Il giro di valzer Salvini-Berlusconi

Pubblicità
Pubblicità

Qualcosa si muove a destra e per averne conferma basta scorrere testate quali La Verità, Libero, Il Tempo. Il vecchio mosaico che per anni ha avuto Silvio Berlusconi come centro focale è ormai scomposto, ma al tempo stesso cresce l’esigenza di rimettere a posto i tasselli in forme innovative. Ecco allora che si accredita un avvicinamento tra Salvini e lo stesso Berlusconi, ossia tra una Lega ancora prima nei sondaggi, sia pure ridimensionata rispetto a un paio d’anni fa, e una Forza Italia bisognosa di invertire la tendenza alla disgregazione. La nascita di “Coraggio Italia” del sindaco Brugnaro – secondo un progetto che traeva origine da un’idea berlusconiana per insidiare il territorio leghista e poi ha preso un’altra piega – è la prova che nel palazzo sono cominciate le manovre in vista del Quirinale (gennaio 2022). Potrebbe essere solo l’inizio dello smottamento.

Sulla carta ci sono buone ragioni per spiegare la convenienza di un “giro di valzer” tra Salvini e il fondatore di Forza Italia, entrambi sostenitori di Draghi. Tuttavia ce ne sono altrettante per guardare con scetticismo all’operazione. Ad esempio, è evidente che queste mosse nascono dalla paura di Giorgia Meloni e della sua ascesa nei sondaggi. Se Fratelli d’Italia non fosse a due passi dalla Lega, c’è da credere che Salvini non si curerebbe della sorte di Forza Italia. Peraltro un’alleanza rilanciata sotto pressione esterna, temendo una sconfitta storica, rischia di essere controproducente, a meno di non definire bene i ruoli e la direzione di marcia. Sarebbe logico a tale proposito l’ingresso della Lega nel Partito popolare europeo. A maggior ragione, è ovvio, se l’obiettivo a breve termine fosse una sorta di partito unico; ma anche se si restasse nell’ambito del patto di unità d’azione, l’Europa dovrebbe essere il terreno comune. Viceversa siamo lontani da un tale approdo.

Salvini ha appena partecipato a un incontro in Portogallo di “Identità e Democrazia”, l’ombrello sotto il quale si riuniscono le sigle dell’estrema destra europea. Da lì ha proposto una federazione delle forze conservatrici in opposizione al gruppo socialista del Parlamento di Bruxelles. Un tentativo un po’ maldestro per incalzare Giorgia Meloni, che del gruppo dei Conservatori è presidente, ma i cui esiti pratici si presume saranno nulli. Non a caso la voce più critica è quella di Forza Italia, custode del rapporto con Angela Merkel che dell’estrema destra è nemica giurata. La contraddizione è palese. Da un lato avvicinarsi a Berlusconi significa preparare l’ingresso nel Ppe; dall’altro mantenere certi legami – Le Pen e altri – significa precludersi quello sbocco. Il che apre un altro interrogativo: chi avrebbe il bastone di comando nel nuovo soggetto Lega-Forza Italia? Se Salvini ha in mente una specie di annessione, è sicuro che al dunque Berlusconi avrà ancora la forza per dire “no”. Se invece s’immagina un Salvini ammansito in chiave neo-centrista, la trasformazione sarebbe interessante, ma nella Lega ci sono altri, da Giorgetti a Zaia, in grado d’interpretare meglio di lui la nuova parte in commedia.

Quel che è certo, il patto avrebbe un precario avvenire se restasse prigioniero delle ambiguità, con una divisione formale degli incarichi incapace di reggere alle prime tensioni. In quel caso invece di fermare l’avanzata della destra meloniana, da un lato, e di riassorbire i trasformisti di Brugnaro, dall’altro, potrebbe finire per accelerare entrambi i fenomeni.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *