata verifica del possesso della certificazione verde (green pass) degli avventori e dei dipendenti, l’omesso utilizzo delle mascherine, l’assenza della cartellonistica indicante le norme di comportamento per evitare la diffusione del virus”. La Polizia di Stato invece non fornisce dati specifici ma rimanda a quelli generali, indicati quotidianamente nei tweet del Viminale che ha fatto. 

Valerio Capriotti, del Baccano di Roma 

FIPE: “LA MAGGIORANZA DEI RISTORATORI RISPETTA LE REGOLE” 

“La percentuale degli esercizi sanzionati in merito alle verifiche dei green pass è molto modesta e questo dimostra certamente che  la propensione degli esercenti, compresi ristoratori e baristi, al rispetto delle norme anti covid è alta – ci spiega Vincenzo Sbraga vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi -. Anche raddoppiando il numero di controlli è assai probabile che le percentuali di infrazioni restino sostanzialmente le stesse. Per quanto riguarda le diverse tendenze riscontrate è necessario fare delle distinzioni, in primis tra grandi e piccoli centri. Nei primi, in media, la percentuale di titolari di bar e ristoranti che controllano il green pass è superiore all’80%, con picchi che arrivano fino al 90% nei centri storici e percentuali che scendono fino al 65/70% fuori dal centro (in periferia). Nelle città più piccole, invece, la percentuale scende al 60/70%. Va detto, però, che quelle più basse registrate in periferia e nelle città piccole sono da imputare in parte a una minore propensione a far rispettare le regole, e in parte al fatto che in queste zone molte volte i clienti sono abituali e non servono controlli per sapere chi è in possesso di green pass e chi no. Chiaramente, dal canto nostro, auspichiamo che i controlli arrivino al 100%, come richiesto dalla legge”. 

“Sul super green pass, la nostra posizione è molto chiara – continua il rappresentante della Fipe Confcommercio – per noi è assolutamente fondamentale e prioritario non chiudere, quindi, al di là delle valutazioni di merito, siamo a favore di ogni misura che eviti questo scenario, nella consapevolezza che ci troviamo ancora in una situazione di emergenza. In quest’ottica, l’appello che facciamo alle imprese è di avere grande rigore nei controlli, anche se sappiamo che questo comporta importanti oneri di gestione, proprio perchè è questa l’unica strada per scongiurare ulteriori chiusure che metterebbero in ginocchio tutto il comparto in un mese come dicembre che prima della pandemia da solo valeva circa 9 miliardi di euro per il settore della ristorazione, mentre quest’anno la previsione è di 7,2 miliardi”. Si tratta del “10% del fatturato dell’intero anno e del 22% in più rispetto alla media mensile: troppo per un comparto che sta cercando di ripartire e che non può permettersi ulteriori incertezze”. Perché “consentire alle imprese di lavorare significa non solo garantire l’occupazione a 900 mila addetti tra dipendenti e indipendenti ma anche assicurare uno sbocco commerciale che vale 2 miliardi di euro ad una lunga filiera fatta di agricoltori, allevatori, vignaioli, imbottigliatori, pescatori e produttori artigianali e industriali di ogni genere”. 

Piero Pompili: “Vi spiego perché non apro oggi per non chiudere domani”

Anche secondo Luca Marchini che, oltre ad essere chef stellato del ristorante “L’Erba del re” di Modena, è consigliere provinciale della Fipe, il rispetto delle regole è assai diffuso nella sua regione, l’Emilia Romagna, e in tutto il nord. “A mio avviso 80/85% di ristoratori qui sono ligi al loro dovere. La maggior parte dei miei colleghi accetta il green pass, lo considera non una soluzione finale, ma un aiuto importante per ridurre i contagi e permetterci di rimanere aperti con le nostre attività. Anche se molti a volte sono in difficoltà, soprattutto nei locali particolarmente grandi e capienti, tanto da necessitare anche una persona preposta solo a quello. Tanti i controlli fatti dai pubblici ufficiali,  e fatti, per quello che ne so io  anche in modo corretto. Ovvio che maggiori sono i controlli e più si riduce la percentuale di quanto non chiedono il pass. Pochi, per fortuna, i clienti che ho mandato via: solo 6 per tre tavoli, in tre volte, uno i primi di  settembre, uno a inizio ottobre e uno a metà novembre. Hanno trovato scuse del genere “il cellulare è scarico”, oppure “non capisco come mai ma il telefonino mi ha cancellato il Qrcode…”. A confermare le bizzarre giustificazioni della clientela furbetta che in generale spera nella disattenzione del personale e nella possibilità di chiudere un occhio è Luca Montecalvo, responsabile di sala del ristorante modenese da più di 14 anni che “riesce perfettamente a capire quando è il momento di far rispettare le regole in modo ferreo”: “È difficile dire con diplomazia e delicatezza agli avventori sprovvisti di green pass che i loro documenti non sono in regola con le direttive governative. Tra l’altro non solo questo comportamento reca danni a loro, ma anche al ristorante, che magari alle 20,30 si ritrova con un tavolo vuoto. Ci vuole grande senso di responsabilità, noi lo usiamo sia per loro che per noi”.

