Il “grande gioco” attorno alla Siria. Sdoganare Assad per frenare l’Iran

Pubblicità
Pubblicità

DALLA Siria di Bashar Assad sono arrivati in questi giorni segnali, indizi, notizie puntuali, quasi singolari. Unendo i puntini si intuisce un percorso ben chiaro: il movimento di apertura verso il governo di Damasco ormai è un fatto conclamato.

A 10 anni dall’inizio della guerra civile, pur di rafforzare un fronte comune anti-iraniano, i paesi arabo-sunniti del Golfo (Emirati in testa) hanno deciso di avviare a normalizzazione le relazioni con Damasco. E a sua volta, il governo di Bashar Assad, pur di rafforzare le sue possibilità di sopravvivenza politica e soprattutto economica, dopo aver vinto la guerra dei 10 anni lancia segnali fino a ieri non usuali. Che potrebbero includere perfino una manovra per limitare la presenza iraniana in Siria.

Il ritorno nella Lega Araba? Il primo elemento forte è stata la visita del 9 novembre a Damasco del ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, il principe Abdullah bin Zayed. Gli Emirati avevano riaperto la loro ambasciata a Damasco già nel 2018, dopo aver finanziato per anni gruppi militari e fazioni armate che hanno combattuto contro Bashar Assad.

Abdullah ha incontrato Assad al palazzo presidenziale, i due hanno discusso delle relazioni fra quelli che Assad ha chiamato “paesi fratelli”. Il principe emiratino ha detto invece che il suo paese sostiene gli sforzi per la “stabilità in Siria, esprimendo fiducia nel fatto che sotto la guida del presidente Assad la Siria riuscirà a superare le sfide imposte dal conflitto”. Sullo sfondo c’è la riunione dei leader della Lega araba della primavera del 2022, quella in cui tutti prevedono che la Siria verrà riammessa tra i “fratelli arabi”.

Gas al Libano, passando dalla Siria: gli Usa dicono ok. Il secondo segnale, in preparazione a mesi, è importantissimo perché coinvolge discretamente gli Stati Uniti: l’Egitto ha appena annunciato che entro la fine dell’anno dovrebbe iniziare ad esportare gas (milioni di tonnellate) verso il Libano. Tutto tranquillo, gli americani sono contenti che l’Egitto amico di Israele riesca ad esportare gas nel Libano in crisi, rivaleggiando con le cisterne cariche di gasolio che gli iraniani hanno consegnato ad Hezbollah. Ma, guarda caso, per arrivare in Libano il gas attraversa anche la Siria. E gli Usa hanno dato il loro assenso: parte del gas potenzialmente potrà essere distribuita in Siria, e di sicuro alcuni diritti di passaggio verranno pagati a Damasco, così come la Russia paga milioni di dollari alla rivale Ucraina per il gas che arriva in Europa.

La partita più delicata, quella con l’Iran. Un altro elemento di interesse è quello che la stampa israeliana ha ripreso da giorni: il capo della “Forza Qods” in Siria, il generale iraniano Mustafa Javad Ghaffari, di recente è stato richiamato in patria. La richiesta di allontanarlo dalla Siria sarebbe stata fatta da Assad in persona, irritato da tempo per la “mano libera” che la forza Qods aveva acquisito in Siria. Trasferimenti di missili indirizzati a Hezbollah in Libano (e bombardati da Israele), depositi di armi e spostamenti di truppe iraniane in Siria organizzati senza comunicare nulla ai militari siriani.

La notizia di un “Assad che caccia gli iraniani” è troppo clamorosa per poter essere vera fino in fondo. Alcuni diplomatici parlano di un “desiderio” di israeliani e di paesi arabi sunniti di vedere qualcosa del genere. Anche perché per Assad è troppo presto (e sarebbe pericolosissimo) liberarsi troppo velocemente degli iraniani dopo essere stato aiutato nella guerra proprio dalla “Forza Qods” del martire generale Soleimani.

In ogni caso, il fatto che in Israele i media inizino a dipingere un Assad potenzialmente meno ostile (se non alleato contro il terrorismo jihadista) è un fatto che nessuno nel governo di Gerusalemme contesta.

E Assad invita gli ebrei-siriani rifugiati negli Usa. Assad nel frattempo non sta fermo, e lancia segnali agli stessi israeliani. Proprio oggi la stampa siriana riprende quello che scrivono i giornali israeliani su una manovra messa in piedi dallo stesso Assad. Il presidente ha fatto invitare alcuni ebrei di origine siriana che vivono negli Stati Uniti. E per la prima volta, a inizio di novembre, alcuni di loro hanno visitato Damasco e Aleppo. “Per motivi personali” e per periodi di tempo limitati: ma tutti sanno che in Siria c’è molto poco di personale, e quasi tutto è politico.

I giornali di Stato siriani citano la tv israeliana e il giornale “Makor Rishon”, che hanno parlato con gli ebrei americani che hanno visitato la Siria. Per decenni il regime di Hafez el Assad, il padre dell’attuale presidente, ha perseguitato gli ebrei in Siria: oggi nel paese sarebbero rimasti in 40 o poco meno. Ma anche loro, assieme ai loro fratelli che si sono trasferiti negli Usa, fanno parte di questo Grande Gioco che ornai va in scena attorno alla Siria.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *