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Il Mef riapre il capitolo Redditometro: dai mutui alle bollette, il radar per incrociare consumi e redditi

MILANO – Il ministero dell’Economia riapre il capitolo Redditometro, lo strumento per valutare la congruenza tra i redditi dichiarati dagli italiani e la loro “capacità contributiva”. Un radar sulle spese per il mutuo e quelle per l’affitto, quelle per la gestione di un’autovettura ma anche le spese fatte per i medicinali, per i figli a scuola e per l’università, per le bollette, per i consumi telefonici e gli abbonamenti alla pay tv.

Il governo punta alla riattivazione del Redditometro e il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ha pubblicato sul proprio sito una consultazione con le categorie sullo schema di decreto – oggi anticipato dal Sole 24 Ore – con gli elementi dai quali ricostruire la capacità contributiva dei contribuenti, a partire dal 2016. L’accertamento di questo strumento, che si avvale anche di medie Istat per le spese alimentari e per l’abbigliamento, scatterebbe con uno scostamento del 20%. Sono previste, tra l’altro, 55 diverse tipologie di famiglie tipo.

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L’obiettivo del decreto è quello di riavviare questo strumento per risalire in modo presuntivo ai redditi dei contribuenti persone-fisiche che di fatto era stato bloccato nel 2018 quando si decise di aggiornare i parametri ma anche di prevedere che l’attuazione sarebbe stata subordinata ad una consultazione dell’Istat e delle associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Queste dovranno far avere le loro valutazioni entro il 15 luglio.

Le voci di spesa considerate per risalire al reddito riguardano consumi, investimenti, risparmio e spese per trasferimenti economici (ad esempio il pagamento dell’assegno all’ex coniuge). Nei consumi ci sono moltissime voci. Per alcuni capitoli vengono utilizzate delle stime Istat, considerate come spese minime per posizionarsi al limite della soglia di povertà assoluta. Sono spese che tengono conto anche del numero dei componenti e delle tipologie delle famiglie. Riguardano gli alimenti e le bevande, l’abbigliamento e le calzature, le spese per l’acqua e il condominio, quelle per la manutenzione ordinaria della casa, le spese per la gestione – in termini di carburanti e cambio olio – di una autovettura, le spese per i trasporti pubblici, quelle per la scuola e l’università, per i prodotti di cura della persona.

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E’ chiaro che il fisco ha ora a disposizione molti dati che potrà utilizzare, dal mutuo al canone di locazione, dalle spese per i medicinali e le visite, a quelle per  colf e badanti. Ma saranno usati anche i dati indicati per alcune tipologie di bonus, ad esempio quelle per l’acquisto di mobili e di elettrodomestici. Oppure i dati risultati per il pagamento della Rc auto e del bollo per auto, moto, camper. Un capitolo importante per risalire al reddito sarà anche quello dei consumi, tutti dati già contenuti nell’anagrafe tributaria, come le spese per luce, gas, riscaldamento oppure per le spese telefoniche e l’acquisto di smartphone.

Il nuovo sistema, che mantiene nei suoi dati anche il costo di gestione di un cavallo, considerato pari a 10 euro al giorno se in pensione o a 5 euro se mantenuto in proprio, non si distrarrà nemmeno sulle spese per alberghi e viaggi, per i centri benessere, per l’acquisto di gioielli e orologi.
Sarà valutata la capacità di risparmio, considerata come parte di reddito non utilizzata per consumi e investimenti. Un ulteriore capitolo nel quale sarà in particolare valutato l’incremento patrimoniale: quello su immobili e autoveicoli, ma anche su azioni, obbligazioni, fondi e polizze vita, per citarne solo alcuni. Rientrano in questo schema anche gli oggetti d’arte o antiquariato. La massa di informazioni servirà a risalire con attenzione al reddito disponibile e quindi alla capacità contributiva delle persone. Ma il fisco darà anche la possibilità ai contribuenti di dare una prova contraria: ad esempio dimostrare che le spese sono state sostenute grazie a redditi non considerati oppure che le spese attribuite hanno un diverso ammontare o che la quota di risparmio utilizzata per i consumi si era formata negli anni precedenti.

Sul rischio di accertamenti a tappeto già si muove l’Unione dei consumatori, per la quale “non deve bastare uno scostamento del 20% delle medie Istat per far scattare un accertamento”. Il presidente Massimiliano Dona, in una nota, commenta la possibile riattivazione del redditometro. “Già in passato, dopo l’intervento del Garante della privacy, si decise di non far concorrere le medie Istat né alla selezione dei contribuenti né a formare l’oggetto del contraddittorio. Secondo i dati resi noti mercoledì scorso dall’Istat – spiega Dona -, in media una famiglia spende 42,54 euro al mese in bevande alcoliche e tabacchi, pari a 510,48 euro all’anno. Peccato che se in una famiglia nessuno fuma e sono astemi, le spese siano pari a zero. Per abbigliamento e calzature si spendono 87,98 euro al mese, pari a 1055,76 euro all’anno. Possibile che uno scostamento di appena 211 euro, il 20%, sia sufficiente per insospettire il fisco? Basta che un componente della famiglia comperi quell’anno un cappotto, ossia decida di fare una tipica spesa una tantum, per falsare la media e superare il tetto”.



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