Luca Montecalvo, dell’Erba del Re di Modena 

COSA ACCADE AL NORD

Rimanendo in Emilia Piero Pompili uomo di sala per eccellenza e restaurant manager illuminato del ristorante bolognese “Al Cambio” continua a battere dove la verifica duole: “Nella mia zona, a Bologna, so di ristoranti che sono stati multati perché non rispettavano le normative anti Covid, quindi parliamo di certificazione, distanziamento tra i tavoli e corretto utilizzo delle mascherine. E su Twitter dei bolognesi si erano messi a fare i nomi di locali che non chiedevano il green pass. Ho trovato che fosse una cosa molto utile e a giudicare dai commenti della gente, anche molto sentita come tema perché quando ti sei vaccinato e hai fatto il tuo dovere sociale, tutto vuoi tranne che un furbetto non rispetti le regole. Per quanto riguarda la presenza delle forze dell’Ordine da noi non sono mai venute ma nonostante questa totale mancanza di controlli continuiamo ad esser rigorosi. Dei green pass se ne occupa Domenico, il mio braccio destro. Per evitare assembramenti all’ingresso abbiamo deciso di controllarlo al tavolo, quindi li facciamo accomodare e mentre chiediamo l’acqua avvisiamo che al ritorno verificheremo anche il lasciapassare, perché non tutti lo hanno pronto quando arrivano e devono cercarlo nelle immagini del telefono a volte con attese veramente lunghe”. Sugli espedienti per superare l’ostacolo della certificazione Pompili ricorda un episodio accaduto qualche tempo fa: 

“Un cliente alla richiesta di esibire il green pass mi ha mostrato un foglio sudicio e stropicciato che non ho neanche voluto prendere in mano per com’era ridotto e che non attestava niente di niente – racconta -. Si è giustificato dicendo di non esser riuscito ad andare alla Usl per scaricarlo, di non essere un no Vax ma l’ingegnere che aveva lavorato all’App Immuni e che era un carissimo amico di Stefano Bonaccini. Quando ho proposto di chiamare Stefano che è un nostro abituale cliente ha fatto spallucce ed è andato via…”. 

Dalla terra romagnola arriva il commento di Vanessa Simini maître e sommelier di Makorè a Ferrara: “Se all’inizio l’attività di controllare la validità del green pass ci teneva molto impegnati, con il tempo è diventato tutto più semplice. Ormai tutti i clienti che hanno prenotato lo mostrano già all’ingresso. A controllarlo ci pensa tutto il personale di sala. Ci sono delle regole ed è giusto che tutti le rispettino. Sviarle, in questo momento più che in altri, non giova alla situazione. Non vorremmo che, per colpa di alcuni, tutti dovessimo rimetterci con limitazioni simili a quelle già vissute”. A dire la loro, dalla Lombardi, altre due professioniste della sala al femminile (“merce” rara in un mondo quasi esclusivamente maschile come si è visto alla presentazione della nuova guida Michelin con una sola donna insignita della stella): Annalisa Magri maître di Ottocentodieci Ristorante a Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia) e Elisabetta Ballerini dello stellato La Tavola, a Laveno Mombello (Varese). La prima racconta di quando la Guardia di Finanza è andata a fare dei controlli: “I finanzieri si sono presentati nel periodo della zona rossa, al bistrot, pensando che dovesse essere chiuso. In realtà poteva rimanere aperto perché era legato alla struttura alberghiera. Neanche loro avevano ben chiara la situazione. Ricordo però che hanno controllato accuratamente che tutti gli ospiti seduti al tavolo appartenessero realmente alla struttura alberghiera e non venissero da fuori”. “I ristoratori che non chiedono il pass non hanno capito che quel certificato è la nostra salvezza: è l’unico strumento che ci permette di rimanere aperti e di lavorare – puntualizza la seconda maître -. Non credo nella mia zona ci siano ristoranti che non lo verificano e non mi è mai capitato che qualcuno volesse entrare senza, anzi arrivano già all’accoglienza con il telefono in mano pronti per farlo vedere. Non ci danno neppure il tempo di chiederlo”. 

