Il Nutriscore penalizza i prodotti italiani, coro di proteste contro il “semaforo del cibo”

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Un piatto di patatine fritte può essere più salutare di un cucchiaio di olio extravergine di oliva? Per le regole del Nutriscore, sì. Il sistema di etichettatura degli alimenti proposto in sede europea dalla Francia come possibile metodo comunitario calcola, tramite un algoritmo, il livello di zuccheri, grassi e sale contenuti in 100 grammi di prodotto e rilascia il verdetto composto da una lettera e un colore secondo la scala semaforica: verde è più sano di rosso. “La cucina è una cosa complessa, e non può essere ridotta a quattro semafori” dice lo chef Pasquale Torrente, che di fritti se ne intende e anche di cucina mediterranea. “Per lo stesso motivo un piatto di pasta con il ragù napoletano avrebbe il semaforo rosso”. 


Che il Nutriscore penalizzi i prodotti italiani è opinione condivisa ormai da mesi perché attacca il prodotto preso singolarmente e non inserito all’interno di una dieta bilanciata o una ricetta. Così come l’olio di oliva, anche i comparto dei formaggi rischia di fermarsi al semaforo rosso. “Si pensi che, in base al Nutriscore, il Parmigiano Reggiano sarebbe classificato con colore arancio” spiega Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano. Ma un piatto di pasta con 80 gr di pasta, 20 gr di olio extravergine e 20 gr di Parmigiano Reggiano, sarebbe – nel suo complesso – verde. Gli strumenti basati su tali principi di classificazione sono fuorvianti e ingannevoli per il consumatore. Infatti, il consumo reale dei prodotti si lega su quantità assolute che non corrispondono alla quantità posta alla base dell’algoritmo. Per esempio la dose media di un formaggio in una pietanza può essere da 20 a 40 gr., quella di olio extravergine da 10 a 20 gr, e magari per altri prodotti il consumo è maggiore a 100 gr (pasta o patate o frutta)”. La posizione del consorzio è molto netta: “Il Consorzo del Formaggio Parmigiano Reggiano ha posto un veto al sistema Nutriscore e non autorizzerà le etichette degli operatori della filiera che inseriranno tali informazioni sul packaging della DOP”.

La dose media di olio extravergine va da 10 a 20 gr, ma io Nutriscore ne calcola 100 in base all’algoritmo e allora boccia l’olio evo come non salutare  

Dello stesso parere anche il Consorzio che tutela un’altra eccellenza del made in Italy a rischio “rosso”, il prosciutto di San Daniele. “Un prodotto tradizionale come il nostro risulta certamente svantaggiato se pensiamo che è fatto da due ingredienti: la carne di maiale e il sale marino e che quest’ultimo è uno degli ingredienti banditi dall’algoritmo – spiega Mario Emilio Cichetti, Direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele. –  In pratica, non si tutelano le produzioni che hanno un alto grado di naturalità e dove la discrezionalità degli ingredienti è ridotta”. Sarebbero favoriti invece quei prodotti dove la ricetta può essere gestita calmierando certi ingredienti o sostituendoli con altri. “Il Nutriscore non prende in considerazione il prodotto all’interno di un’alimentazione giornaliera bilanciata e, non meno importante, non evidenza gli aspetti positivi del prodotto, per esempio le proteine o gli aminoacidi che sono integratori naturali”. Gli strumenti di etichettatura basati sul principio a semaforo disincentivano il consumo di un prodotto senza un motivo oggettivo di tipo nutrizionale. Ma l’obiettivo dovrebbe essere un altro, insegnare il consumo consapevole delle quantità corrette tenendo conto delle caratteristiche organolettiche complessive del prodotto.

Dubbi arrivano anche dalla grande distribuzione, secondo Renata Pascarelli Direttrice Qualità Coop Italia: “Il Nutriscore è uno strumento di indicazione di ingredienti nato in contesti geografici con stili alimentari lontani dai nostri. E non è un caso che usando questa tipologia di etichetta molti ingredienti della dieta mediterranea, indiscutibili dal punto di vista sensoriale e qualitativo, ne risultano penalizzati. È per certi versi uno strumento apparentemente banale ma dietro al quale si muovono algoritmi non semplici e soprattutto esprime il giudizio su una dose-tipo (i 100 grammi) che può disorientare più che aiutare il consumatore. Nessuno di noi usa 100 grammi di olio in un piatto o 100 grammi di zucchero in una tazza ma a questa dose si riferisce l’etichetta semaforica che dà la patente diciamo così di affidabilità su quel prodotto. Per tutte queste ragioni nutriamo molti dubbi, anche se sui prodotti formulati della stessa tipologia potrebbe rivelarsi utile”. Inoltre, i sistemi in questione non tengono in alcun conto l’equilibrio fra i diversi alimenti nella dieta, né le caratteristiche organolettiche complessive del prodotto stesso. In particolare, i formaggi vengono penalizzati per la presenza dei grassi, trascurando il fatto che i formaggi apportano molti nutrienti strategici.

“È necessaria una revisione della metodologia su cui si basa il Nutriscore”ha detto il ministro francese dell’Agricoltura e dell’Alimentazione Julien Denormandie. Il sistema andrebbe revisionato perché altrimenti potrebbe penalizzare la competitività dei prodotti francesi, formaggi in primis  

Tuttavia il famigerato Nutriscore potrebbe cadere proprio sul formaggio…punitivo e implacabile, rischia di penalizzare troppo i formaggi francesi e così coloro i quali lo avevano proposto iniziano a fare marcia indietro:  “È necessaria una revisione della metodologia su cui si basa il Nutriscore, perché determina classificazioni che non sono necessariamente conformi alle abitudini alimentari”, ha detto il ministro francese dell’Agricoltura e dell’Alimentazione Julien Denormandie. Secondo il ministro il sistema a semaforo andrebbe revisionato prima della sua attivazione a livello europeo, perché altrimenti potrebbe penalizzare la competitività dei prodotti francesi, formaggi in primis. La linea della politica italiana – da Mario Draghi al Ministro Patuanelli e fino all’onorevole De Castro, europarlamentare e vicepresidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale – è unita nel dire no al Nutriscore. E si cercano alternative. Una potrebbe essere quella proposta dall’Italia del Nutrinform Battery che non giudica il singolo prodotto ma la sua incidenza all’interno di una dieta. Al posto del semaforo, una batteria che indica la percentuale di energia o nutrienti contenuti nella singola porzione. Del resto: “Il consumatore non è rimbambito” chiosa Torrente. 

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