Il padre di Saman Abbas smentisce il figlio: “Non l’ho uccisa.Danish non dormì a casa mia quella notte”

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REGGIO EMILIA, In attesa di partecipare dal vivo alla prima udienza fissata dopo l’estradizione, venerdì 8 settembre, il padre di Saman, Shabbar Abbas, nega ancora di aver ucciso la 18enne e aggiunge che non è vero che era contrario alla relazione della figlia con il fidanzato Saqib. Il 47enne pachistano, prima ancora di arrivare in aula, contesta dunque ogni accusa e dà una sua versione dei fatti agli avvocati difensori Enrico Della Capanna e Simone Servillo. Una versione che, però, contrasta con gli atti dell’accusa. Secondo quanto riferito, per la prima volta Shabbar sarebbe venuto a conoscenza delle testimonianze rese da suo fratello Danish Hasnain – zio di Saman, imputato anch’egli per l’omicidio – e dal figlioletto, fratellino di Saman all’epoca minorenne.

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“Non è vero che Danish venne a dormire a casa mia nella notte del 30 aprile 2021”, ha detto, cercando di smontare uno dei punti cardine della ricostruzione fatta dal figlio (parte civile al processo). Per poi negare il movente del ‘delitto d’onore’ ipotizzato dalla Procura: “Non ero contrario al fatto che mia figlia sposasse un altro. L’uccisione delle donne nel nostro Paese per motivi d’onore è un vecchio retaggio: ora non esiste più e nella nostra famiglia non è mai accaduto. A mia figlia – ha riferito Shabbar – non ho mai imposto restrizioni, ma solo dato consigli. Lei non stava più bene con la famiglia, ma solo perché voleva una vita più libera, non perché le avessimo imposto un matrimonio”. Negando così un coinvolgimento della moglie Nazia (“Non siamo stati noi a uccidere Saman, non l’abbiamo mai maltrattata e le abbiamo sempre voluto bene”) e pure le minacce ai genitori di Saqib in Pakistan: “Ai suoi familiari chiesi se Saqib avrebbe voluto veramente sposarla, ma loro mi dissero di no perché lui doveva già convolare a nozze con un’altra. Allora io dissi loro che non volevo più che Saqib pubblicasse foto sui social di lui e Saman”. Infine Shabbar ha riferito di essersi reso conto che l’omicidio “potrebbe essere avvenuto in ambito familiare”, forse per un “litigio finito male” legato al fatto che Saman volesse andare via di casa. E sulla fuga in Pakistan all’indomani dell’omicidio ha detto: “Anche Saman sarebbe dovuta venire con noi, ma non fu possibile perché lei aveva un divieto di lasciare l’Italia deciso dal tribunale”.

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Si tratta di dichiarazioni che si scontrano con le ricostruzioni degli investigatori e bisognerà a questo punto capire se Shabbar vorrà ribadirle spontaneamente o farsi interrogare nel processo. Venerdì, intanto, è in calendario un’udienza dove inizialmente era in programma l’audizione proprio del fratello di Saman, ma la testimonianza del ragazzo è slittata, proprio perché la difesa del padre probabilmente chiederà di risentire altri testimoni già ascoltati mentre la sua posizione era stralciata. Il processo per i cinque familiari di Saman imputati dovrebbe concludersi in autunno. 

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