A Milano Caterina Poma, responsabile di Ratanà, informa che lì da loro, dove viene misurata la temperatura prima di mostrare il pass, nessuno è mai passato per i controlli: “Se ci sono stati dei furbetti che hanno provato a infrangere le regole? Ricordo due ragazzi giovanissimi, stranieri, che avevano mostrato il green pass falso, di persone molto più grandi di loro”.

In Piemonte Gualtiero Perlo,  maître di Opera Ingegno e Creatività a Torino, ci dice che da loro “le forze dell’Ordine non sono mai venute a controllare che i clienti all’interno del ristorante. “In caso di mancato rispetto delle regole ritengo sia giusto che i ristoratori siano sanzionati – sostiene -. Non è giusto che alcuni paghino per gli altri. Per quanto riguarda i clienti che vogliono entrare senza green pass ricordo bene un mese fa: una persona aveva chiamato per chiedere se ci fosse una sala riservata alle persone senza certificato. Al chiuso…”. 

Livia, Mario e Alfonso Iccarino, del Don Alfonso di Sant’Agata dei due Golfi 

COSA ACCADE AL CENTRO SUD

A Roma Valerio Capriotti restaurant manager di Baccano, a un passo da Fontana di Trevi, spera che “il green pass rafforzato anche se ridurrà il numero dei clienti possa davvero servire per evitare nuove chiusure che non possiamo permetterci”.

Dei ristoratori che non lo chiedono penso che non abbiano nessuna responsabilità civica e civile né onestà intellettuale, di queste persone ho davvero una bassissima stima -continua -. Dobbiamo controllare gli ingressi perché bisogna tutelare noi stessi e il nostro staff e naturalmente la clientela. Per questo abbiamo quattro hostess alla porta del ristorante che chiedono con gentilezza il pass e fanno rispettare la fila. Si può perdere qualche minuto ma è necessario farlo per poter essere più sicuri e tutelati. Di controlli da parte delle forze dell’Ordine finora ne abbiamo avuti due, e mi auguro che ce ne siano degli altri, non solo nei luoghi della ristorazione ma ovunque servano, per esempio sui mezzi pubblici. Per quanto riguarda le scuse per poter sedersi all’interno senza certificato a volte c’è chi dice di voler entrare per cercare qualcuno…”.

Sempre nella Capitale Barbara Agosti fa sapere che nel suo ristorante Eggs a Trastevere “i controlli li hanno fatti almeno sette, otto volte, un po’ tutti, vigili urbani, carabinieri e Guardia di Finanza, ma ogni volta è stato verificato il rispetto del distanziamento dei tavoli, l’uso delle mascherine da parte dei camerieri e della brigata, ma mai sul green pass”. “Sono d’accordo nell’attivare quello rafforzato – spiega – ma se non c’è chi controlla è inutile”

Arrivando al Sud è fare il quadro della situazione è Alfonso Iaccarino, chef campano del bistellato Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui due Golfi. Lui è anche assessore al turismo del Comune di Sorrento e il suo è un osservatorio privilegiato sul regno delle due Sicilie. “La categoria dei ristoratori delle regioni meridionali è cresciuta molto e tutto il comparto è  attentissimo a che non ci siano altri rischi di chiusure – assicura – per questo la stragrande maggioranza chiede il green pass. Certo anche qui qualche no vax c’è come accade in tutte le altre parti d’Italia ma l’attenzione è alta e anche il super green pass è stato ben accolto. È lo strumento che ci permette di vivere e lavorare in sicurezza grazie al vaccino”. Sui clienti che volevano entrare senza certificato verde nel ristorante famoso in tutto il mondo per la sua proverbiale accoglienza, che ora è in pausa e riaprirà la prossima primavera, interviene Mario Iaccarino primogenito di Alfonso, general manager della struttura e direttore di sala: “Al momento della prenotazione, al telefono, c’è stato chi ha tentato di oltrepassare i controlli mostrandosi sorpreso per la nostra richiesta e facendo di tutto perché accettassimo la sua richiesta. Ma invano. La tutela della salute viene prima di ogni cosa”. 



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