Il patto bipartisan dei sindaci veneti: “Accoglienza diffusa per i migranti”

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Padova — Profughi in Veneto, il ritorno dell’emergenza diventa un possibile laboratorio politico. Sette anni dopo l’ultima consistente ondata migratoria, la retorica dell’invasione tra i sindaci di centrodestra è la medesima e le difficoltà per le Prefetture sono le stesse. Con la complicazione che ora il sistema di accoglienza è stato smantellato dai decreti-Salvini. Ma c’è qualcosa di diverso rispetto al 2016, ed è politicamente rilevante per almeno un paio di motivi. Il primo è che adesso il presidente della Regione Veneto Luca Zaia predica l’accoglienza diffusa, il secondo è che ora c’è il fronte compatto dei sindaci democratici sull’asse dell’autostrada A4: Padova, Vicenza, Verona. Sette anni fa i leghisti giravano per i centri storici della città a suonare i campanelli, additando gli appartamenti utilizzati per l’accoglienza dei migranti, soffiando così sul fuoco dell’odio.

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Oggi l’uomo che si trova al vertice della Regione benedice l’accoglienza diffusa, a discapito di esperienze come i grandi hub di Cona (Venezia), Serena (Treviso) e Bagnoli di Sopra (Padova), che pure in quella stagione dovette accettare. E Zaia non è solo nel promuovere questa soluzione. Con lui c’è anche un altro leghista, il sindaco di Treviso Mario Conte, che è anche presidente di Anci Veneto. Ancora una volta i “volti buoni” della Lega, contrapposti alla linea oltranzista di Matteo Salvini. L’altra novità di questa stagione politica, è che nel Veneto della Lega egemone alle elezioni regionali ci sono i sindaci di tre importanti città che appartengono al campo democratico: Sergio Giordani a Padova, Giacomo Possamai a Vicenza e Damiano Tommasi a Verona. E allargando la mappa su questo asse immaginario si potrebbero citare anche Torino con Stefano Lo Russo, Milano con Giuseppe Sala, Bergamo con Giorgio Gori e Brescia con Laura Castelletti. Ma torniamo al Veneto.

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Se nel 2016 l’emergenza scoppiò in tutta la sua gravità a Padova, oggi l’epicentro di questo nuovo terremoto sembra essere Vicenza. Dopo mesi di trattative con i sindaci senza risultati, il prefetto Salvatore Caccamo ha deciso di smistare i migranti in arrivo nei Comuni con il principio del 3×1000: tre migranti ogni mille abitanti. La presa di posizione del funzionario del ministero ha fatto infuriare i primi cittadini leghisti, che hanno incassato anche il sostegno del segretario regionale Alberto Stefani. E dunque adesso c’è un cortocircuito funzionale, che riguarda la sistemazione di questi profughi in arrivo dalle coste della Sicilia: si stima circa mille a settimana. E poi c’è un cortocircuito politico, con il presidente della Regione che si trova in linea con le posizioni dei sindaci del Pd. «Registro la distanza tra la propaganda del governo e quella che invece è la realtà dei fatti» fa notare Giacomo Possamai. «Gli sbarchi sono triplicati e i prefetti chiamano disperati i sindaci chiedendo strutture per ospitare».

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In questo contesto si consuma anche un piccolo “giallo” che riguarda un protocollo di accoglienza tra Regione Veneto, Anci e Prefetture per l’accoglienza diffusa. L’accordo, annunciato a sorpresa da Zaia, è scomparso per alcuni giorni in seguito alla dura presa di posizione della segreteria regionale della Lega. Alla fine il documento è riemerso ed è stato firmato e mandato al Ministero dell’Interno. Ma la cabina di regia stenta a partire, proprio per via dell’ostruzionismo politico dei leghisti di rito salviniano. «Trovo paradossale che queste barricate vengano alzate ora, nel momento in cui da tutto il mondo produttivo ci arriva l’appello a fare il contrario: a gestire un flusso ordinato e sensato. E che porti alla formazione del personale che ci manca, in tantissimi fronti», ragiona Possamai. Gli fa eco Mario Conte: «La situazione è cambiata, il mondo è cambiato. Oggi l’emergenza è anche un’esigenza di forza lavoro».

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