Il Milan e la doppia caccia alla Champions. Con lo scudetto in testa

Pubblicità
Pubblicità

A Milanello il fastidio per il sorpasso dell’Inter è uno stato d’animo transitorio, perché la volontà della squadra è di farlo durare soltanto 48 ore. L’idea fissa è che, anche se i tenacissimi cugini hanno sfruttato l’anticipo in casa della Fiorentina, la distanza di 2 punti si possa ristabilire subito, battendo il Crotone a San Siro. E che il bis in trasferta a La Spezia, tra una settimana, possa garantire il record dei 4 mesi tondi da capolista solitaria, nonché la condizione di perenne inseguita e non di inseguitrice nel derby da scudetto di domenica 21 febbraio. Che diventa dunque il mese della grande occasione per prenotare il sospirato ritorno in Champions League, dopo 7 anni di esilio. Quanto più le partite rimaste si assottigliano, tanto più diventa difficile scalzare il Milan da uno dei primi 4 posti. Pioli detta la linea: ci sono 7 squadre in gara per lo scudetto e per le altre 3 posizioni nobili. Ritrovarsi alla fine fra le 3 deluse sarebbe un delitto, a maggior ragione dopo essere rimasti così a lungo al vertice della serie A: non accadeva da 10 anni.

La battaglia diplomatica

Ma in verità, mentre allenatore e giocatori sono impegnati sul campo come minimo a qualificarsi alla Champions, per la diplomazia del club c’è una battaglia in corso, più a lunga scadenza, con una prospettiva ghiotta quanto imperdibile: blindare la futura partecipazione appunto al torneo per club più importante e più remunerativo del mondo. E’ infatti arrivata allo snodo decisivo la trattativa sul formato della nuova Champions tra l’Uefa di Ceferin, le leghe nazionali e i club europei, rappresentati dall’Eca presieduta da Andrea Agnelli. Se per Nyon l’obiettivo al momento raggiunto è scongiurare la nascita di una Superlega chiusa riservata alle grandi squadre, gli altri soggetti coinvolti hanno interessi divergenti: la crisi finanziaria al tempo della pandemia ha accentuato sia le differenze tra club grandi e medio-piccoli, sia il divario tra le Big Five, le 5 leghe più ricche, e quelle degli altri Paesi di un sistema calcistico reso precario dal Covid. Secondo la ricostruzione iniziale della stampa inglese sulla vicenda Superlega, il Milan del fondo angloamericano Elliott e dell’ad Gazidis, manager di scuola inglese demiurgo della Mls americana, sarebbe stato tra i fautori della Superlega. L’equazione è sulle palesi convergenze programmatiche con chi vede il calcio come business dello spettacolo: il Real Madrid di Florentino Perez già teorico dei Galacticos e principale sostenitore della Superlega, ma anche il Manchester United della famiglia Glazer e il Liverpool di Jonh Henry e Tom Werner, americani per nascita e per cultura sportiva.

Il nodo wild card

In realtà l’interesse coincidente di tutti i grandi club è la partecipazione il più possibile certa alla Champions, vitale per i loro conti economici: in particolare le Big Six della Premier League inglese (United, City, Liverpool, Arsenal, Chelsea e Tottenham) la vorrebbero assicurata in partenza. Così la discussione attuale sulla nuova formula della Champions, che dal 2024 verrà allargata da 32 a 36 squadre, è proprio su come assegnare i 4 posti in più. L’ultimo orientamento è che uno vada alla Ligue 1 francese (oggi ha 2 posti): caldeggia questa soluzione soprattutto Jean-Michel Aulas, il presidente del Lione, facendo leva sui risultati della Final Eight di Lisbona 2020, con 2 squadre francesi in semifinale, il suo OL e il Psg sconfitto in finale dal Bayern. La decisione non è stata ancora presa, ma è comunque sugli altri 3 posti che la battaglia è apertissima. I grandi club spingono perché vengano premiate le illustri escluse, vittime magari di un’annata storta nel loro campionato: propendono per un criterio di assegnazione storico. Invece i club medio-piccoli vorrebbero che almeno 1 posto andasse alla vincitrice del campionato col più alto coefficiente, tra quelli che oggi non hanno diritto all’accesso diretto alla fase a gironi: nell’edizione attuale sarebbe stata l’Eredivisie olandese (anche se il campionato è stato interrotto senza un vincitore ufficiale, l’Ajax designato per i play-off si è potuto qualificare alla fase a gironi solo appunto attraverso i play-off). Se passasse la tesi del ranking storico, si tratterebbe in pratica di una wild card per le non qualificate di lusso. Per fare un esempio pratico, se questa eventuale innovazione fosse già esistita, il Milan, che ha vinto 7 Coppe Campioni su 11 finali, negli ultimi 7 anni ne avrebbe sistematicamente usufruito. E anche Juventus (2 titoli e 9 finali) e Inter (3 titoli e 5 finali), nel raro caso di piazzamento fuori dalle prime 4 in serie A, avrebbero nella storia un salvagente perenne.

La solitudine di Ibra

Non va escluso che il dibattito sugli inviti, alimentato nelle ultime ore anche dal confronto con la complicata formula di accesso alla Copa Libertadores sudamericana, trovi sbocco in un compromesso. Sarebbe allo studio un ranking ponderato misto, che tenga conto dei titoli vinti, ma anche dei risultati passati: quelli della stagione precedente, con accesso garantito almeno alle semifinaliste, e degli ultimi 5 o 10 anni. L’ulteriore e fondamentale nodo è la tempistica. L’Uefa non intende adottare la nuova formula prima del 2024, mentre le big, forti dell’aumento del numero delle partite (con l’abolizione dei gironi ogni squadra ne giocherebbe come minimo 10, contro le 6 attuali), ritengono che i contratti già stipulati coi broadcaster possano essere rivisti al rialzo. Secondo questa linea, l’approdo alla nuova Champions può essere accelerato e non necessariamente il calendario più fitto postula la riduzione del numero delle squadre iscritte ai campionati nazionali (in Italia da 20 a 18).  Quale che sia l’esito della discussione, che andrà chiusa per ragioni anche politiche entro la fine del mese, il Milan ha la possibilità di blindare la partecipazione alla prossima Champions, cominciando proprio dal controsorpasso all’Inter. L’emergenza assenze non è finita, soprattutto a centrocampo: Bennacer non si è allenato ed è in forse Çalhanoglu, cardine del collegamento con l’attacco in un ruolo ricoperto a Bologna da Leao, talento in vistosa crescita. Con l’Atalanta, nell’ultima apparizione casalinga in campionato, Ibrahimovic ha dichiarato di essersi sentito un centravanti abbandonato. Mandzukic è stato ingaggiato anche per alleviare la sua solitudine tattica. Dalla quale sembra ormai dipendere, in larga parte, l’epilogo più o meno glorioso della stagione milanista.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *