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I casi di tumore del collo dell’utero si riducono del’87% col vaccino anti-Hpv

L’incidenza del cancro al collo dell’utero si riduce dell’87% nelle donne vaccinate contro il papillomavirus umano (HPV) tra 12 e 13 anni, del 62% in quelle vaccinate tra 14 e 16 anni e del 34% in quelle raggiunte tra i 16 e 18. Sono i dati di uno studio del King’s College di Londra finanziato dalla Cancer Research UK e pubblicato su Lancet. Nonché la prima evidenza diretta – sottolineano gli autori – dell’impatto del vaccino anti-HPV bivalente sulla popolazione, che protegge contro i ceppi 16 e 18: quelli più comuni e ritenuti responsabili di circa il 70-80% di tutti i tumori alla cervice uterina e del 70% delle lesioni precancerose di vulva e vagina HPV-correlate, oltre che del 90% dei casi di cancro all’ano.

Meglio del previsto

In Gran Bretagna il programma di vaccinazione contro il virus HPV è stato introdotto nel 2008, con vaccinazione bivalente per le adolescenti tra i 12-13 anni e inoculazioni cosiddette “di recupero” – cioè offerte alle ragazze di età più avanzata – fino ai 18 anni. “L’utilità della vaccinazione nel prevenire l’infezione da HPV è stata dimostrata in Inghilterra da studi precedenti, ma le prove dirette della prevenzione del cancro della cervice erano limitate”, ha detto Peter Sasieni del King’s College di Londra e tra gli autori della ricerca: “I primi studi di modellizzazione – ha aggiunto Sasieni – suggerivano che l’impatto del programma vaccinale sul carcinoma della cervice uterina si sarebbe manifestato in modo apprezzabile nelle donne di 20-29 anni alla fine del 2019. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di quantificare questo impatto. Che è risultato persino maggiore di quello previsto dai modelli”.

Sette coorti

I ricercatori hanno esaminato i dati raccolti dal Registro tumori tra gennaio 2006 e giugno 2019 relativi a sette coorti di donne che alla fine del 2019 avevano tra 20 e 64 anni. La popolazione vaccinata era costituita da tre coorti: le donne vaccinate con il vaccino bivalente a 12-13 anni, quelle che lo avevano ricevuto a 14-16 anni e quelle a cui era stato oculato a 16-18 anni. Oltre all’impatto della vaccinazione sul numero di casi di cancro della cervice è stata valutata anche quello sull’incidenza della CIN3, una sigla che sta per cervical intraepithelial neoplasia: un tumore in cui le cellule del collo dell’utero alterate non vanno oltre l’epitelio ma potrebbero evolvere col tempo.

I risultati

Durante il periodo considerato dallo studio, in Inghilterra sono state registrate 28.000 diagnosi di cancro della cervice e 300.000 di CIN3. Ed ecco il dato importante: nelle tre coorti vaccinate si sono contati circa 450 casi in meno di cancro cervicale e 17.200 di CIN3 rispetto a quanto ci si aspettasse nella popolazione non vaccinata. Da qui i calcoli che portano alle riduzioni del cancro della cervice fino all’87% in chi era stato vaccinato tra 12 e 13 anni. Per quanto riguarda i casi di CIN3, la riduzione è stata del 97% nelle donne vaccinate tra 12 e 13 anni, del 75% in quelle vaccinate tra 14 e 16 anni e del 39% nelle donne vaccinate tra 16 e 18 anni.

Incoraggiare la vaccinazione (e comprendere il potere dei dati)

“Come prevedevamo, la vaccinazione contro l’HPV è stata più efficace nelle coorti di ragazze raggiunte dalla vaccinazione all’età di 12-13 anni, tra le quali è meno probabile un’infezione precedente all’immunizazzione”, ha detto Kate Soldan dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito e co-autrice dello studio su Lancet.

“Speriamo – ha aggiunto Soldan – che questi nuovi risultati incoraggino la diffusione della vaccinazione, poiché il successo del programma vaccinale dipende non solo dall’efficacia del vaccino, ma anche dalla percentuale di popolazione che si vaccina”.

“I risultati di questo studio sono estremamente importanti per incoraggiare chi è idonea a vaccinarsi, ma anche a mostrare il grande potere che hanno i dati nell’aiutare i ricercatori e il servizio sanitario nazionale a capire cosa provoca il cancro e il modo migliore per diagnosticarlo, prevenirlo e trattarlo”, ha aggiunto Lucy Elliss-Brookes, direttore associato del servizio Data Curation del NHS Digital, anche lei tra gli autori della ricerca.

I limiti dello studio

Lo studio ha alcuni limiti. Per esempio la questione dell’età delle donne vaccinate; che sono ancora troppo giovani perché si possa valutare il pieno impatto dell’immunizzazione sui tassi di carcinoma della cervice. Ma è importante anche notare che le due infezioni da HPV più comuni, contro le quali protegge il vaccino bivalente, sono presenti nel 92% delle donne con diagnosi di cancro cervicale prima dei 30 anni. Bisogna sottolineare anche che il vaccino bivalente è stato utilizzato nel Regno Unito dal 2008-2012, e che da settembre 2012 viene utilizzato un altro vaccino quadrivalente, che protegge anche dai ceppi 6 e 11, responsabili del 90% dei condilomi genitali.

Il messaggio per i paesi a basso reddito

“La portata dell’effetto della vaccinazione HPV documentata da questo studio dovrebbe stimolare i programmi di vaccinazione nei paesi a basso e medio reddito, dove il problema del carcinoma del collo dell’utero è un problema di salute pubblica di gran lunga maggiore che non nei paesi con sistemi consolidati di vaccinazione e di screening – ha scritto in un commento allo studio Maggie Cruickshank dell’Università di Aberdeen: “La questione più importante, oltre alla disponibilità del vaccino, è l’educazione della popolazione ad accettare la vaccinazione, poiché un aumento del tasso di immunizzazione è un elemento chiave di successo”.



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